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La scienza non è esatta, è in continua evoluzione. Mai renderla schiava di ideologie del momento-Science is not exact; it is constantly evolving. Never make it a slave to the ideologies of the time

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di emigrazione e di matrimoni

La scienza non è esatta, è in continua evoluzione. Mai renderla schiava di ideologie del momento

di Marco Andreozzi

Nel corso della storia, lo sviluppo scientifico ha seguito dinamiche spesso ricorrenti, fortemente influenzate dal livello di conoscenze disponibili in un dato momento. Ma quando la scienza si presta a legittimare ideologie, i suoi effetti possono essere devastanti. Un esempio emblematico arriva dal XIX secolo, quando si affermarono teorie considerate scientifiche per giustificare la presunta superiorità degli europei bianchi sulle altre ‘razze’ — termine che oggi sostituiamo con ‘etnie’. Durante l’epoca dell’espansione coloniale e della schiavitù, nacque il cosiddetto “razzismo scientifico” per giustificare gerarchie, discriminazioni e violenze sistemiche. Scienziati come l’americano Samuel George Morton sostenevano, attraverso misurazioni craniche, che l’intelligenza fosse proporzionale alla grandezza del cranio. I caucasici, secondo le sue conclusioni, avrebbero posseduto cervelli più grandi e, quindi, maggiore intelligenza. Più tardi, nella seconda metà dell’Ottocento, fu Francis Galton — cugino di Charles Darwin — a dare forma all’eugenetica, la teoria secondo cui la razza umana potesse essere “migliorata” tramite selezione genetica. Galton credeva che tratti come l’intelligenza e la moralità fossero ereditari, e che gli europei bianchi rappresentassero il vertice dell’evoluzione. Le sue idee, radicate nel darwinismo sociale, influenzarono pesantemente l’Occidente, giustificando colonialismo, discriminazione, politiche di esclusione, razzismo.

Anche gruppi europei ritenuti “non pienamente bianchi”come gli italiani furono bersaglio di discriminazione negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a causa di pregiudizi ‘nativisti’ (ironico pensare chi sono i nativi in America) e stereotipi razziali-religiosi da parte di un nuovo mondo prevalentemente di ‘vaccari’ (rispettabili, ma è altrettanto ironico). Etichettati con termini dispregiativi come dagos, gli immigrati italiani (prevalentemente dal più povero meridione) venivano stereotipati come sporchi, inferiori intellettualmente, emotivamente instabili e inaffidabili. Subirono l’esclusione dai sindacati, furono relegati a lavori pesanti e mal pagati, e in alcuni casi divennero vittime di violenze. Un assurdo in chiave sia storica – si sta parlando dei discendenti della più importante ed influente cultura del pianeta Terra, madre dell’Occidente e quindi degli stessi USA, sia economica – per oltre tre quarti degli ultimi due millenni la terra più ricca del pianeta. E non per motivi ‘etnici’. Inoltre, negli anni settanta dell’Ottocento, l’Italia generava un PIL pro capite comparabile a quello dell’impero Germanico (unificato nel 1871) e della Francia. 

Tra gli episodi più gravi, il linciaggio di 11 italiani a New Orleans nel 1891, seguito alla loro assoluzione per un omicidio: un atto di giustizia sommaria avvenuto in una città di cultura anglo-francese, paradossalmente più vicina all’orizzonte italico, da cui origina. O ancora, il caso degli anarchici Sacco e Vanzetti, condannati a morte nel 1927 in un processo segnato da pregiudizi. Persino Santa Francesca Cabrini, missionaria italiana nelle Americhe, dovette combattere contro la discriminazione sistemica verso i connazionali in USA. Fondatrice della congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, con di una rete globale (anche nell’odierno Sud Sudan) di scuole, orfanotrofi e istituzioni educative femminili, portò sapere e cultura nel cuore dell’America anglosassone in rapida espansione economica.

