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    Il livello di tossicità del dibattito pubblico è sconcertante

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    2 settimane ago

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    14 Gennaio 2021

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    redazione
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    Tutto quello che bisogna sapere su emergenza covid e vaccini vari con i dovuti riscontri. Le verità che nessuno spiega

    Di Giorgio Bianchi

    Ci sono elementi in abbondanza per individuare in maniera inequivocabile e precisa tutti i soggetti che stanno tutelando interessi padronali a discapito delle popolazioni, mai come ora trattate alla stregua di topi da laboratorio in un esperimento socio-economico-politico-zootecnico che non ha precedenti nella storia.

    Nel momento stesso in cui avvengono fatti epocali di una gravità inaudita, si registra una massa di persone inebetite dalla propaganda, che avanza senza protestare sul nastro trasportatore che le sta conducendo al mattatoio.

    Tutto quello che stiamo vivendo è stato già tentato con minor fortuna durante la pandemia di suina. Ma all’epoca l’arma definitiva per la manipolazione delle coscienze, ovvero i social network, non erano ancora stati messi a punto.

    Oggi stiamo assistendo al Director’s cut della pellicola che andò in scena allora, con l’aggiunta di quelle scene che erano state scritte ma non girate in quanto gli effetti speciali non permettevano un risultato credibile.

    Nel documentario di Serena Tinari dal titolo “Il fantasma della pandemia”, realizzato per la TV pubblica svizzera nel 2010 (che ho condiviso almeno cinque volte a partire dal maggio scorso), ci sono tutti gli elementi per capire che si tratta dello stesso soggetto, della medesima regia e degli stessi attori.

    Particolarmente inquietante è tutto il capitolo dedicato ai vaccini.

    Dura 25 minuti, guardatelo e imponete la sua visione ai vostri cari e a tutte le persone che vi sono vicine.

    La questione vaccinale è quella che più di tutte dovrebbe mettere in allarme, in quanto rappresenta la casella della scacchiera sulla quale stanno convergendo tutti i pezzi dell’avversario, oltre a risultare l’aspetto che più di tutti sembra essere stato predisposto da tempo

    Uno degli obiettivi a breve termine dell’operazione va delineandosi con sempre maggiore chiarezza.

    E’ del tutto irresponsabile la sciatteria con la quale si sta prendendo sottogamba una questione che riguarda la salute di miliardi di persone e sulla quale insistono interessi colossali, sia dal punto di vista economico che da quello concettuale, visto che il principio che si sta cercando di far passare rischia di essere il grimaldello che potrebbe modificare le Costituzioni sostanziali delle democrazie, consentendo al potere poltico-economico di agire sul nostro corpo contro la nostra volontà e senza un motivo dimostratamente valido.

    Basterebbe leggere l’atto d’accusa durissimo alla sperimentazione dei vaccini anti-Covid di Peter Doshi, editore associato del British Medical Journal, una delle riviste che – assieme a Lancet – si contende la palma di vera e propria bibbia della scienza, per capire che siamo immersi in una bolla propagandistica inaudita e che questa necessità di far compiere ai cittadini una scelta emozionale, avventata, irrazionale, rischiosa, che non porta alcun beneficio misurabile, potrebbe celare un secondo fine indicibile.

    “Troppi segreti”. Così la bibbia inglese della scienza stronca i tre vaccini anti-Covid.

    Tutto quello che non quadra nelle sperimentazioni nell’atto d’accusa della prestigiosa rivista britannica.

    Tramite Enrica Senini

    […] Non c’è solo il caso Astrazeneca a preoccupare il British Medical Journal. Certo, la vicenda del dosaggio sbagliato potrebbe essere la spia di una sperimentazione non immune da altri errori, magari dettati dalla fretta di arrivare al risultato finale. Ma la prestigiosa rivista settimanale inglese getta un’ombra anche sui due prodotti americani. Accusati, in particolare, di aver adottato una politica di scarsissima trasparenza sui dati. Proferendo annunci che, oltre a creare una grande aspettativa in un mondo messo in ginocchio dall’epidemia da Coronavirus, mettono anche una grande pressione sulle autorità che poi dovranno validare definitivamente i vaccini prima della loro diffusione.

    Ma quali sono i dati che mancano? Innanzitutto specifiche maggiori sul campione che si è sottoposto alla sperimentazione. Per dire, niente è trapelato sull’efficacia dei farmaci in alcune sottocategorie importanti, ad esempio gli anziani fragili. Inoltre, ancora non si sa delle prestazioni del vaccino a 3, 6 o 12 mesi. La percentuale di efficacia dei vaccini influenzali, invece, viene calcolata in base alla durata del periodo di copertura: una stagione. Nè, infine, si sa ancora se una persona vaccinata, oltre a non sviluppare i sintomi più gravi del Covid, è o meno in grado di contagiare gli altri.

