Diritti umani
Pegah Moshir Pour, una paladina iraniano-italiana dei diritti umani

Nata a Teheran nel 2001, Pegah Moshir Pour si trasferisce con la famiglia in Italia quando aveva solo 9 anni, scappando da un regime totalitario che non lascia spazio alcuno alla libertà, alla cultura e soprattutto ai diritti delle donne.
di Angela Celesti
Attivista e content creator, nata a Teheran nel 2001, Pegah Moshir Pour si trasferisce con la famiglia in Italia quando aveva solo 9 anni, scappando da un regime totalitario che non lascia spazio alcuno alla libertà, alla cultura e soprattutto ai diritti delle donne. Cresciuta tra i racconti del Libro dei Re e i versi della Divina Commedia, svolge gli studi in Italia conseguendo la laurea triennale in “Architettura” e la magistrale in “Ingegneria”, ottenendo nello stesso tempo la cittadinanza italiana. “Il diritto allo studio è universale, ma in molti paesi del mondo è precluso. Il suo lavoro in una nota società a Milano, la Ernst &Young, non la distoglie dal suo impegno sui Diritti Umani divenendo consulent corporete, responsabile e attivista per i diritti umani e digitali, sviluppando contatti e promuovendo progettualità al fine di realizzare forme di partnership e sponsorship. Attraverso esperienze trasversali si occupa di temi quali la cittadinanza, ragazzi di terza cultura ed etica digitale; nelle scuole parla di empowerment femminile e linguaggi digitali, collabora inoltre con realtà culturali e con le istituzioni per operare al meglio nel mondo della cultura, attivando sui territori progetti sociali e politici per un futuro inclusivo e aperto. Fa parte, inoltre, della Presidenza di un intergruppo al Senato della Repubblica su queste tematiche; la sua voce è di sostegno per i giovani iraniani .
Bentrovata Pegah. Per le tue battaglie sei diventata un punto di riferimento internazionale per denunciare tutto quello che succede in un paese sotto regime come l’Iran, soprattutto dopo la morte di Mahsa Hamini, uccisa dalla polizia iraniana per non avere indossato il velo, un omicidio da parte di una polizia “morale e religiosa” che opprime soprattutto le donne.
Sì, come hai ricordato, nel settembre del 2022 il mondo ha assistito per l’ennesima volta a quello che succede in Iran da 45 anni, un paese dove gli uomini e le donne non hanno mai smesso di combattere per la libertà e per il futuro. L’Iran è una composizione di culture, lingue ed etnie diverse tra cui i Curdi iraniani di cui Mahsa Hamini faceva parte, un motivo di ulteriore accanimento nei suoi confronti in quanto appartenente a un’etnia non riconosciuta dal regime, un aggravante per ogni reato anche piccolo. Questo delitto ha scatenato la rabbia di donne e uomini, sfociata in una disobbedienza civile diffusa, unica arma a disposizione.
Tu giri per le scuole rivolgendoti ai giovani, parlando di un tema che è attualissimo: i diritti digitali, scontati nei paesi liberi ma che in Iran sono sotto un serrato controllo per chiunque. L’arma di cui si serve il regime è la geolocalizzazione, una volta scovati, i trasgressori, vengono arrestati all’istante.
Sì, in Iran si esercita un autoritarismo digitale come in tutti i paesi non liberi e sotto regime, paesi in cui si è controllati attraverso la tecnologia, le infrastrutture tecnologiche usate, che infliggono restrizioni e blocchi ai propri cittadini e a chiunque acceda a piattaforme come internet per diffondere pensieri contrari al modello culturale imposto. Nonostante ciò, si creano parallelamente gruppi che cercano di “buttare giù” questo sistema attraverso l’hackeraggio che comunque rimane una pratica che non risolve la libertà di espressione e in cui la diffusione dei contenuti su ciò che accade è estremamente pericolosa. La situazione è complessa e, da parte nostra, dobbiamo monitorarla per senso civico e umanità nei loro confronti.
