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In Basilicata i giovani preferiscono il liceo scientifico al classico

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I dati ISTAT degli ultimi due anni mostrano che la maggioranza degli studenti, in linea con la tendenza nazionale, sceglie il liceo scientifico, segno di una crescente disaffezione per le materie umanistiche. Solo un giovane su quattro iscritto al liceo classico. Nella società moderna si predilige lo studio dell’inglese al latino e greco ritenute lingue “morte” e inutili.

 

di Nicola Lacerenza

 

E’ sempre stata una scelta difficile, terminate le scuole medie, scegliere a quale corso di scuola secondaria iscriversi. In Basilicata, rispettando l’orientamento a livello nazionale, vincono le materie scientifiche su quelle umanistiche. Lo dimostra il divario in termini di iscritti registrato dall’ISTAT negli ultimi due anni. Nel 2016 il numero di iscrizioni nei licei classici lucani era di 2.464 alunni contro gli 8.916 dei licei scientifici. I dati di quest’anno se pur, con una piccola variazione, riconfermano il divario: 2.364 iscritti per il classico, 8.845. Queste cifre sono traduzione statistica di una disaffezione crescente dei giovani lucani verso ciò che ha sempre contraddistinto la preparazione classica: le materie umanistiche.

Per giungere a questo punto però ci è voluto più di un biennio. «Ho trascorso 45 anni della mia vita nel liceo classico, cinque da alunno e quaranta da professore di matematica- afferma un professore del liceo classico “ Orazio Flacco” di Venosa- Negli ultimi vent’anni ho assistito ad una crescente demonizzazione del greco o del latino. Non si è perduta un’occasione per far passare queste due lingue come inutili,  come materie “morte”. Ora questi sono i risultati.» Alla domanda se i genitori dei ragazzi abbiano influenzato la scelta, il professore risponde- «certo! I genitori vogliono il meglio per il futuro dei loro figli, e pensano che il liceo scientifico possa indirizzarli verso lauree “spendibili” nel mondo del lavoro, come ingegneria, medicina, informatica ecc.

Purtroppo, per colpa di questa mentalità, anche una laurea come quella in filosofia viene considerata di serie B». Parole, queste, alquanto stridenti per una regione come la Basilicata che vanta nella sua storia un’importante tradizione filosofica. Nella cittadina di Metaponto, sulla costa ionica, è nata, in passato, la scuola pitagorica fondata da Ippaso di Metaponto. A rendere sempre più lontano questo passato, però, non è semplicemente lo scorrere dei secoli, ma le nuove esigenze lavorative imposte da un mondo globalizzato. In una società in cui l’inglese non viene più considerata una “seconda lingua”, ma un requisito indispensabile non c’è spazio per le lingue “morte”. «Dove si parla ormai il latino? Solo in Vaticano , forse. E il Greco? Poi, tra l’altro, il greco che si studia al classico non è neanche il greco che si parla oggi in Grecia» Questo è un ritornello molto frequente ogni qual volta si parla del liceo classico, e non solo in Basilicata. «La filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale si rimane tale e quale».

E’ una piccola filastrocca, molto comune, che può aiutare a spiegare il declino delle materie umanistiche che si registra in questi anni. Bisogna ammettere, però, che è difficile spiegare come, nell’era delle multinazionali, il Greco e il Latino abbiano la stessa utilità dell’inglese, cinese o tedesco. E’ complicato collocare “il filosofo” in un’economia trainata dall’industria hi tech. Oggigiorno bisogna essere “utili”. Bisogna essere pratici. Al giovane lucano, in sede di colloquio di lavoro, non gli sarà chiesto, in greco o in latino, “cos’è l’uomo” o se “Dio esiste”. Gli sarà chiesto, magari in inglese, “cosa sai fare?”. Nel senso di “produrre”, “scoprire”. La storia, però, ha insegnato che per ogni scoperta umana, non c’è una sola conseguenza. Nel 1860 un medico scozzese sperimentò l’uso del “fenolo”. Un principio attivo antisettico. Cioè salvaguarda il paziente, durante un’operazione chirurgica, dal sopraggiungere di infezioni che potrebbero portarlo al decesso. Utile per il benessere dell’umanità. La stessa sostanza verrà usata circa settant’anni dopo per compiere stragi di massa nei campi di concentramento nazisti. Utile per lo sterminio dell’umanità. Forse il greco e il latino, le lingue della cultura filosofica occidentale, dell’etica e della Bibbia non sono poi così morte. Oppure resuscitano ogni qual volta si infrange il sogno di un tecnicismo senza macchia. Forse è sempre tempo di chiedersi “che cos’è l’uomo”. «Se questo è un uomo» – chiedeva Primo Levi.

 

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