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Azzera la bolletta

Arte & Cultura

Peter Hook & the Ligths live @Rome

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L’ ex bassista e co-fondatore, dei Joy Division prima e dei New Order poi, ha portato sul palco del circolo Andra Doria un pezzo di storia della musica, esorcizzando vecchi fantasmi e un po’ di scetticismo.

di Luca Cameli

peter-hook-and-the-lightRoma, 29 luglio- Lo ammetto, per la prima volta in vita mia sono andato ad un concerto senza avere grandissime aspettative; avevo il timore di restare deluso, avevo paura di trovarmi davanti un signore che avrebbe stancamente cavalcato i fasti di un tempo. Mentre aspettavo l’inizio del concerto, continuavo a ripetermi la stessa domanda: riuscirò ad essere obbiettivo? Come posso pensare di giudicare qualcuno che ha contribuito a scrivere una storia, che mi accompagna, e che amo, da tutta la vita? Una storia per forza di cose legata ai Joy Division, e alla tragica figura di Ian Curtis. Ma poi succede che una volta iniziato il concerto, i timori ,pian piano, si facciano meno ingombranti, lasciando spazio a quelle note, e a quelle parole che per il pubblico avranno sempre lo stesso significato. Certo Peter Hook non è Ian Curtis, lo sa e lo sanno i fan, accorsi con le loro immancabili magliette di Unknow Pleasures , ma è carico come non mi sarei mai aspettato; a tratti ha il piglio della rock star, gioca con il pubblico, lo trascina. Certo “Hooky” ha affrontato un repertorio tanto importante, quasi con leggerezza, dando a certi pezzi un’impronta quasi rock, che però ha evitato l’effetto cover-band che tanto temevo, e poco importa se in qualche pezzo, come Interzone, la parte vocale non era il massimo, il paragone con Ian sarebbe improponibile per chiunque, non importa più di tanto neanche che la scaletta non sia proprio il massimo, alla fine fa sempre piacere ascoltare pezzi come True Faith. L’importante è che le canzoni abbiano suscitato nel pubblico quelle emozioni che tutti volevano: perché quando comincia Isolation  tutti hanno un fremito,  perché quel basso che pulsa è inconfondibile: e allora giù a godersi, Digital, Disorder, She’s Lost Control, Shadowplay , Heart & Soul, senza pensare per un’ istante a chi non c’è sul quel palco. Ed è probabilmente questo il maggior merito di Hook e della sua band: per un’ attimo, magari per un solo secondo, abbiamo ascoltato i pezzi dei Joy Division, senza sentire dentro di noi quella splendida malinconia che la voce di Curtis trasmette tutt’ora. Non è impresa da poco, fidatevi. Perché se è vero che può essere facile, secondo qualcuno, portare in giro sempre la stessa storia, è altrettanto vero che quando quest’ ultima ha un peso così gravoso, non restarne schiacciati non è cosa da tutti. Il concerto va avanti, senza mai scendere di tono, fino ad arrivare a quello che, secondo il sottoscritto, è il momento migliore dello show con Transmission, lanciata dal basso di Hook ed eseguita in maniera davvero coinvolgente. La chiusura è tanto scontata, quanto imprescindibile, con Love Will Tear Us Apart che chiude un concerto, che ha soddisfatto a pieno il pubblico accorso al circolo Andrea Doria. Finito il concerto, riesco a raggiungere la band per un saluto,  e mentre mister Hook mi stringe la mano e mi fissa ho come l’impressione, o forse la speranza, di vedere nel suo sguardo quell’inquietudine di un tempo che lo ha reso grande, quella rabbia che mi è stata raccontata da chi ha vissuto in prima persona il periodo dei Joy Division. Ci salutiamo  con un sorriso, e gli credo quando mi dice che si è davvero divertito. Grazie Peter Hook, anche io mi sono divertito, e non potevo chiedere di meglio.

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