Attualità
Ebola, un virus ad impatto economico
Il divario tra i paesi colpiti da Ebola e quelli con la capacità di combatterne la diffusione è enorme
Roma, 22 ottobre – “I cittadini americani pensano spesso alla disuguaglianza in termini nazionali, si considerano ricchi o poveri all’interno dei propri confini” è il parere dell’americano Nick Galasso esperto di governance globale che dirige in Usa il lavoro di Oxfam sulla disuguaglianza economica. “Purtroppo, i cittadini che vivono in gran parte dell’ovest del globo trascorrono poco tempo a considerare l’enorme disuguaglianza tra loro e i paesi più poveri del mondo” continua Galasso “e l’epidemia di Ebola sta mettendo questa ‘ineguaglianza geografica’ in forte rilievo”. Un divario che comporta anche un mondo di disuguaglianze estreme in termini di qualità di vita delle persone, a partire da quelle della tutela della salute. Non a caso Ebola nasce e si sviluppa in Africa . La sua “nascita” infatti risale al 1976 nello Zaire, adesso Repubblica democratica del Congo. L’epidemia vera invece, scoppiata nel 2014, ha finora provocato secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) 4500 morti, su 9 mila casi di contagio. Nel 1992 era stato scoperto un ceppo del virus anche in Italia, in una scimmia importata dalle filippine. Il caso non comportò contagi fra umani e fu una delle innumerevoli manifestazioni del virus ebola in 40 anni. Ma paesi come Liberia, Sierra Leone e Guinea fanno fatica a dar da mangiare ai propri abitanti ogni giorno, figuriamoci se riescono a strutturare un efficace sistema sanitario come nel mondo occidentale. Piuttosto che interrogarci se Ebola sia in grado di oltrepassare i confini europei o dei nostri mondi civilizzati, sarebbe più opportuno prodigarsi per combattere Ebola da dove è partita, da dove esclusivamente poteva partire: un mondo tanto vicino in termini di globalizzazione ma tanto lontano dalle nostre buone prassi sanitarie e abbandonato a sé stesso da troppo tempo. “L’unico criterio per decidere se si può vivere una vita relativamente sicura e in salute al posto di una dove anche un virus debole come Ebola può colpirci, è la mancanza di opportunità, è come una lotteria che decide dove e come si viene al mondo” afferma Nick Galasso. Ed in effetti Ebola che si è espansa viralmente in modo feroce in Africa occidentale, rappresenta un minor pericolo per le persone che vivono nei paesi ricchi. Mentre Russia e Usa dopo 40 anni dall’esordio di Ebola fanno a gara nell’annunciare prossimi vaccini “L’OMS sta rivedendo i sistemi di controllo e di sicurezza. Ebola ha messo in evidenza la fragilità dei Sistemi sanitari dei paesi poveri”. Alla luce della velocità di trasmissione di Ebola in Africa, e dell’altrettanta velocità dei paesi occidentali nel saper reagire a questa emergenza, è chiaro che si tratta di un virus ad impatto economico su cui è urgente fare le giuste considerazioni. “Il fine di una valutazione d’impatto è quello di favorire la messa a punto di politiche più efficaci, suddividendo il processo in più fasi distinte. Qualsiasi proposta ben congegnata deve partire da un’adeguata analisi del problema da affrontare” questa la teoria. Il punto è che i nostri sistemi sanitari pubblici sono realtà di maggiori risorse e in grado di inibire la proliferazione di Ebola in occidente. In realtà Ebola non è nemmeno una malattia altamente infettiva(una persona infetta trasmette solo a una o due persone). Ma il ritardo nell’aiutare l’Africa da parte dei Paesi più ricchi è spaventoso. E in quarant’anni Ebola lentamente ha camminato, si è rinvigorita ed ora rappresenta una minaccia globale. ” Una delle lezioni di questa epidemia di Ebola è che i paesi che ignorano la disuguaglianza economica lo fanno a loro rischio e pericolo” . Un esempio in tal senso valido su tutti gli altri possibili? L’ultima vera epidemia dell’era post-moderna è senz’altro quello dovuta al virus dell’immunodeficienza umana (Hiv), che si sviluppò in Africa, ma che raggiunse mete occidentali solo alla fine degli anni ’80. Al 2012 le stime parlavano di circa 1,2 milioni di vittime in tutto il mondo. In totale si parla di più di 20 milioni di morti.