Italiani nel Mondo
L’ingegno italiano nel Siam: una storia poco nota
La presenza italiana nel Siam è stata atipica rispetto a quella dell’emigrazione italiana all’estero. A differenza dei nostri consueti flussi migratori nel mondo, qui si dovrebbe parlare prevalentemente di una comunità di intellettuali, artisti e tecnici italiani nel Regno del Siam.
di Antonio Virgili – vicepresidente Lidu onlus
Quanto la cultura e l’arte italiane siano presenti in Thailandia, Paese lungamente denominato Siam, è noto a pochi, così come pochi in Italia hanno memoria degli artisti e dei tecnici italiani che hanno dato grande lustro a quel Regno. A quel tempo il Paese era l’unico della regione a non essere stato colonizzato, ad est confinava con l’Indocina francese (Laos e Cambogia), ad ovest la Birmania era diventata una colonia dell’Impero britannico, mentre a sud la Malaysia ne era diventata un protettorato. Per conservare l’indipendenza, il Siam aveva dovuto fare enormi concessioni politiche ed economiche alle due superpotenze.
L’Italia invece non era vista come Paese ostile con mire coloniali in Asia e ciò certamente agevolò i rapporti reciproci. I primi italiani che si stabilirono in Thailandia erano stati i missionari gesuiti, che arrivarono nel 1700. La presenza italiana nel Siam è stata però atipica rispetto a quella dell’emigrazione italiana all’estero. A differenza dei nostri consueti flussi migratori nel mondo, qui si dovrebbe parlare prevalentemente di una comunità di intellettuali, artisti e tecnici italiani nel Regno del Siam, costituta prevalentemente da personalità di elevato livello artistico-intellettuale, che legarono la propria presenza alla modernizzazione del Regno in particolare durante “l’epoca d’oro” del Re Chulalongkorn, o Rama V (1868-1910). Una presenza multiforme, come tipico dell’estro italiano.

Due esempi meno noti furono quelli dell’ufficiale del Regio esercito italiano, il Col. Gerolamo Emilio Gerini, che riformò l’esercito locale creando l’Accademia militare Siamese. Gerini è ricordato anche come antropologo dalla Royal Scientific Society di Londra e fondatore della Siam Society. L’altro è quello di Emilio Gollo, che perfezionò un avveniristico sistema di costruzioni galleggianti sull’acqua. Nella Bangkok che sulla scia delle grandi capitali europee nella seconda metà dell’800 desiderava rinnovarsi urbanisticamente e architettonicamente lo stile e il buon gusto italiani ottennero crescente successo.

Tra gli edifici importanti per la nascente capitale, il Palazzo del Principe Chaturonratsami (1879), il Royal Military College (1890-92), e anche l’Hotel Oriental (1890), destinato a ospitare i diplomatici e regnanti in visita alla corte siamese, ora conosciuto con il nome di Mandarin, furono realizzati da Stefano Cardu. Il periodo più fecondo per la nutrita e qualificata colonia italiana nel Siam fu quello a cavaliere tra ‘800 e ‘900, anche grazie alla raffinata cultura di vari sovrani siamesi. L’elenco degli artefici italiani del rinnovamento artistico e urbanistico tailandese-siamese è lungo, si possono citare qui quelli forse più rappresentativi, anche per il ruolo ufficiale avuto: Carlo Allegri, Mario Tamagno, Galileo Chini, Corrado Feroci (poi addirittura diventato cittadino tailandese).