    Ma, al di là di queste problematiche che erano in parte già state evidenziate dalla comunità scientifica, Peter Doshi scende ancora più nel dettaglio. Innanzitutto, gli effetti collaterali. “Il comunicato stampa di Moderna – scrive Doshi – afferma che il 9% (del campione, ndr) ha sperimentato mialgia di grado 3 e il 10% affaticamento di grado 3; La dichiarazione di Pfizer ha riportato che il 3,8% ha sperimentato stanchezza di grado 3 e il 2% mal di testa di grado 3”.

    Poca roba? Non proprio. “Gli eventi avversi di grado 3 sono considerati gravi” spiega l’editore associato del British Medical Journal. Ma, riguardo gli effetti collaterali, c’è un problema molto più latente. In molti casi, infatti, essi assomigliano ad alcuni dei sintomi del Covid (lieve febbre, stanchezza, dolori muscolari). Per essere sicuri che le persone del campione che avessero mostrato questi sintomi non fossero in realtà positive al Covid, sarebbe stato necessario sottoporle tutte ai test. Ma davvero tutte le persone con un sospetto Covid sono state sottoposte a un tampone di conferma? Questa è un’altra informazione cruciale senza la quale è impossibile stimare la reale percentuale dell’efficacia del vaccino. Se alcune delle persone con presunti effetti collaterali del vaccino avesse in realtà i sintomi del Covid, quel famoso 90% di efficacia si abbasserebbe sensibilmente. “I protocolli di prova per gli studi di Moderna e Pfizer – scrive Doshi – contengono un linguaggio esplicito che istruisce gli investigatori a usare il loro giudizio clinico per decidere se indirizzare le persone per i test”. Un’implicita ammissione che i tamponi non vengono fatti a tutti i protagonisti della sperimentazione, ma solo alle persone per le quali i medici lo ritengono necessario.

    “Troppi segreti”. Così la bibbia inglese della scienza stronca i tre vaccini anti-Covid

    […] Il problema dei sospetti covid-19 – Tramite Fabrizio Santinelli

    Tutta l’attenzione – scrive Doshi – si è concentrata sui risultati di efficacia ma per quanto riguarda Pfizer questi numeri sono pesantemente condizionati da una categoria di malattia chiamata “sospetto covid-19”, chi in sostanza è risultato sintomatico al covid-19 ma la cui positività non è stata confermata dalla PCR, ossia dal tampone molecolare. Secondo il rapporto della FDA sul vaccino della Pfizer, ci sono stati “3.410 casi totali di covid-19 sospetti ma non confermati nella popolazione complessiva dello studio, 1.594 si sono verificati nel gruppo vaccino contro 1816 nel gruppo placebo”.

    “Con 20 volte più casi sospetti rispetto a quelli confermati – osserva Doshi – questa categoria di malattia non può essere ignorata semplicemente perché non c’è stato un risultato positivo del test PCR. Anzi, questo rende ancora più urgente capire. Una stima approssimativa dell’efficacia del vaccino contro lo sviluppo di sintomi di covid-19, includendoli tra i positivi, porterebbe a una riduzione del rischio relativo del 19%, molto al di sotto della soglia di efficacia del 50% per l’autorizzazione fissata dalle autorità di regolamentazione”. L’editore ammette che alcuni di questi casi di sintomatologia non confermata possano derivare dagli effetti collaterali del vaccino nella prima settimana, ma osserva: “Anche dopo aver rimosso i casi verificatisi entro 7 giorni dalla vaccinazione (409 sul vaccino Pfizer vs 287 sul placebo), che dovrebbe includere la maggior parte dei sintomi dovuti alla reattogenicità del vaccino (cioè la capacità di indurre effetti collaterali e reazioni indesiderate, ndr) a breve termine, l’efficacia del vaccino rimane bassa: 29%”.

    Dunque, in parole povere, se chi ha sviluppato la sintomatologia ma non ha avuto le conferme dal tampone, rientrasse nella categoria dei positivi al Covid, l’efficacia del vaccino Pfizer sarebbe meno di un terzo di quella dichiarata del 95%.

    E come potrebbe essere considerato infetto un paziente che ha sintomi ma una PCR negativa?

    Qui Doshen formula un’ipotesi: “Se molti o la maggior parte di questi casi sospetti riguardassero persone che avevano un risultato del test PCR falso negativo, ciò diminuirebbe drasticamente l’efficacia del vaccino”.

    Dubbi, lo ammette lo stesso Doshi, che meriterebbero un contraddittorio basato sui numeri.

    “C’è una chiara necessità di dati per rispondere a queste domande, ma il rapporto di 92 pagine di Pfizer non menzionava i 3410 casi di “sospetto covid-19”. Né la sua pubblicazione sul New England Journal of Medicine. Nemmeno I rapporti sul vaccino di Moderna. L’unica fonte che sembra averlo riferito è la revisione della FDA del vaccino della Pfizer”, scrive il medico.

