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Diritti umani

Ragazzo vietnamita rapito e ridotto in schiavitù a 10 anni da trafficanti di droga rischia espulsione da Inghilterra

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Tempo di lettura: 3 minuti

Orfano e ridotto in schiavitù all’età di dieci anni dai trafficanti di droga, un ragazzo vietnamita rischia di essere rimpatriato dall’ Inghilterra, ma teme per la sua vita in Vietnam, dove non ha nessun familiare.

 

di Vito Nicola Lacerenza

 

Un ragazzo vietnamita, già a 10 anni schiavo dei trafficanti di droga e da questi trascinato di nascosto e privo di ogni documento in Inghilterra, scoperto dalle autorità rischia ora di essere rimpatriato come immigrato clandestino. Non ha voluto rivelare il suo vero nome per paura di essere riconosciuto e punito dai suoi aguzzini, il ragazzo si è fatto chiamare “S”. Meno di un nome fittizio, dietro cui, però, si nasconde una storia di miseria, schiavitù e di violenza. È l’infanzia di “S”. Orfano fin dalla culla, ha fatto delle strade di Hanoi, la capitale del Vietnam, la sua casa, dove è rimasto, vagabondo e in preda agli stenti, fino all’età di dieci anni. Poi, “il peggio” l’ha colto all’improvviso, rendendo la sua situazione più tragica di quanto già non fosse.

Alcuni trafficanti di droga, l’hanno preso e portato con loro in Inghilterra, per sfruttarlo come coltivatore illegale di marijuana, rinchiudendolo, solo con le piante, in un seminterrato e isolandolo completamente dal mondo esterno. L’unico svago, se così si può dire, consisteva nella semplice possibilità di dormire. La sua paga non andava oltre il cibo che gli veniva dato ogni giorno e la sua unica speranza era quella di non essere pestato a sangue dai suoi carcerieri per qualche sua disattenzione. «Ero come un animale chiuso in gabbia- ha raccontato “S”- non avevo nient’altro da fare se non dormire e badare alle piante. Non sapevo nulla dell’Inghilterra. Mi dicevano che i vicini erano persone malvagie, che mi avrebbero ucciso appena si fossero accorti della mia presenza e che lo stesso avrebbe fatto la polizia se mi avesse scoperto. Perciò loro mi ordinavano di stare sempre lontano dalla finestra. Quando poi venivano a visitarmi, per controllare e portarmi qualcosa da mangiare- ha continuato la piccola vittima- ispezionavano le piante e se qualcuna sembrava secca o non abbastanza rigogliosa, mi pestavano e mi procurano piccoli tagli con il coltello alle gambe e alle braccia con un coltello. Prima di andarsene mi dicevano sempre che se avessi provato a fuggire, mi avrebbero rintracciato e ucciso».

Un inferno durato cinque lunghi anni, finché non è stato liberato  dagli agenti antidroga del Regno Unito. È stata la fine di un incubo di cui, tuttavia, “S” è destinato a portare i segni sul corpo. I tagli o le varie bruciature sulla pelle, causate da diserbanti chimici utilizzati per la coltivazione della marijuana, l’hanno marchiato per sempre. La vita normale per lui è arrivata all’età di 16 anni, quando i servizi sociali inglesi l’hanno inserito in un programma “per i minori richiedenti asilo”. Da quel momento “S” ha frequentato la scuola, imparato l’inglese e goduto dell’affetto della famiglia a cui è stato affidato. È stato l’inizio del sogno di un’infanzia felice, di una spensieratezza mai provata prima, durato, però, solo un anno. Quando ha raggiunto l’età di 18 anni il giovane vietnamita, ormai maggiorenne, è stato escluso dal programma di assistenza riservato ai minori. Lui ha provato a farsi riconoscere lo status di rifugiato. Senza successo.

Ora rischia, da clandestino, di essere rimpatriato in Vietnam a febbraio ed ecco che, davanti a lui, si è materializzato, ancora una volta, l’incubo della schiavitù che ha mandato in pezzi la sua fanciullezza. «Manco dal mio paese da quando avevo 10 anni – ha detto il giovane quasi 19enne – In Inghilterra mi sono rifatto una vita e ho trovato una famiglia che mi ama. Come sopravvivrò in Vietnam dove non mi è rimasto nessuno e dove temo che i trafficanti mi troveranno e mi faranno fare una brutta fine». Secondo la “Home Office”, l’istituzione inglese preposta alla gestione di questi casi, “S”, “per tutta la durata del suo programma di affidamento si è distinto per la sua notevole forza caratteriale, mostrando una spiccata attitudine all’adattamento.” Un amaro riconoscimento, che ha sbattuto davanti agli occhi dell’opinione pubblica inglese e mondiale, questo drammatico episodio di emigrazione clandestina e la tragicità dello sfruttamento minorile. In questi giorni, il dibattito prosegue infuocato, mentre febbraio si avvicina.

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