Carlo Allegri giunse in Siam nel 1889, per lavorare per una ditta di costruzioni. Le sue doti furono subito apprezzate e nel 1893 Allegri, divenne ingegnere capo del Ministero dei Lavori Pubblici, Ministero che in breve tempo contò 35 tecnici italiani nello staff. Ad Allegri si deve, in oltre vent’anni di lavoro compiuto nel Siam, il più grande innesto di caratteri architettonici e artistici occidentali nell’oriente del tempo. Molto di quel marmo con cui si sono costruite pagode, monasteri, palazzi e ville residenziali, durante gli anni della modernizzazione Siamese, provengono dall’Italia.
Quando Allegri fu incaricato di trovare un artista italiano per la nuova sala del trono voluta dal Re Rama V, si individuò il Chini, che non solo affrescò la sala ma realizzò pure una serie di ritratti del nuovo Re Rama VI. Il nuovo palazzo del Trono, Ananta Samakhom, fu realizzato in cemento armato rivestito dal marmo, (progetto architettonico di Mario Tamagno e Annibale Rigotti) e sorse, per volere del Re, in una nuova estensione urbanistica di Bangkok basata non sulle regole dell’architettura orientale, ma di quella occidentale, ispirata alle linee severe del neoclassicismo romano. Per inciso, il Chini collaborò anche con Giacomo Puccini per le scenografie dell’opera Gianni Schicchi. Il Re Rama V, quando aveva visitato l’Italia, nel 1897, aveva commissionato a pittori e scultori italiani una serie di ritratti della famiglia reale ancora oggi visibili nella collezione della Real Casa Tailandese.

L’ingegner Tamagno, coautore del progetto del palazzo, si trasferì in Siam nel 1900, e fu assunto dal governo siamese con un contratto di venticinque anni. Il Tamagno con Rigotti realizzò, tra le altre opere, un tempio buddista in marmo di Carrara, Villa Phitsanulok, originale palazzo in stile gotico veneziano misto ad elementi siamesi, oggi residenza del primo ministro di Thailandia, una sala del trono nel palazzo Phaya Thai, mentre singolarmente realizzò, tra le numerose opere, il ponte Makkhawan Rangsan, la prima sede della Siam Commercial Bank, prima banca del Siam (1910), il palazzo Bang Khun Phrom (1906), la Stazione di Hua Lamphong (1907). La Biblioteca Neilson Hays (1920–22). Altro artista che lasciò un forte segno fu Corrado Feroci, trasferitosi nel 1924 e ivi rimasto sino alla morte. Feroci riscosse un enorme successo sia come artista che come docente di scultura e pittura, fondò la prima Accademia di belle arti siamese.
Nel gennaio 1944 ottenne la cittadinanza thailandese prendendo il nome locale Silpa Bhirasri. Per i meriti che ebbe nella diffusione della cultura e nella creazione di una nuova generazione di artisti, è considerato il padre dell’arte moderna e contemporanea thailandese. Feroci fu l’autore dei più famosi monumenti eretti nel Siam dopo il 1930. «Tutti noi che siamo partecipi dello stesso universo spirituale, quando osserviamo un’opera d’arte in sintonia col nucleo dell’universo, anche noi a nostra volta ne entreremo in contatto e proveremo emozioni uguali senza avvertire la distanza di culture di paesi diversi» scrisse Feroci (Silpa Bhirasri), che fu profondamente affascinato dall’arte locale, eseguendo approfondite ricerche che pubblicò in libri ed articoli di stampa, studiando a lungo la filosofia e la religione buddhista e si dedicò anche all’archeologia.

Alla sua morte, il Re Rama IX patrocinò i funerali, i suoi allievi chiesero ed ottennero che nel cortile principale dell’università fosse eretto in suo onore un monumento, una statua in bronzo eseguita da uno dei suoi discepoli preferiti, il prof Sanan Silakorn. Feroci amava canticchiare mentre lavorava e gli studenti fecero adottare uno dei suoi motivi preferiti, “Santa Lucia” come inno ufficiale dell’università. Il 15 settembre 1984, in occasione del novantaduesimo anniversario della sua nascita, nei locali che ospitavano il suo studio fu inaugurato il Museo Nazionale Commemorativo Silpa Bhirasri, che si trova nel cortile del Palazzo Thaphra, sede dell’Università Silpakorn, nel centro di Bangkok, nelle immediate vicinanze del Grande Palazzo Reale. Il 15 settembre, anniversario della sua nascita, viene celebrato dalla Silpakorn e dal mondo della cultura thailandese come il giorno di Silpa Bhirasri. Per il centenario della sua nascita è stato emesso in Thailandia un francobollo commemorativo il 15 settembre 1992. Nel 2018 è stata aperta al pubblico, dopo il restauro, la casa di Bangkok dove visse dal 1924 al 1932 con la moglie Fanny e i figli Isabella e Romano. È diventata un museo e una galleria d’arte per giovani artisti.
Storie poco note e poco valorizzate del grande ingegno ed estro artistico italiano nel mondo.