    I 371 esclusi dall’analisi di efficacia del vaccino Pfizer

    E questo non è l’unico aspetto che non convince Doshi. “Un altro motivo per cui abbiamo bisogno di più dati è analizzare un dettaglio inspiegabile trovato in una tabella della revisione della FDA del vaccino di Pfizer: 371 individui esclusi dall’analisi di efficacia per “importanti deviazioni del protocollo entro o prima di 7 giorni dopo la dose 2”. Ciò che preoccupa è lo squilibrio tra i gruppi randomizzati nel numero di questi individui esclusi: 311 dal gruppo del vaccino contro 60 del placebo. Quali erano queste deviazioni dal protocollo nello studio di Pfizer e perché c’erano cinque volte più partecipanti esclusi nel gruppo del vaccino? Il rapporto della FDA non lo dice” è l’osservazione di Doshi.

    Comitati poco trasparenti

    L’editore del Bmj, spiega anche che si sa poco sui processi dei comitati di aggiudicazione dell’evento primario, quelli che hanno contato i casi covid-19. “Erano all’oscuro dei dati sugli anticorpi e delle informazioni sui sintomi dei pazienti nella prima settimana dopo la vaccinazione?” E quello che si sa non lo convince: “Sebbene Moderna abbia nominato il suo comitato di aggiudicazione composto da quattro membri, tutti medici affiliati all’università, il protocollo Pfizer afferma che tre dipendenti Pfizer hanno svolto il lavoro. Sì, membri dello staff Pfizer”.

    Efficacia del vaccino in persone che avevano già il Covid?

    Gli individui con una storia nota di infezione da SARS-CoV-2 o una precedente diagnosi di Covid-19 sono stati esclusi dagli studi di Moderna e Pfizer. E questo appare logico, dato la presumibile immunizzazione di cui godevano. Tuttavia, osserva Doshi dalla lettura dei dati disponibili, 1.125 (3,0%) dei partecipanti agli studi di Pfizer e 675 (2,2%) di quelli Moderna sono stati considerati positivi per SARS-CoV-2 al basale ossia al momento iniziale del trial.

    “La sicurezza e l’efficacia dei vaccini in questi destinatari non ha ricevuto molta attenzione, ma poiché porzioni sempre più grandi della popolazione di molti paesi possono essere “post-Covid”, questi dati sembrano importanti. Secondo il mio conteggio, la Pfizer ha riportato 8 casi di Covid-19 sintomatico confermato in persone già positive per SARS-CoV-2 al basale (1 nel gruppo vaccino, 7 nel gruppo placebo,) e Moderna, 1 caso (gruppo placebo)”.

    E questi numeri fanno riflettere il medico che osserva: “Ma con solo da 4 a 31 reinfezioni documentate a livello globale (ossia un massimo di 31 persone che hanno mostrato di reinfettarsi nuovamente in tutto il mondo), come potrebbero esserci 9 casi confermati di covid-19 tra quelli con infezione da SARS-CoV-2 al basale in studi con un follow-up mediano di due ?”

    Abbiamo bisogno dei dati grezzi

    Affrontare le molte domande aperte su questi studi richiede l’accesso ai dati grezzi dello studio. Ma nessuna azienda sembra aver condiviso i dati con terze parti a questo punto, osserva Doshi nelle sue conclusioni.

    Pfizer afferma che sta rendendo i dati disponibili “su richiesta e soggetti a revisione”. Ciò impedisce di rendere i dati pubblicamente disponibili, ma almeno lascia la porta aperta. Quanto sia aperta non è chiaro, dal momento che il protocollo dello studio dice che Pfizer inizierà a rendere disponibili i dati solo 24 mesi dopo il completamento dello studio”.

    British medical journal: “Sull’efficacia al 95% del vaccino Pfizer dateci tutti i dati per risolvere i dubbi”

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    Riflettendo in attesa della Giornata della Memoria

    Benedetta Parretta

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    2 giorni ago

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    25 Gennaio 2021

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    Benedetta Parretta

    È importante non dimenticare la tragicità dello sterminio di milioni di esseri umani tra il 1939 e il 1945

    di Benedetta Parretta

     

    Shoah, Olocausto, Sterminio degli Ebrei, Auschwitz. Bastano queste parole per riportare alla mente di ognuno di noi una serie di immagini tragiche. Abbiamo visto film, letto libri, sfogliato antiche fotografie, visitato musei e sentito persino storie in prima persona da alcuni sopravvissuti dei campi di concentramento.

    Dovremmo avere una sorta di corazza su questo tema, non dovrebbe quasi più scomporci, ma per fortuna non è così.

    Ognuna di queste parole porta con sé un carico di dolore, come una ferita ancora aperta nel cuore e nello stomaco di ogni essere umano.

    Ed è bene che questo non cambi mai. È importante non dimenticare la tragicità dello sterminio di milioni di esseri umani tra il 1939 e il 1945, perché dagli errori del passato si impara sempre qualcosa e, in un periodo storicamente delicato come quello che stiamo vivendo, è bene ricordarsi tutte le cose sciocche fatte in passato per la bramosia di potere. Ripetiamoci allora nella mente la parola Shoah, perché questa, più di ogni altra, porta con sé un valore particolare. Si tratta di un termine ebraico che significa Tempesta Devastante. Questo è il modo che è stato scelto per indicare lo sterminio di milioni di esseri umani innocenti, soprattutto ebrei.

