Diritti umani
La repressione in Iran continua
Diversi giovani sono stati condannati all’impiccagione, le esecuzioni sono in corso in varie città dell’Iran, quasi quotidianamente, nonostante gli appelli affinché si abbia almeno una sospensione delle condanne.
di Antonio Virgili – pres. comm. Cultura Lidu onlus
A distanza di vari mesi dalle diffuse proteste di piazza scoppiate per la ottusa visione repressiva contro le donne e la cultura in Iran, le autorità di quel Paese, forse timorose di perdere il controllo della situazione, oltre ai tanti arresti stanno procedendo a numerose condanne a morte. In assenza di trasparenza nell’informazione e nei resoconti giudiziari e di polizia, si ha motivo di ritenere che la maggior parte delle persone arrestate sia semplicemente colpevole di aver partecipato alle proteste o alla propaganda che chiede maggiore libertà. Ma il clero sciita, che detiene il potere, continua ad usare la religione come strumento di repressione, come dimostrato dalle condanne a morte anche solo per blasfemia.
Diversi giovani sono stati condannati all’impiccagione, le esecuzioni sono in corso in varie città dell’Iran, quasi quotidianamente, nonostante gli appelli affinché si abbia almeno una sospensione delle condanne. Altri 24 giovani attendono l’esecuzione, secondo i dati disponibili, ma la presenza di una forte censura lascia intendere che il numero potrebbe essere maggiore. Gruppi di cittadini iraniani nei giorni scorsi si sono riuniti davanti alla prigione di Isfahan per protestare contro tali esecuzioni.
Non meno tragica la situazione di molte ragazze e donne incarcerate per aver partecipato alle proteste degli scorsi mesi, dalle notizie filtrate da testimoni diretti e da osservatori esterni (medici), emergono purtroppo casi diffusi di torture, ripetute violenze e abusi sessuali, umiliazioni psicologiche e fisiche. Di alcune di loro si sono perse le tracce e le famiglie non sanno che fine abbiano fatto e se le rivedranno, altre sono state così gravemente ferite nella loro dignità e nel loro fisico che occorreranno anni per un parziale recupero verso la normalità. Si usa il terrore per fermare la protesta e impaurire gli esuli che vivono all’estero.
L’attenzione internazionale è diminuita o è distratta, così in un Paese dalla grande cultura e storia si sta silenziosamente massacrando la parte più giovane e dinamica di una popolazione, la parte che dovrebbe apportare nuove vite e gioia, e lo si fa in nome della religione e della morale.