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Commercio estero: l’export agroalimentare sfonda il muro dei 36 miliardi, ma record sia nuova partenza e non traguardo

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La Cia commenta i dati diffusi dall’Istat relativi al 2015: la grande performance del settore è la sintesi della crescita tendenziale sui mercati stranieri dell’11,2% per i prodotti freschi dell’agricoltura e del 6,5% per i prodotti dell’industria alimentare.

di Adelfia Franchi

Terreno agricolo 7Roma, 18 febbraio – Nel 2015 l’export agroalimentare “made in Italy” mette a segno un nuovo record: vino, formaggi, salumi, pasta e ortofrutta trainano le spedizioni oltreconfine per oltre 36,8 miliardi di euro, di cui il 65% realizzato all’interno del mercato comunitario e il restante 35% fuori dai confini Ue. Una performance molto importante, quella realizzata lungo i dodici mesi dell’anno, frutto di una crescita tendenziale sulle piazze straniere dell’11,2% per i prodotti freschi dell’agricoltura e del 6,5% per i prodotti dell’industria alimentare. E’ quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi della Cia-Agricoltori Italiani, in merito ai dati definitivi sul commercio estero diffusi oggi dall’Istat.“Numeri positivi che però, senza la perdite derivanti dall’embargo russo, avrebbero consentito al nostro agroalimentare di superare i 37 miliardi di euro -spiega il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Per questo il record dell’export deve rappresentare un punto di partenza e non, al contrario, essere visto come un traguardo. Occorrono risposte sul fronte commerciale e diplomatico, a partire dalla risoluzione della crisi russa che sta penalizzando fortemente le nostre produzioni”. Inoltre, “pur dimostrando di essere pronte alla sfida dei mercati internazionali e di saper trainare positivamente l’intera bilancia commerciale estera nazionale, sono ancora molte le aziende agricole italiane che faticano a uscire dalla crisi -continua Scanavino-. Ecco perché sono altrettanto urgenti risposte di politica, in sede nazionale sia comunitaria, che vadano verso l’alleggerimento della burocrazia e la semplificazione, il riequilibrio dei rapporti di filiera, la remunerazione dei redditi delle aziende, la messa a punto di strumenti moderni per gestire le crisi di mercato. Se non si lavora urgentemente in questa direzione -conclude il presidente nazionale della Cia- i risultati positivi sui mercati esteri rischiano di veder vanificati i loro effetti e le potenzialità del settore di restare inespresse”.
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