    Era il 1935 quando le leggi razziali volute dalla Germania Nazista cominciarono a mietere le prime vittime. L’importanza delle parole, come abbiamo già detto precedentemente, vale sia in positivo che in negativo. Ecco perché ogni termine scritto da Hitler del 1925 ha avuto presa su una popolazione disperata e vessata da condizioni economiche e sociali infelici. La popolazione aveva bisogno di un capro espiatorio e chi meglio degli ebrei, ritenuti in modo superficiale “tutti ricchi, colti e lavoratori”? Quando un popolo è stanco, arrabbiato e deluso, cerca di capire perché sia finito in questa condizione e se si trova davanti una persona che gli versa nelle orecchie come fiele una spiegazione (giusta o sbagliata, logica o irrazionale che sia) alla sua povertà, ci crede. Per i tedeschi dell’epoca chi aveva causato tutto il disagio erano gli ebrei, colpevoli di aver “sporcato la razza ariana” mitizzata con foto e leggende metropolitane. Così, dalla notte dei cristalli del 1938 quando tutte le vetrine dei negozi ebraici furono distrutte, l’odio nei confronti della popolazione ebraica crebbe notevolmente e le vessazioni nei loro riguardi non ebbero più alcun freno.

    Al di là della storia dell’Olocausto in sé, che conosciamo tutti anche se magari a grandi linee, la riflessione che va fatta è su quel “click” che ha dato il via a questa follia omicida che ha portato allo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento. Una prima risposta al quesito arriva dall’odio. Odio nei confronti di chi è più ricco, odio verso coloro che sembrava riuscissero a “galleggiare” in una situazione di disagio economico. Odio per chi sopravvive. Non è un sentimento facile da gestire, è una sorta di invidia ancestrale che ogni tanto punzecchia anche noi. Come quando a scuola un compagno di classe prende un voto più alto di noi. Se pensiamo che non se lo meriti affatto, non siamo felici per lui anzi, ci dà fastidio. Ovvio, non è un odio o un sentimento paragonabile a ciò che ha smosso i nazisti e li ha portati a compiere questi atti folli nei confronti degli ebrei, ma è un piccolo esempio che rende più facile capire da dove possa essere nato tutto.

    La seconda riflessione che si fa in merito all’Olocausto, una volta chiarito il tema dell’odio, è la paura del diverso. Anche se specificatamente Hitler e i suoi seguaci non temevano gli ebrei in quanto “cattivi”, l’antropologia ci spiega come, ancora oggi, vi sia una necessità umana di riconoscersi in un gruppo ben definito per sentirsi a casa. Abbiamo il gruppo di scuola, il gruppo del bar, il gruppo di calcio… la concezione di gruppo ci fa sentire al sicuro. Come fare allora a sentirsi al sicuro nella Germania di fine anni ’30 in cui tutto andava male? Unendosi. Facendo gruppo o creando una comunità chiusa tra persone “simili”: ossia persone che odiavano gli ebrei. La popolazione ebraica è diventata “il diverso da combattere”, il Golem della sofferenza della popolazione ariana. Prima si creano i ghetti, poi la popolazione ebraica viene deportata nei campi di lavoro, di concentramento e di sterminio, dove trova la morte. E il famigerato diverso viene sconfitto, ma la popolazione unita sotto il segno del nazismo, ben presto si rende conto di come questo sterminio, di fatto, non giovi alla loro condizione sociale.

    Auschwitz è senza dubbio il luogo più emblematico su cui riflettere quando si parla di Olocausto e Shoah. Sul cancello le parole “Il lavoro rende liberi” suonano come una macabra presa in giro, ma allo stesso tempo quasi una promessa di morte e quindi di “liberazione”, se così si può definire, dalla sofferenza cui erano costretti gli ebrei. Auschwitz è un’industria di morte, massacro e orrore. Non vi sono altri modi per definirla ed è anche l’esempio che dobbiamo tenere tutti a mente quando si parla di Shoah. Ciò che ora ci sembra così folle, in un attimo potrebbe tornare attuale. Probabilmente con modalità diverse rispetto al passato, ma l’odio e la paura sono due motori molto potenti che in un momento storico come il nostro, dove ci sentiamo attaccati dai terroristi, minacciati dall’Isis, sotto l’occhio di Kim Jong Un e dei suoi missili e terrorizzati dai “diversi” che arrivano sulle coste di Lampedusa scappando dalla guerra, in un attimo potrebbero scatenare un nuovo inferno. Ecco perché, come dice Josè Saramago, “Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.

    Ama il prossimo tuo come te stesso, non fare al tuo prossimo quello che non vorresti il tuo prossimo facesse a te, ognuno di noi nel profondo della sua anima sa  cosa è giusto e cosa è sbagliato, la coscienza, questa è la legge morale.

