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In India poliziotti killer uccidono per “prevenire i crimini”

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Nel Paese asiatico diverse persone sono morte per mano delle forze dell’ordine. Tra le vittime anche un bambino di dodici anni.

di Vito Nicola Lacerenza

La regione indiana di Uttar Pradesh negli ultimi tempi è stata teatro di una serie di omicidi compiuti da alcuni agenti di polizia locale, che nel perpetrare i delitti seguono quasi sempre uno schema ben preciso: fermano la vittima col pretesto di effettuare un controllo, la sequestrano per condurla in un luogo isolato e poi la uccidono. Con tale modalità sono stati assassinati Mustakeem e Naushad, due ragazzi indiani che vivevano a Uttar Pradesh. I giovani sono stati prelevati con la forza dalle loro abitazioni da alcuni poliziotti in borghese che li hanno successivamente picchiati selvaggiamente. Ridotte all’impotenza, le vittime sono state caricate su un furgone e portate lontano dal luogo dell’aggressione, avvenuto in presenza delle loro famiglie e di altri numerosi testimoni. Dopo pochi giorni, sono stati gli stessi agenti a consegnare ai genitori i corpi senza vita di  Mustakeem e Naushad, i quali, secondo un rapporto redatto dalla polizia, sarebbero morti in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine  dopo aver tentato di rubare una moto. Versione che non ha convinto i medici legali, che sulle salme dei ragazzi hanno riscontrato evidenti segni di violenza.

Un delitto analogo, avvenuto a soli 10 giorni di distanza dall’omicidio dei due giovani, è quello del 38enne Vivek Tiwari. Anche lui viveva nella regione indiana di  Uttar Pradesh. La vittima è stata fermata a un posto di blocco mentre rientrava dal lavoro. Come si è avvicinato agli agenti  l’uomo è stato ucciso con alcuni colpi esplosi in pieno volto. «Ha tentato di investirmi», così si è giustificato l’agente che ha sparato, Prashant Chaudhary. Quest’ultimo è stato sospeso dal servizio in seguito a un’indagine aperta del Ministro dell’Interno indiano Rajnath Singh, preoccupato dall’eccessiva e immotivata violenza della polizia della regione indiana di Uttar Pradesh. «Gli scontri a fuoco fanno parte della prevenzione del crimine- recita una nota rilasciata dalla polizia locale- la nostra modalità d’azione non si attiene a protocolli riconosciuti dal governo, ma ad una strategia della polizia per combattere il crimine. Svolgiamo il nostro dovere con professionalità e strategia». Due elementi propri delle forze dell’ordine altamente qualificate, ma che non appartengono affatto agli agenti che operano nell’ Uttar Pradesh. La stragrande maggioranza di loro, secondo le indagini condotte dal Ministero dell’Interno indiano, non è adeguatamente addestrato per essere agente di polizia.

In India per entrare nelle forze dell’ordine bisogna frequentare un corso di 9 mesi, durante i quali si acquisiscono tutte le conoscenze necessarie per assumere l’incarico, ma nell’ Uttar Pradesh il corso dura solo due mesi perché mancano le strutture in cui formare gli allievi, che comunque sono valutati “idonei”. La corruzione dilagante nelle istituzioni ha fatto sì che nell’Uttar Pradesh fossero assunti 32.000 poliziotti.  Nessuno di loro ha mai completato l’addestramento. Di questi ultimi diverse centinaia hanno presentato titoli di studio falsi mentre altri sono ritenuti responsabili di omicidi, alcuni dei quali molto violenti, come quello compiuto da un poliziotto fuori servizio che ha sparato a bruciapelo a un bambino di dodici anni mentre assisteva a un matrimonio. Il piccolo è morto ma il movente del delitto è ancora ignoto agli inquirenti.

 

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