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Ambiente & Turismo

Le Grotte di Stiffe, la magia del sottosuolo. Uno spettacolare percorso speleologico lungo un chilometro

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Nell’antica valle abitata dai Vestini le meravigliose grotte di “risorgenza attiva”

Insieme al gruppo speleologico un’avventura fantastica nelle Grotte di Stiffe, dove archeologia e patrimonio naturalistico si coniugano a perfezione.

Ci troviamo a San Demetrio né Vestini in provincia di L’Aquila, dalla quale dista circa 16 chilometri, in un territorio semi pianeggiante che parte da una quota di 640 metri per portarsi ai 1250, nella valle del fiume Aterno, il fiume più lungo d’Abruzzo, che percorre la regione quasi nella sua interezza. Nasce, infatti, in provincia de L’Aquila e corre fino a sfociare nel Mar Adriatico nella provincia di Pescara e nel quale confluiscono quasi tutti i fiumi presenti sul territorio abruzzese.

La città presenta siti architettonici notevoli sia religiosi che civili e, nonostante il terribile terremoto del 2009, grazie al sapiente restauro conservativo, essi si presentano in tutto il loro splendore, ed in questo medesimo luogo si trovano importanti reperti archeologici del neolitico ed eneolitico. Oggi voglio, però, parlarvi di ciò che rende questo luogo unico nel territorio nazionale. Per fare questo vi accompagno in uno spettacolare sito naturalistico, generato da fenomeno carsico, sperando possiate, attraverso il mio racconto e le splendide immagini del gruppo speleologico Upix, che ringrazio sin d’ora, fare un primo, splendido, viaggio verso “il centro della terra”.

Entriamo in corrispondenza di una cavità che si apre su una parete rocciosa alta circa cento metri,  che si protende a strapiombo sull’abitato, ed immediatamente siamo accompagnati dal suono dell’artefice dello spettacolo a cui ci accingiamo ad assistere.

Un torrente sotterraneo continua a scavare, dolcemente in alcuni punti ed irruentemente in altri, il percorso che si rivela man mano che ci addentriamo. La passerella che risale il corso d’acqua costeggia la  parete rocciosa di un bianco candido, interrotta da due fasce scure che  ci accompagneranno lungo tutto il cammino. Il calcare custodisce in sé gli ossidi depositati dal fiume nei millenni.

 

Incontriamo una prima cavità, ove sono stati rinvenuti gli importanti resti archeologici menzionati pocanzi, e dopo averla superata in un camminamento che ricorda un po’ un canyon, attraversiamo il fiume per giungere alla “Sala del Silenzio”.

Qui il fiume sembra quasi nascondersi, annullando il rumore tipico del resto del percorso.

E’ difficile tenere gli occhi sulla passerella perché la geometria delle colate stalattitiche è veramente affascinante, ma la Sala del Silenzio è anche l’anticamera della prima meravigliosa cascata che con un balzo di oltre 20 metri, su di una parete alta circa 30, ci toglie letteralmente il fiato.

Il belvedere che si trova al culmine della scalinata, proprio sulla cascata, permette di osservare il grande ambiente sottostante.

Proseguendo ed addentrandoci la magia ci avvolge ed affilate lame rocciose ci attendono nella Sala delle concrezione, dove le stalattiti si armonizzano al mormorio dell’acqua.

Le forme diventano ora morbide e sinuose ed il lavorio dell’acqua in centinaia di migliaia di anni crea linee quasi trasparenti o turbinose concrezioni, riccioli dispettosi in cui le gocce vorticano per ricadere nel laghetto sottostante.

Manca quasi la voglia di proseguire, si rimarrebbe qui a guardare in eterno la creazione di ogni  singola goccia, ma nuove meraviglie ci attendono.

Stalagmiti di oltre due metri, testimoni silenziose della vita delle antiche grotte, sorvegliano l’ingresso di un ambiente particolare poiché, se in tutto il percorso silenziosamente o meno l’acqua scorre, qui è tutto tranquillo, il Lago nero.

Proseguendo l’intensità dei suoni del nostro affascinante “ospite” aumenta di intensità e le linee morbide tornano taglienti. In un lago profondo cinque metri una cascata alta venticinque crea un effetto impressionante, sia per i suoni che per le immagini.

Rimaniamo ad osservare in silenzio, d’altronde anche un urlo sarebbe impercettibile rispetto al fragore che ci attornia.

Ora non ci resta che tornare indietro, ripercorrere un chilometro di inusitata bellezza. Ed uscire da questo luogo, ora, sembra quasi peccato.

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