    “Il male nell’uomo non ha alcuna motivazione, il male è banale e volgare “

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    Diritti umani

    “La Santità in Politica”, intervista all’autore Agostino Siviglia. Avvocato e criminologo, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale

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    Published

    6 giorni ago

    on

    21 Gennaio 2021

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    redazione

    La Pira , De Gasperi o Aldo Moro andavano a messa tutte le mattine, per trovare ispirazione e conforto, dovendosi cimentare quotidianamente con la complessità dell’azione politica, vissuta come servizio e non come strumento di potere fine a sé stesso

    di Titty Marzano

     

    Sono stati avviati, da qualche tempo, processi di beatificazione nei confronti di uomini che hanno avuto nel nostro recente passato responsabilità politiche. “Che cosa hanno a che fare i politici con la santità?” – ci si chiede e non a torto dopo le vicende, certo non edificanti, di Tangentopoli e dintorni. In questo voler intrecciare santità e politica – ci si chiede ancora – non c’è il rischio di far perdere alla gente il senso e della santità – comunque la si voglia intendere – e della politica?

    L’interrogativo c’è ed è dunque utile affrontarlo. Lo facciamo con Agostino Siviglia. Avvocato e criminologo, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, curatore del volume “La Santità in Politica”, edito da Città del Sole. All’interno del volume le Conversazioni  abbracciano circa 150 anni di tradizione storica del cattolicesimo italiano da Giuseppe Toniolo ad Aldo Moro.

    Papa Francesco ha evidenziato qualche tempo fa che “anche la politica è occasione per vivere la santità” e ci troviamo a conclusione dell’anno intitolato alle celebrazioni Sturziane, le chiedo quindi che hanno a che fare i politici con la santità? Ovvero la politica come vocazione per Lei è ancora attuale?

    La santità è sempre attuale! Non passa mai di moda. E dunque anche la vocazione politica può assurgere a santità. Certo, accostare santità e politica, oggi, appare “scandaloso”, ma non è sempre stato così. Basti pensare a Giuseppe Toniolo, don Luigi Sturzo, Alcide De Gaspei, Giorgio La Pira, solo per citarne qualcuno, per comprendere che la via della santità può essere percorsa anche e soprattutto attraverso l’impegno politico. Del resto, la politica dovrebbe essere “la forma più alta di carità”, per dirla con Paolo VI, e ci sono stati politici che l’hanno interpretata così, consumando un’intera esistenza al servizio del bene commune.

    Santo vero e politico vero dovrebbero assoggettarsi entrambi a disciplina interiore ed a regole inflessibili.

    Oggi come potrebbe essere riproposta questa “spiritualità civica”? E soprattutto un modello di santità in cui la vita torni ad essere legata all’esercizio di un potere pubblico è ancora attuale ed attuabile?

    Lo è di certo. La Pira o De Gasperi o Aldo Moro andavano a messa tutte le mattine, per trovare ispirazione e conforto, dovendosi cimentare quotidianamente con la complessità dell’azione politica, vissuta come servizio e non come strumento di potere fine a se stesso. Nutrivano lo spirito, in sostanza, e da questo nutrimento quotidiano traevano sicurezza di ideali, fiducia nell’umanità, coraggio d’azione.   

    Trascinare fuori la politica dal suo regno, quello della terra, delle cose relative, sarebbe auspicabile, ma innalzare la politica sugli altari è renderle un buon servizio? E sono compatibili per lei santità e compromesso?

    La Politica non deve, a mio avviso, essere proiettata in una dimensione diversa da quella che le è propria: la presenza fra le persone. Ecco, i politici dovrebbero ritrovare questo senso di “presenza” e dare un segno autentico di “vicinanza”, come ha ribadito di recente Papa Francesco, per farsi prossimi e cooperare con la comunità di riferimento per il perseguimento del bene comune, partendo dagli ultimi.

    A volte si dovranno fare anche dei compromessi, certamente, ma esistono compromessi al “rialzo” che qualificano ed edificano l’impegno politico. Questo tipo di compromessi non solo sono compatibili con la santità, ma sono indispensabili per perseguirla. Si tratta, in altre, parole di fare il possible, a seconda delle circostanze e poi, magari, così facendo, come diceva San Francesco d’Assisi, trovarsi a realizzare l’impossibile.

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    La Storia in Musica: NCCP – History in Music: NCCP

    Gianni Pezzano

    Published

    6 giorni ago

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    21 Gennaio 2021

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    Gianni Pezzano

     

    di emigrazione e di matrimoni

    La Storia in Musica: NCCP

    La musica può narrare non solo la Storia, ma anche aspetti delle tradizioni

    Una delle grandi attrazioni dell’Adelaide Festival of Arts in Australia del 1982, uno dei festival più grandi del mondo del suo genere, era un complesso napoletano che quasi nessuno conosceva, nemmeno nelle comunità italiane della città. Per questo motivo la prevendita per i loro due concerti in programma era bassissima, confesso d’essere stato tra questi. 

    Quindi gli organizzatori hanno deciso di presentarli al pubblico del concerto d’apertura del festival sulle sponde del Torrens River, il fiume della città. Ero presente anche quella sera ed ho visto la reazione entusiasta alla loro presentazione che era tale che la mattina dopo i biglietti per i loro due concerti sono stati esauriti in  tre ore. Il complesso si chiamava la Nuova Compagnia del Canto Popolare, in modo più semplice la NCCP. 

