Diritti umani
La Cina e la paura delle religioni
L’atteggiamento ostile e violento della Cina nei confronti della spiritualità e delle religioni non è dettato da un nemico definito ma proprio dalla religione in quanto tale: ma il mondo resta a guardare!
Chi non ricorda il bellissimo film dal titolo Sette anni in Tibet? Impossibile da dimenticare la frase degli inviati di Mao nella terra delle nevi: “La religione è veleno!” forse, frase storicamente pronunciata proprio dallo stesso Mao.
E fu proprio da quel lontano 1959, quando la Cina invase il Tibet devastando l’intera area e distruggendo interi villaggi e Monasteri secolari custodi di scritti millenari, racchiusi nei caratteristici libri arrotolati e nelle pergamene rettangolari, che nei fatti nulla è cambiato e purtroppo il trattamento riservato alle religioni in Cina da quel brutto giorno ha continuato a protrarsi sino ad oggi.
È di qualche giorno fa la notizia riportata da “Asia.net” che l’accordo che consentiva le nomine degli episcopali da parte del Vaticano, accordo provvisorio valido per due anni firmato il 22 settembre del 2018 e rinnovato per altri due anni con scadenza il 22 ottobre del 2022, non è servito al Vescovo Joseph Liu della diocesi di Mindong per mettersi al riparo dal Partito Comunista che lo ha obbligato, a detta delle fonti di Asia.net, dopo l’arresto e 10 ore di tortura ad aderire alla chiesa indipendente, cioè a quella struttura venduta come chiesa libera ma che, di fatto, è controllata a 360 gradi dal Partito Comunista Cinese.
Nulla di nuovo sotto il sol recita il detto, sì perché le procedure di quanto accaduto al Vescovo Cattolico sono identiche ai racconti dei Monaci Tibetani che si sono trovati nelle stesse condizioni, arrestati, torturati ed imprigionati per anni, ed è possibile trovarne testimonianza diretta in documentari sulla rete, trattamenti inumani effettuati dalla polizia solo per il fatto di essere dei monaci e di seguire ciò in cui credono; va aggiunta anche la sparizione all’età di soli sei anni del Panchen Lama “Gedun Choekyi Nyima” figura importantissima e fondamentale per il popolo Tibetano, scomparso ormai da 25 anni e rimpiazzato da un altro Panchen Lama scelto dalla nomenclatura del Partito ed ovviamente non accettato come tale dai Tibetani.
Questi fatti ci presentano una situazione drammatica per coloro che professano e praticano una qualsiasi religione nella terra del Dragone, dove, va ricordato per completare il quadro generale, che anche la minoranza Musulmana degli “Uiguri” viene puntualmente vessata e privata dei diritti fondamentali, subendo angherie d’ogni genere, palesando il fatto che l’atteggiamento della Cina nei confronti della spiritualità e delle religioni non è determinato da un nemico definito ma proprio dalla religione in quanto tale, e cioè un credo differente dal credo che, il Partito Comunista, ha imposto ai suoi cittadini dalla Rivoluzione Culturale cinese di Mao in poi, e che non può permettersi di perdere concedendo ad ideali differenti da quell’idea di popolo voluta ed imposta da Mao.
Rimane dunque il rammarico per tutti i Capi di Stato delle Nazioni del Pianeta, in particolare quelli occidentali, per il modo in cui trattano i temi legati ai Diritti Umani cioè, a corrente alternata e disgiunta, non pronunciandosi contro quella Nazione, la Cina, che è ormai la seconda potenza mondiale se non la prima a cui gli stessi in nome della produzione, della finanza e del vile denaro hanno praticamente concesso tutto, anche la possibilità di calpestare quei diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei Diritti Universali redatta alla fine del secondo conflitto bellico e nata con l’obiettivo di evitare che si verificassero nuovamente le atrocità commesse contro gli Esseri Umani in quel periodo storico.
È quindi d’obbligo ricordare a tutti le parole di chi è morto per battersi contro i soprusi ed i diritti calpestati, parole che dovrebbero far riflettere tutti i potenti del pianeta che se uniti potrebbero riportare nel mondo quel senso di umanità che, per interessi economici, negli anni si è totalmente perduto spostando l’Essere Umano dal centro del sistema ai margini dello stesso non più considerandolo come fine, in senso positivo, ma come un mezzo simile a qualsiasi macchinario da utilizzare per fabbricare prodotti per lo più inutili.
“Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni!”
(Martin Luther King)