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L’Argentina dice “no” all’aborto, proteste dei favorevoli

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Il Senato boccia la proposta di liberalizzare l’aborto, ritenuto illegale dal 1921. Le femministe argentine non si arrendono: «L’America Latina sarà femminista!».

di Vito Nicola Lacerenza

Il Senato argentino ha respinto la proposta di legge che prevedeva l’interruzione di gravidanza entro le prime 14 settimane. L’aborto resterà illegale, secondo una norma del 1921 che autorizza l’intervento solo nel caso in cui la gravidanza rappresenti un pericolo per la vita della partoriente o la donna abbia subito violenza sessuale. Al di fuori di tali circostanze, l’aborto è considerato un crimine punibile col carcere. Ogni anno però, nonostante il severo provvedimento,  345.000 donne interrompono la gravidanza di nascosto, affidandosi a strutture improvvisate e prive di strumenti adeguati.

Moltissime partorienti perdono la vita per complicazioni sopraggiunte durante l’intervento. È proprio a loro che si ispira il nome del movimento femminista argentino “Ni Una Menos” (Nemmeno una in meno), le cui attiviste hanno fatto sì che lo scorso giugno il Congresso argentino dibattesse, per la prima volta nella storia del Paese, sulla legalizzazione dell’aborto. Il presidente argentino Mauricio Macri, sebbene si fosse schierato contro l’interruzione di gravidanza, si era detto pronto a sottoscrivere la sua legalizzazione in caso di approvazione da parte del Senato. Ipotesi sfumata a causa della ferma opposizione della chiesa cattolica, istituzione molto influente in Argentina. Il Paese natale di Papa Francesco che, alcuni giorni prima del voto sull’aborto, aveva scosso l’opinione pubblica locale paragonando l’interruzione di gravidanza al progetto di “eugenetica nazista” (la creazione di una “razza umana perfetta”). Per moltissimi osservatori però parlare di “sconfitta del movimento pro-aborto” significa non riconoscere gli enormi risultati ottenuti dalle femministe di “Ni Una Menos”, che col loro attivismo hanno portato alla luce problematiche come la violenza domestica, la violenza sessuale e l’emarginazione della donna.

Piaghe sociali, finora sottaciute,  che non riguardano soltanto l’Argentina ma tutta l’America latina. Dopo la campagna pro-aborto condotta dalle femministe argentine, in Ecuador, Colombia, Perù, Messico e Cile centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro gli innumerevoli abusi subiti dalle donne sudamericane. Un evento senza precedenti che potrebbe portare alla legalizzazione dell’aborto in tutta l’America latina. Finora le nazioni sudamericane ad aver autorizzato tale intervento sono l’Uruguay, il Guyana e Cuba. L’Argentina dovrà aspettare ma le attiviste di “Ni Una Menos” non sono  scoraggiate. Tra i loro slogan c’è ne uno che nelle ultime ore imperversa in tutto il Sud America: “State in guardia maschilisti, tutta l’America Latina diventerà femminista!”.

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