    Il primo concerto, al quale ero presente, ha entusiasmato così tanto il pubblico che molti australiani, anche non capendo le canzoni in dialetto napoletano, e alcuni brani persino di secoli fa, si sono messi a ballare al ritmo fortissimo dei tamburi e gli altri strumenti. 

    In quelle serate il complesso storico aveva presentato al pubblico australiano pezzi di musica che rappresentavano episodi importanti della Storia di Napoli. Infatti, come dice il sito ufficiale del complesso, NCCP è nata nel 1970 con lo scopo di “diffondere gli autentici valori della tradizione del popolo campano”. 

    Nei decenni da allora i componenti del complesso sono cambiati ma hanno sempre ricercato e presentato al pubblico in tutto il mondo, canzoni che risalgono anche a molti secoli fa, come hanno anche scritto pezzi nuovi che continuano la tradizione napoletana di mettere in musica ogni episodio della sua Storia, felice e tragica. 

    Quindi vorrei presentare ai nostri lettori, non solo all’estero, ma anche in Italia, come la musica può narrare non solo la Storia, con due canzoni che narrano vicende storiche importanti, uno recente in termini storici, ma anche aspetti delle tradizioni campane come il giorno che abbiamo festeggiato un mese fa, il Natale. Nel caso della canzone natalizia che sarà la prima raccontata, molti lettori saranno sorpresi a scoprire che era la versione originale di quel che è la canzone natalizia per eccellenza della tradizione italiana. 

    Il Ninno 

    Infatti la prima canzone si chiama “Quanno nascette Ninno” (Quando nacque il Bimbo) e, secondo lo storico della musica padre Paolo Saturno, è stato scritto a Nola nel 1754 da Sant’Alfonso Maria di Liguori che, per il testo ha seguito la sua usanza di utilizzare canti popolari locali in dialetto per insegnare i Vangeli ai fedeli analfabeti, ed in questo caso specifico la Storia di Natale. La canzone ha avuto un grande impatto sin dall’inizio e nell’ascoltarla il lettore capirà il perché. Chi non capisce il napoletano può seguire la traduzione sul link .  

    Nel 1779 il sacerdote Mattia del Piano ha capito l’impatto del canto ed ha deciso di riadattarla in italiano per i fedeli che non capivano il dialetto. Anche se questa traduzione è stata ispirata dal canto di Sant’Alfonso, l’inizio della nuova versione è diverso della versione originale ed è diventato poi il titolo della canzone che ancora cantiamo a Natale “Tu scendi dalle stelle”… 

    Sarebbe bello dire che la musica racconta solo gli episodi felici della Storia di Napoli, ma la città ha vissuto molti episodi tragici. Anzi, possiamo dire che negli ultimi 220 circa anni la città ha subito tre invasioni importanti e le seconda canzone racconta la reazione del popolo delle regioni del sud al primo di questi avvenimenti bellici. 

    I Sanfedisti 

    Nel 1799 l’esercito napoleonico ha invaso Napoli cacciando i Borboni che vi regnavano. Naturalmente i sudditi fedeli, ed in modo particolare quelli legati alla chiesa cattolica, si opponevano alle forze militari francesi che, oltre a cacciare la famiglia reale, metteva ancora di più a rischio la chiesa che non vedeva affatto di buon occhio le idee rivoluzionarie e ancora di più anticlericali della Rivoluzione Francese di un decennio prima.

    Possiamo anche dire che questa invasione ha lasciato molte tracce nelle città, una delle quali è anche una dimostrazione degli effetti della guerra allo sviluppo culturale di ogni paese/città. In questo caso i soldati francesi hanno portato con loro la ricetta di un dolce che era stato creato in Polonia nel 1736 per volontà del suo Re Stanislao Lesczyński, il babka. Il dolce è poi arrivata a Parigi con sua figlia Maria, moglie di Luigi XV, Re di Francia dove è diventato uno dei dolci preferiti dell’aristocrazia. Il lettore acuto avrà già capito che al suo arrivo a Napoli questo dolce ha subito un cambio di nome diventando uno dei dolci tipici della città, il babà. 

    Uno dei capi della reazione contro l’invasione napoleonica era il Cardinale Fabrizio Ruffo di Bagnara in Calabria che ha deciso di formare un esercito composto dalla popolazione più povera delle regioni del sud per cacciare i giacobini e i napoleonici da quel che era diventata la Repubblica Partenopea. 

    Questo “esercito popolare” si chiamava “le Masse della Santa Fede” e di conseguenza i suoi soldati si chiamavano i “sanfedisti”. Roberto de Simone della NCCP, che aveva una passione particolare per la musica del passato, ha riscoperto l’inno che i soldati di questo esercito cantavano mentre marciavano, come facevano molti eserciti dell’epoca, compreso quello napoleonico. 

