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Diritti umani

L’Immigrazione: quel fenomeno vecchio e antico

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Tempo di lettura: 4 minuti

L’emigrazione è sempre stata scomoda e l’Italia non è l’unico paese la cui Storia è segnata da episodi di grandi movimenti della popolazione verso altri paesi, una parte in Europa e molti altri in tutti gli altri continenti del mondo.

di Gianni Pezzano

Raramente come oggi abbiamo visto l‘attenzione della stampa e la politica del mondo fissata su un fenomeno che è crudele e spietato. Vediamo la stabilità dell’Unione Europea messa in dubbio da giornali e politici a causa di flussi immigratori che sembrano enormi, ma loro non dicono o fanno finta d’aver dimenticato, che i flussi moderni sono pochi in paragone ai movimenti veramente di massa dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, come anche dopo la Grande Guerra e in altri periodi storici in molti paesi.

Oggetti o persone?

L’immigrato è diventato di nuovo l’oggetto dell’attenzione dei politici e la stampa che cercano capri espiatori per le paure che molto spesso utilizzano per i loro scopi personali. Ogni giorno vediamo notizie di reati orrendi e, grazie a questa campagna denigratoria, la domanda che viene spontanea a fin troppa gente è “chi è responsabile, un italiano o uno straniero?”.

Nella campagna presidenziale americana del 2016 abbiamo visto il vincitore Donald Trump apertamente utilizzare frasi come “spacciatori di droga” e “stupratori” verso gli immigrati messicani del paese per catturare il voto di quella parte del paese, che si sente minacciato da chi prende i lavori sporchi e pesanti che gli americani non vogliono più fare e da operai fin troppo spesso sfruttati da datori di lavoro spietati. Purtroppo questo fenomeno dello sfruttamento di mano d’opera immigrata succede anche in Italia come abbiamo visto nei casi di caporalato in Puglia e del caso scandaloso in Calabria di questi giorni nei quali gli stipendi, già bassi, degli operai erano in base al colore della pelle, più era nera meno veniva pagato.

Leggiamo queste notizie e abbiamo la tendenza a dimenticare che la decisione di emigrare non è presa in modo superficiale, sia da quelli che cercano lavoro all’estero che da quelli che fuggono  guerre e disastri naturali.

Costo alto

Si parla molto di quelli che pagano gli scafisti, ma non abbastanza sulle condizioni non solo dell’ultima parte dell’esodo, quella sulle navi della Marina Militare e la Guardia Costiera del nostro paese, e l’eventuale accoglienza nei vari centri nel sud del nostro paese. Non parliamo abbastanza del motivo che spinge centinaia di migliaia di persone di fuggire dal loro paese ben sapendo che la strada della fuga è segnata dai corpi di chi non ce l’ha fatta.

Non ci chiediamo perché tanti giovani italiani fuggono dal paese di nascita per cercare un futuro incerto all’estero e spesso non sappiamo che anche molti di loro, in paesi moderni, si trovano sfruttati da datori di lavoro crudeli che cercano di prendere vantaggio dai loro sogni. Tristemente, da esperienza personale, alcuni di questi sfruttatori dei nostri emigrati all’estero sono a loro turno figli di emigrati italiani che hanno dimenticato la storia dei loro nonni e genitori e quindi ripetono gli sbagli del passato.

I giornali e i politici parlano di questa emigrazione moderna di italiani e verso l’Italia da parte di altri e ignorano il costo personale di questa scelta drastica di vita. Emigrare dal paese di nascita non è una vacanza di divertimento e il costo non è semplicemente quello del biglietto del viaggio e il visto per il paese nuovo.

Famiglie

Emigrare vuol dire lasciare la famiglia e rischiare di non vedere più qualcuno e non sempre i parenti più anziani. Emigrare vuol dire trovarsi in una realtà quotidiana nuova composta dalla nuova lingua, usanze diverse, leggi e non solo di lavoro spesso radicalmente diverse da quelle italiane. Emigrare vuol dire stabilire un nuovo stile di vita, senza il bar e gli apericena ora di moda per i giovani e di capire che non sei più a casa ma in un mondo che spesso ci vogliono anni per capire e integrarsi al meglio.
Tutto questo vale tanto per chi lascia l’Italia che per chi viene qui.

L’emigrazione e l’immigrazione sono i due versi della stessa medaglia ed è facile per i giornali e i politici parlare di cifre e di incidenti. Parafrasando un vecchio detto, “una persona è una persona, due persone sono due persone e centomila persone sono una massa storica” e questo è il dettaglio che i giornalisti e i politici dimenticano.

L’emigrazione è un fenomeno altamente personale e coinvolge persone, non oggetti. Se siano i nostri amici e parenti che cercano lavoro in Australia, America o altri paesi all’estero, oppure chi viene in Italia dall’Europa orientale o fugge da guerre e conflitti in Africa e  Medioriente ed altri paesi, non parliamo di “cose” ma di esseri umani.

Dibattito

Utilizzare etichette parlando di “extracomunitari”, “profughi”, “richiedente asilo”  non è una soluzione, è soltanto un modo per fare capire che non abbiamo capito il fenomeno che ci circonda e non solo negli ultimi anni.

L’Italia parla molto dei nostri connazionali emigrati all’estero, ma quasi sempre di quelli che hanno avuto grande successo economico. È ora che conosciamo anche le difficoltà non solo di quelli di successo, ma anche e soprattutto di quelli che non sono riusciti a trovare un posto adatto per loro e che ha cambiato case e paese più volte per poi stabilirsi dove si trova meno scomodo.

Parliamo di cittadinanza, sia di chi è nato all’estero che di chi è nato in Italia, ma non parliamo di cosa vuol dire veramente l’identità nazionale e riconoscere che questa identità cambia con il tempo e basta vedere il dibattito attuale negli Stati Uniti sull’immigrazione per capire che questo tema è importante non solo Italia.

L’emigrazione/immigrazione ha creato il mondo che conosciamo oggi, ma non capiamo la realtà di quel che ci circonda. Ripetiamo sbagli di generazione in generazione e da paese a paese e non abbiamo ancora imparato le lezioni che dovevano essere imparate a memoria decenni fa, cominciando dai linciaggi di italiani in Francia e gli Stati Uniti e particolarmente dal processo altamente razzista dei nostri connazionali Sacco e Vanzetti a Boston novant’anni fa.

Vogliamo davvero l’integrazione? Allora dobbiamo iniziare dal semplice fatto che l’emigrazione/immigrazione non sparirà mai e che si tratta di essere umani e non oggetti. Una volta imparata questa lezione il passo è facile verso la comprensione degli sbagli del passato. Solo cosi eviteremo di continuare a ripeterli.

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