Questa tua esigenza di lottare per i giovani del tuo paese di nascita, ti spingerebbe a ritornare a Teheran nel caso vi tornasse la libertà?
Il mio paese è l’Italia, ma tornerei per far conoscere al mondo la forza e la bellezza di quella terra, il patrimonio culturale iraniano che ha veramente tanto da raccontare.
I giovani iraniani, ad oggi, sono riusciti ad avere un pur minimo diritto?
Assolutamente no, anzi il regime si fortifica con l’assenza e il silenzio dell’Occidente, continuano le impiccagioni di ragazzi che erano detenuti da anni e che chiedevano semplicemente la libertà. Altri sono stati accusati di spionaggio per Israele, secondo nemico dell’Iran dopo gli Stati Uniti…
Ma la drammaticità degli eventi attuali, conduce Pegah a una reazione più articolata. La sua pagina instagram di pochi giorni fa riporta, infatti, una lettura dei fatti riguardanti l’attacco di Israele e degli USA all’Iran, che mette in discussione l’aggressione delle due potenze militari che ha costretto un popolo già oppresso da un punto di vista ideologico e politico a fuggire anche dai bombardamenti israeliani e americani.
Pegah Moshir Pour cosa fai per combattere culturalmente una cosa così immensa e assurda come le guerre e le lotte per la libertà?
Monitoro e racconto, conoscendo bene la lingua e avendo contatti interni, testimonio realmente cosa succede, senza filtri e logiche politiche. Ciò si riesce a fare considerando la povertà delle persone che vivono lì. Ma il desiderio di questi giovani istruiti, che hanno voglia di un riscatto sociale cresce, sarà una lunga battaglia e l’Occidente non deve dimenticarsi di loro perché l’Iran è un paese chiave per la pace nella geopolitica internazionale.
Vorrei concludere questo articolo, con le parole di uno dei primi appelli di Pegah Moshir Pour, all’indomani dell’ attacco di Israele all’Iran:
Non auguro a nessuno quello che sto provando in questo momento, avere parenti e amici nel mezzo di un conflitto e svegliarsi con il terrore di una chiamata che non arriva, sentirsi impotenti davanti ad un dolore che brucia. Chi può giocare con i propri figli, chi dorme sereno, chi può spegnere il notiziario e tornare alla propria giornata ha UN PRIVILEGIO IMMENSO! Quel privilegio richiede però consapevolezza. I luoghi della mia infanzia in questo momento stanno tremando, Teheran è sotto attacco e lì ci sono i miei ricordi, lì c’è ancora gente e persone a cui voglio bene e oggi ho difficoltà a sentirli, i messaggi restano senza risposta da più di 48 ore. La gente non dorme, ha solo paura di chiudere gli occhi. Anche io, da lontano, sentendo i rumori degli aerei, guardo su con timore, non riesco nemmeno a usare le lenzuola bianche perché ogni volta che vedo mio figlio dormire penso ai bambini nei sudari. Ho la mente spezzata, sono in apnea mentre il mondo brucia e troppi restano a guardare comodi, distanti perché è più facile. Il silenzio non è mai stato neutrale, il silenzio legittima, il silenzio protegge e domani quando i vostri figli studieranno queste pagine della storia vi chiederanno dove eravate quando il mondo bruciava. E voi cosa risponderete? Che era lontano? Era complicato? Ma lasciatemi ricordare una cosa. Noi siamo esseri umani prima di essere bandiere, prima di essere ideologie, e ogni volta che scegliamo il silenzio lasciamo spazio alla legalizzazione della violenza, ogni volta che giriamo lo sguardo rendiamo il dolore degli altri un’eco lontana ma, il futuro, la pace, la salvezza sono una costruzione e una responsabilità collettiva. Quando un popolo brucia nessuno può dormire tranquillo, vi chiedo di non essere complici, di sentire, di parlare, di scegliere almeno l’ umanità.
UN APPELLO CHE VALE PER TUTTE LE GUERRE, NESSUNA ESCLUSA!