    La parole della canzone descrivono perfettamente i cambiamenti alla società napoletana a causa delle idee rivoluzionarie, in ogni senso, introdotte dai francesi. Per chi non capisce l testo originale la traduzione in italiano si trova sul link

    Ma per quanto fossero traumatiche le invasioni di Napoli prima di Napoleone e poi dalle camice rosse di Giuseppe Garibaldi del 7 settembre 1860 che ha segnato la fine definitiva del regno borbonico a Napoli, la terza invasione ha avuto effetti ancora più grandi sulla città. 

    Tammurriata Nera 

    L’invasione di Napoli da parte degli alleati che cercavano di cacciare i tedeschi dalla penisola italiana durante la seconda guerra mondiale ha avuto grandissimi effetti sulla popolazione di Napoli e la terza canzone, e senza alcun dubbio la più conosciuta della NCCP, descrive in modo inesorabile il prezzo pagato dalla popolazione partenopea per la presenza di truppe di occupazione straniere nella città. 

    ”Tammurriata nera” è stata scritta da Eduardo Nicolardi ed E. A. Mario nel 1944, cioè dopo un anno dell’occupazione alleata della città, e prende spunto da quel che non era un caso isolato nella città all’epoca, la nascita di un bambino nero a una donna napoletana. La parola “tammurriata” descrive un tipo di canzone napoletana caratterizzata dal forte ritmo dei tamburi, che è certo il caso di questo brano, ma la musica e le parole della canzone fanno riferimento anche a una canzone americana “Pistol packin’ mama” allora molto popolare tra le truppe americane che ne rinforza il messaggio. 

    Non perdo tempo a descrivere quel che diventa ovvio ascoltando la canzone, ma quei lettori che vorrebbero sapere di più di questo periodo tragico e fondamentale della città farebbero meglio a leggere il libro “La Pelle” dell’autore/giornalista Curzio Malaparte che ha visto con i propri occhi gli incidenti descritti. Il libro e il film tratto dal libro con Marcello Mastroianni e Burt Lancaster non sono facilmente digeribili, e non solo a chi non ha mai sentito sulla propria pelle gli effetti della guerra. Difatti, nel caso del grande comico Totò, lui era così offeso da quel che Malaparte ha scritto della sua amata Napoli che gli ha tolto il saluto. 

    Per chi non capisce il napoletano, che in questa canzone è spesso difficile, la traduzione in italiano si trova nel link

    La musica è un mezzo potente e questi due brani ci fanno capire in modo esemplare la forza sia delle parole che la musica nel trasmettere incidenti del passato. Perciò gruppi come la NCCP hanno un ruolo importante per farci capire il nostro passato. 

    Ma non dobbiamo pensare che quel ruolo sia finito per la NCCP. Quest’anno il complesso è stato riconosciuto al Premio Tenco con una targa per il miglior nuovo album in dialetto. Inoltre le sue rappresentazioni teatrali, a partire dallo stupendo “La Gatta Cenerentola”, sono da vedere per chi vuol davvero capire i misteri della città che ha ispirato innumerevoli canzoni che raccontano storie d’amore, tradimento, felicità e tragedie con canzoni che sono riconosciute in tutto il mondo. 

    Allora noi italiani abbiamo molti mezzi per imparare la nostra Storia e queste canzoni dimostrano che i libri di Storia ne sono soltanto uno e che anche la Musica e il Cinema, come vediamo nel filmato, possono essere mezzi potenti per capire il passato che ha creato l’Italia d’oggi. 

     

    di emigrazione e di matrimoni

    History in Music: NCCP

    Music can narrate not only history but also aspects of the traditions

    One of the big attractions of the 1982 Adelaide Festival of Arts in Australia, one of the biggest such festivals in the world, was a group from Naples that almost nobody knew, not even in the city’s Italian community. For this reason the presale of tickets for their two concerts was very low. I confess I was one of them.

    So the organizers decided to present them to the audience of the Festival’s opening concert on the banks of the city’s River Torrens. I was there that evening and I saw the enthusiastic reaction to their performance that was such that the next morning the tickets for their two concerts sold out in three hours. The group was the Nuova Compagnia del Canto Popolare (New Company of Popular Music), NCCP for short.

    The first concert, where once again I was present, thrilled the audience so much that even though they did not understand the songs in Neapolitan dialect, and some even centuries old, many Australians started dancing in the aisles to the very strong rhythm of the drums and the others instruments.

    On those evenings the historic group presented to the Australian public pieces of music that represented major episodes of Naples’ history. In fact, as the group’s official website states, NCCP was created in 1970 for the purpose of “spreading the authentic values of the traditions of the people of the Campania Region”.

    The members of the group have changed in the decades since then but they have always researched and performed for their audiences around the world songs that go back even many centuries, just as they have also written new pieces that continue Naples’ tradition of putting to music every episode of its history, happy and tragic.

    Therefore I would like to present to our readers, not only overseas but also in Italy, how music can narrate not only history with two songs that tell us major historic events, one recent in historical terms, but also aspects of the Campania Region’s traditions such as the day we celebrated a month ago, Christmas. In the case of the Christmas song, which will be the first described, many readers will be surprised to discover that it was the original version of the Christmas song par excellence of Italian tradition.