L’epilogo più tragico delle teorie eugenetiche si consumò con il nazismo e l’Olocausto, cui seguì l’atomica. Eppure, anche dopo i disastri della Seconda guerra mondiale, pratiche come la sterilizzazione forzata sopravvissero: in alcuni stati degli USA fino agli anni Settanta (Martin Luther King fu freddato nel 1968), e in altri Paesi tipicamente protestanti come quelli scandinavi, la Svizzera, l’Estonia e l’Islanda, ma anche in Cina, dove negli ultimi anni sono state segnalate misure simili contro la minoranza uigura, altre nazioni latino americane, la Russia, l’Uzbekistan. Ulteriormente ironico, oggi sappiamo che proprio gli italiani sono portatori della maggiore diversità genetica in Europa e che componenti di DNA nordeuropee significative sono presenti tra i toscani e gli altri settentrionali in genere: la scienza ha smentito ciò che la ‘scienza tuttologa” del passato dimostrava. Galton, infatti, è stato esploratore, biologo, antropologo, ma anche climatologo (disciplina oggi di gran moda).

E proprio questa lezione dovrebbe oggi farci riflettere sulle certezze che guidano decisioni globali. Da oltre due decenni, il cambiamento climatico viene attribuito in larga parte all’azione umana. Questa convinzione orienta scelte politiche, industriali e investimenti miliardari. Ma cosa accadrebbe se un domani emergessero evidenze che ridimensionano il ruolo antropico? Il clima terrestre è da sempre soggetto a variazioni naturali. A causa del riscaldamento globale, il numero di disastri ambientali degli ultimi vent’anni è quasi raddoppiato e i Paesi più poveri pagano il prezzo più alto, tra sfollamenti, danni con costi altissimi, migrazioni forzate, malattie, carestie. Forse, un giorno, ci si chiederà se sarebbe stato più saggio allocare maggiori fondi nell’adattamento, piuttosto che nella mitigazione. Quanti altri disastri si sarebbero potuti evitare? Oggi non lo sappiamo, ma la storia insegna che la scienza è uno strumento tanto potente quanto non infallibile. Affidarsi a essa richiede rigore, dubbio costruttivo e memoria storica sugli sviluppi mutevoli delle conoscenze e delle tecnologie.

Infine, merita un memento la faccia buona del fenomeno statunitense quale motore di sviluppo globale e portatore di valori democratici. Pur attraverso Hollywood, Robert Redford ha incarnato tali valori, incluso un ambientalismo autentico, lontano dal bell’affare di rinnovabili e vetture elettriche ad ogni costo. Già icona negli anni Ottanta, sempre pubblicamente grato all’industria cinematografica californiana, fondava la mostra del cinema indipendente più importante degli USA (Sundance), ed era il protagonista maschile in ‘La Mia Africa’, una delle pellicole-culto di quel decennio. Abbraccio la mia Africa. E tu riposa in pace, ragazzo d’oro che ‘danza nel sole’.

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di emigrazione e di matrimoni

Science is not exact; it is constantly evolving. Never make it a slave to the ideologies of the time

by Marco Andreozzi

Throughout history, scientific development has often followed recurring dynamics, strongly influenced by the level of knowledge available at a given time. But when science lends itself to legitimizing ideologies, its effects can be devastating. A prime example comes from the 19th century, when theories considered scientific were established to justify the supposed superiority of white Europeans over other ‘races’—a term we now replace with ‘ethnic groups’. During the era of colonial expansion and slavery, so-called “scientific racism” arose to justify hierarchies, discrimination, and systemic violence. Scientists such as the American Samuel George Morton argued, through cranial measurements, that intelligence was proportional to the size of the skull. According to his conclusions, Caucasians possessed larger brains and, therefore, greater intelligence. Later, in the second half of the 19th century, Francis Galton—Charles Darwin’s cousin—shaped eugenics, the theory that the human race could be “improved” through genetic selection. Galton believed that traits such as intelligence and morality were hereditary, and that white Europeans represented the pinnacle of evolution. His ideas, rooted in social Darwinism, heavily influenced the West, justifying colonialism, discrimination, exclusionary policies, and racism.

