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L’abbraccio che ha sconfitto le macerie: la piccola Gizem ritrova la mamma dopo 54 giorni

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Sopravvissuta per oltre cinque giorni sotto le macerie del terremoto che devastò la Turchia nel febbraio 2023, ritrovata viva, e infine riabbracciata dalla madre dopo 54 giorni.

di Laura Marà

Ci sono storie che non si limitano a commuovere: riscrivono il senso stesso della speranza. È la storia di Gizem, la neonata che ha sfidato il destino e il tempo: sopravvissuta per oltre cinque giorni sotto le macerie del terremoto che devastò la Turchia nel febbraio 2023, ritrovata viva, e infine riabbracciata dalla madre dopo 54 giorni. Un incontro che sembra uscito da una sceneggiatura, ma che è realtà.

Il pianto che ha fermato i soccorritori: “Sembrava un sussurro, era vita”

Era piccola, fragile, appena due mesi di vita. Quando il terremoto ridusse Hatay a un cumulo di polvere e silenzio, Gizem rimase intrappolata sotto il cemento per 128 ore. I soccorritori, ormai rassegnati a trovare solo corpi, sentirono un lamento impercettibile: il respiro di chi non si arrende. L’hanno tirata fuori, l’hanno chiamata Gizem – “mistero” – perché di misterioso c’era la sua forza.

54 giorni di attesa: il test del Dna e la madre ritrovata

Yasemin Begdas, la madre di Gizem, era stata data per morta. Trasportata d’urgenza in un altro ospedale, aveva perso le tracce della sua bambina nel caos dei soccorsi. Per settimane, nessuno sapeva nulla: solo un nome, una foto e la speranza che ci fosse ancora qualcuno a cercarla. La svolta arrivò grazie a un test del DNA, che confermò il legame tra la neonata e la donna sopravvissuta. Cinquantaquattro giorni dopo il terremoto, le due si ritrovarono. In quell’istante, tra applausi e lacrime, il tempo sospeso riprese a scorrere.«Uno dei momenti più emozionanti della mia carriera», dichiarò allora la ministra Derya Yanik. Il giorno del ricongiungimento, i corridoi dell’ospedale esplosero in applausi: la vita, ancora una volta, aveva trovato la sua strada.

Un simbolo per chi ha perso tutto

Oggi Gizem sorride, ignara del dramma che ha attraversato i suoi primi mesi di vita. Non sa ancora di essere diventata un simbolo, un manifesto di resilienza. La sua storia ha dato coraggio a chi, in quella tragedia, ha perso tutto. In un Paese ancora ferito, il suo nome è il segno che, anche sotto le macerie della disperazione, può nascere una nuova speranza.

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Due vite e un messaggio: la speranza non crolla

Non solo Gizem: anche Musa, un altro neonato, venne restituito ai genitori dopo un’odissea simile. Sono storie come queste che rimettono in discussione l’ordine delle cose: quando tutto sembra perduto, la vita sa sorprendere più di quanto crediamo.

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