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Diritti umani

Ether il quinto elemento incontra Fawad e Raufi per raccontare gli “Ultimi respiri a Kabul”

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Un appuntamento dedicato  allo scrittore afghano Fawad e Raufi e al suo nuovo libro Ultimi respiri a Kabul,  nelle librerie da pochi mesi.

Ether il quinto elemento, il podcast di intrattenimento culturale che racconta arte, ambiente e femminile, presente sulla piattaforma Canale Europa tv 1 ( www.canaleeuropa.it),  condotto da Isabel Russinova insieme a Tiziana Primozich e Macri Martinelli Carraresi, rispettivamente direttrice e redattrice del web magazine The Daily Cases, come partner di TEHR, il festival dedicato ai diritti umani, raccontati attraverso le arti, propone una serie di  conversazioni che seguono le tematiche del festival.

Il primo appuntamento è dedicato  allo scrittore afghano Fawad e Raufi e al suo nuovo libro Ultimi respiri a Kabul,  nelle librerie da pochi mesi. Ultimi respiri a Kabul, tra la neve bianca e i lupi neri  è un libro autobiografico che racconta Fawad, la sua storia, quella della sua famiglia, facendoci conoscere un Afghanistan vero, interiore, autentico in tutta la sua drammatica bellezza e fragilità. Il libro sta  raccogliendo molti consensi ed è un successo per Fawad che ha voluto raccontare il suo Afghanistan soprattutto per non spegnere l’attenzione dell’occidente verso il suo paese martoriato dalla guerra da troppe generazioni.

IL VIDEO DELL’INTERVISTA

“Io sono nato e cresciuto in guerra, mia madre è nata e cresciuta in guerra e anche la madre di mia madre è nata e cresciuta in guerra”  così spiega Fawad  e continua “I bambini quando escono per andare a scuola in Afghanistan, non portano lo zainetto con la merenda ma un foglio di carta dove è scritto l’indirizzo della propria abitazione, nel caso non dovessero  più fare ritorno a causa di un attentato, di un  agguato o un attacco armato“.

Fawad e Raufi per il suo impegno letterario e il suo lavoro nel nostro paese, ha ricevuto elogi e complimenti anche dal ministro degli esteri italiano Di Maio che, con una sua lettera lo elegge ad “Emblema  virtuoso, da un lato della cultura e della sua promozione, dall’altro dell’accoglienza”, l’encomio é accaduto  a “Pordenone Legge“, prestigiosa rassegna letteraria.  Mentre il presidente degli industriali, Michelangelo Agrusti  gli ha dedicato un passo del suo discorso, “Ospiteremo nella nostra terra un giovane afghano che ha trovato in questa nostro Paese un luogo e una famiglia da dove poter scrivere e parlare  del suo popolo”.  

Il  bisogno di raccontare  la propria terra è un’urgenza che hanno tutti gli scrittori ma, sicuramente, per  Fawad è molto più forte, “ La bellezza  dei colori del mio paese, la magnifica natura, la generosità della gente che  nonostante il  dramma che vive ti accoglie sul suo  tappeto offrendoti té alla menta con il sorriso, cercando la normalità nonostante l’inferno che vive”  questo è l’Afghanistan che tiene nel cuore Fawad e proprio quel sorriso e quella forza sono le cose  che  gli mancano di più.  

Nel suo primo libro “Dall’ Hindu Kush alle Alpi, viaggio di un giovane afghano verso la libertà”  Fawad racconta il viaggio verso una nuova vita costretto  dagli eventi della storia, un viaggio attraverso undici paesi, dove ha incontrato la violenza, la tortura, la galera, l’arresto, la paura ed è stato un miracolo riuscire a sopravvivere a tutto e trovare una casa in Italia, che l’ha accolto con generosità e verso la quale Fawad conserva grande affetto e riconoscenza.    

Fawad, in Afghanistan insegnava storia e letteratura, in Italia ora è mediatore linguistico.  Alla domanda, “Pensando alla storia e letteratura del nostro paese, quale è l’autore che ama di più?” Fawad non ha dubbi e risponde subito  “Giuseppe Ungaretti”   citando “Si sta come d’autunno degli alberi le foglie”, i versi di Soldati, la poesia che Ungaretti scrive per raccontare la guerra, la Grande Guerra, descrivendo, con l’immagine della foglia d’autunno, che una improvvisa volata di vento può far cadere, la fragilità dell’esistenza, l’incertezza, la continua minaccia, la rassegnazione e l’irrequietudine a cui ti costringe la guerra.

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