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Arte & Cultura

‘Perturbazione’, abbiamo bisogno di storie

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In occasione della festa dell’Unità, sabato 29 Agosto si sono esibiti ad Ascoli Piceno i Perturbazione. Fra olive all’ascolana e sposini rock and roll, ci siamo fatti una bella chiacchierata.

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di Luca Cameli

Ascoli Piceno, 31 agosto- Nati a Torino agli inizi degli novanta, i Perturbazione dopo 7 album in studio, ed una carriera fatta da centinaia di concerti,  riconoscimenti importanti, come l’inserimento dell’album “In Circolo” fra i 100 album più belli della musica italiana da parte della rivista Rolling Stone,  singoli di grande successo come “Agosto”, e una partecipazione al Festival di Sanremo nel 2014, continuano ad essere una bellissima realtà del panorama musicale italiano. Con il loro stile elegante, sono sulla scena da più di vent’anni, e continuano ad essere sempre disponibili con i loro fan, anche quando le richieste sono abbastanza strane  come quella a cui assisto durante il soundcheck: due sposini, senza avvisare nessuno, salgono sul palco e chiedono ai ragazzi se possono farsi le foto imbracciando i loro strumenti, il gruppo non fa una piega e i ragazzi divertiti si fanno da parte.

Ciao Tommaso (Cerasuolo, voce della band) vi era mai capitata una richiesta così?

Decisamente no! Ma in fondo è bello dai, facciamo parte del giorno più importante della loro vita, in un certo senso

Hai avuto tempo di visitare la città?

Non proprio, ho fatto un breve giro, giusto per vedere la piazza (Piazza del Popolo, ndr) che è davvero splendida, ma stasera sul tardi dopo il concerto conto di fare un bel giro, perché da quel poco che ho visto Ascoli è un città molto bella.

Veniamo alla musica. Avete avuto riconoscimenti importanti, avete dei fan molto fedeli, i vostri tour sono sempre riuscitissimi, perché secondo te questo non si traduce in un successo discografico di massa?

Vedi in termini di vendite, l’Italia non ha mai fatto registrare numeri altissimi, siamo un po’ al di sotto di paesi come l’Inghilterra, poi secondo me noi siamo un paese più radiofonico, che discografico. I dischi comunque continuano ad essere il motore dell’industria discografica; se hai un album da promuovere parte un tour, comincia la promozione in radio o sui giornali. Poi c’è il lato umano della questione, gli esseri umani vogliono sentirsi raccontare storie, e vogliono raccontare storie a loro volta; per questo, per quanto in crisi sia il mercato discografico, gli album esisteranno sempre.

Quindi un disco è una storia. Forse allora la crisi è anche colpa della qualità di quello che si racconta

Una volta si pubblicavano i singoli, poi con Beatles il “formato album” diventa una sorta di nobilitazione dei 45 giri. I dischi non erano delle semplici raccolte di canzoni, ma iniziavano ad avere un filo logico che univa i pezzi formando una vera e propria opera. Oggi forse si vendono meno dischi perché manca un po’ quel collante narrativo. Diciamo che stiamo vivendo un’epoca di canzoni piuttosto che di album, e anche i nuovi mezzi per accedere alla musica sono orientati in questa direzione, con il digitale è tutto più immediato se vuoi ascoltare un pezzo lo cerchi su Spotify o iTunes, senza necessariamente ascoltare tutto l’album.

Voi avete lavorato sia con etichette indipendenti, che con una major. Quali sono le maggiori differenze?

Dal punto di vista della libertà artistica, nessuna, non abbiamo mai avuto alcun tipo di limitazioni. Il rapporto con la Emi è stato buono, purtroppo non c’è stato feeling con il produttore artistico che ci avevano affidato, quindi finito il contratto abbiamo deciso comunemente di intraprendere strade diverse. Noi ci siamo trovati in Emi, diciamo, nostro malgrado: loro avevano acquisito il catalogo Mescal, ma non erano realmente interessati a tutti gli artisti, quindi su alcuni, noi compresi, non c’era una vera programmazione. Diciamo che forse in un’etichetta major, c’è meno ricerca sull’artisticità  del prodotto, i dischi hanno una vita piuttosto breve, difficilmente hanno una seconda chance, a differenza di quello che succede nelle etichette minori: per esempio quello che viene definito il nostro lavoro migliore, “In Circolo”, all’inizio non era stato accolto benissimo, ma la nostra etichetta di allora ha continuato a lavorarci, e poi trainato da “Agosto” è decollato.

A proposito di Agosto. Avete mai avuto paura di rimanere intrappolati dentro un singolo di successo, di diventare una one-hit-band ?

Un po’ si…(ride), ma siamo molto legati a quel pezzo, e la suoniamo sempre con molto piacere. Secondo me se una canzone è bella va suonata sempre. In quel periodo era normale che il gruppo venisse associato a quella canzone, magari oggi ci identificano più con “L’unica” (il pezzo portato al festival di Sanremo nel 2014), ma si va per singoli, è normale che sia così.

Mentre siete in tour, riuscite a lavorare su un nuovo album?

In realtà non siamo in tour, stiamo facendo poche date che ci servono per prendere confidenza con questa nuova formazione ridotta, passata da 6 a 4 elementi. Per quanto riguarda il nuovo album, abbiamo finito di registralo con Tommaso Colliva, e siamo molto molto soddisfatti del risultato.

Qualche indiscrezione, il titolo per esempio

 Per adesso posso dirti solo che uscirà il 15 Gennaio, dovrai avere ancora un po’ di pazienza per conoscere il titolo

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