    The Child

    In fact the first song is called Quanno nascette Ninno (When the Child was born) and according to the music historian Father Paolo Saturno was written in 1754 in Nola, a town near Naples, by Saint Alphonse Maria di Liguori who for the lyrics followed his custom of using local folk songs in dialect to teach the illiterate faithful the Gospels, in this specific case the story of Christmas. The song had a strong impact from the start and the readers who listen to it will understand why. Those who do not understand Neapolitan dialect can follow a basic English translation on the link

    In 1779 the priest Mattia del Piano understood the impact of the song and decided to adapt it into Italian for the faithful who did not understand dialect. Even though this translation was inspired by Saint Alphonse’s song the beginning of the song was different from the original version and this then became the title of the song that we still sing at Christmas time, Tu scendi dalle stelle (You come down from the stars).

    It would be nice to say that music tells only happy episodes of Naples’ history but the city has experienced many tragic episodes. Indeed, we can say that in the last 220 odd years the city has undergone three major invasions and the second song describes the reaction of the people of Italy’s southern region to the first of these wartime events.

    The Sanfedisti 

     In 1799 Napoleon’s army invaded Naples driving out the Bourbons who ruled there. Naturally the faithful subjects, and especially those linked to the Catholic church, were opposed to the French forces who, in addition to expelling the Royal family, put even more at risk the Church that did not look at all kindly on the revolutionary and, even more, the anti-clerical ideas of the French Revolution a decade before.

    We can also say that this invasion left many traces in the city, one of which is also a demonstration of the effects of war on the cultural development of cities and countries. In this case the French soldiers brought with them a recipe for a sweet that had been created in Poland in 1736 at the will of its King Stanislao Lesczyński, the babka. The sweet then arrived in Paris with his daughter Maria, the wife of King Louis XV of France, where it became one of the favourite desserts of the aristocracy. The acute reader will already have understood that at its arrival in Naples this sweet underwent a change of name and became one of the city’s typical sweets, the babà.

    One of the leaders of the reaction to Napoleon’s invasion was Cardinal Fabrizio Ruffo of Bagnara in Calabria who decided to form an army made up from the poorest people of the peninsula’s southern regions to kick out the Jacobins and the Napoleonic forces from what had become the Neapolitan Republic.

    This “people’s army” was called the Masse della Santa Fede (Masses of the Holy Faith) and as a result its soldiers were called the sanfedisti. Roberto de Simone of the NCCP, who had a particular passion for music of the past, discovered this chant that the soldiers of this army sang as they marched, as many armies did at the time, even Napoleon’s.

    The song’s words perfectly describe the changes to Naples’ society due to the revolutionary in every way, ideas introduced by the French. For those who do not understand Neapolitan but understand Italian can find the translation on this link

    But, as much as the invasions of Naples were traumatic, first by Napoleon and then by Giuseppe Garibaldi’s red shirts on September 7, 1860 that marked the definitive end of the Bourbon Kingdom of Naples, the third invasion had even greater effects on the city.  

    Tammurriata Nera 

    The invasion of Naples by the Allies who were trying to drive the Germans out of Italy during the Second World War had huge effects on the city’s population and the third song, and undoubtedly NCCP’s best known, relentlessly describes the price paid by Naples’ population for the presence of foreign occupation troops in the city.

    Tammurriata nera (Black tammurriata) was written by Eduardo Nicolardi and E. A. Mario in 1944, that is after a year of Allied occupation of the city, and takes its cue from what was not an isolated case in the city at the time, the birth of a black child to a Neapolitan woman. The word tammurriata describes a type of Neapolitan song characterized by the strong rhythm of the drums, which is certainly the case in this song, but the song’s music and words also refer to an American song “Pistol packin’ mama”, that was very popular with the American troops at the time, which reinforces its message.

    I will not lose time describing what becomes very obvious listening to the song but readers who would like to know more about this tragic and fundamental period of Naples’ history would be better to read the book La Pelle (The Flesh) by author/journalist Curio Malaparte who saw with his own eyes the incidents described. The book and the film based on the book with Marcello Mastroianni and Burt Lancaster are not easily to digest and not only for those who have never personally felt the effects of war. In fact, in the case of the great comedian Totò, he was so offended by what Malaparte had written about his beloved Naples that he stopped talking to him.

    Those who do not understand Neapolitan dialect, which in this song is often difficult to understand, the English translation can be found on the link

    Music is a powerful means and these two songs let us understand in an exemplary way the strength of both words and music in conveying incidents of the past. Therefore groups like the NCCP have a major role to play to let us understand our past.

    But we must not think that this role is over for the NCCP. This year the group was recognized at the Tenco Awards with a plaque for the best new album in dialect. Furthermore, its theatrical presentations, starting with the wonderful La Gatta Cenerentola (The Catnip Cinderella) are worth seeing for those who truly want to understand the mysteries of the city that has inspired countless songs of love, betrayal, happiness and tragedies that are known around the world.

    So we Italians have many means to learn our history and these songs show that history books are only one of them and that Music and Cinema, as we see in the video, can also be powerful means of understanding the past that created today’s Italy.

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