Even European groups deemed “not fully white,” such as Italians, were targets of discrimination in the United States between the late 19th and early 20th centuries, due to nativist prejudice (ironic to think of who the natives are in America) and racial-religious stereotypes by a new world of predominantly ‘cowboys’ (respectable, yet equally ironic). Labeled with derogatory terms such as dagos, Italian immigrants (mostly from the poorer South) were stereotyped as dirty, intellectually inferior, emotionally unstable, and unreliable. They were excluded from unions, relegated to hard, poorly paid labor, and in some cases became victims of violence. This is absurd both historically—we’re talking about the descendants of the most important and influential culture on planet Earth, the mother of the West and thus the United States itself—and economically—for over three-quarters of the last two millennia, the wealthiest land on the planet. And not for ethnic reasons. Furthermore, in the 1870s, Italy generated a per capita GDP comparable to that of the German Empire (unified in 1871) and France

Among the most serious episodes was the lynching of 11 Italians in New Orleans in 1891, following their acquittal for murder: an act of summary justice that occurred in a city with an Anglo-French culture, paradoxically closer to the Italian horizon, from which it originated. Or again, the case of the anarchists Sacco and Vanzetti, sentenced to death in 1927 in a trial marked by prejudice. Even Saint Francesca Cabrini, an Italian missionary in the Americas, had to fight against systemic discrimination of her compatriots in the USA. Founder of the Congregation of the Missionaries of the Sacred Heart of Jesus, with a global network (including in present-day South Sudan) of schools, orphanages, and educational institutions for women, she brought knowledge and culture to the heart of rapidly expanding Anglo-Saxon America. 

The most tragic epilogue of eugenic theories came with Nazism and the Holocaust, followed by the atomic bomb. Yet, even after the disasters of the Second World War, practices such as forced sterilization survived: in some US states until the 1970s (Martin Luther King was assassinated in 1968), and in other typically Protestant countries such as Scandinavia, Switzerland, Estonia, and Iceland, but also in China, where similar measures against the Uyghur minority have been reported in recent years, other Latin American nations, Russia, and Uzbekistan. Even more ironically, we now know that Italians are the carriers of the greatest genetic diversity in Europe and that significant Northern European DNA components are present among Tuscans and the other Northerners in general: science has disproved what the “know-it-all” science of the past demonstrated. Galton, in fact, was an explorer, biologist, anthropologist, but also a climatologist (discipline nowadays highly fashionable). 

And this very lesson should make us reflect on the certainties that guide global decisions. For over two decades, climate change has been largely attributed to human action. This belief guides political and industrial choices, and billion-dollar investments. But what would happen if evidence emerged tomorrow that downplayed the anthropogenic role? The Earth’s climate has always been subject to natural variations. Due to global warming, the number of environmental disasters in the last twenty years has nearly doubled, and the poorest countries pay the highest price, including displacement, extremely costly damage, forced migration, diseases, famine. Perhaps, one day, we will ask ourselves whether it would have been wiser to allocate more funds to adaptation rather than mitigation. How many more disasters could have been avoided? We don’t know today, but history teaches us that science is a powerful tool, though not infallible. Relying on it requires rigor, constructive doubt, and a historical memory of the changing advancements in knowledge and technology.

Finally, it’s worth mentioning the positive side of the American phenomenon as a driver of global development and a champion of democratic values. Even through Hollywood, Robert Redford embodied these values, including a genuine environmentalism, far removed from the glamorous business of renewable energy and electric vehicles at all costs. Already an icon in the 1980s, always publicly grateful to the Californian film industry, he founded the most important independent film festival in the US (Sundance) and played the lead in “Out of Africa,” one of the cult movies of that decade. I embrace ‘my’ Africa. And you rest in peace, golden sundance kid.

 

Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino). Tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale da un quarto di secolo; nomade digitale dal 2004 al 2019, e’ sinologo, parla correntemente il mandarino e in Cina e’ stato docente a contratto.

Marco Andreozzi, is a Doctor in Mechanical Engineering, Economics/Administration (Polytechnic of Turin). Industrial technologist and specialist in the energy sector, he comes from professional practices in five corporates in Italy and non-European countries, and as managing director for a quarter of a century; digital nomad from 2004 to 2019, he is a sinologist, speaks fluent Mandarin and was a visiting professor in China.

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