Diritti umani
Tre giorni con Zeinab Entezar per capire e parlare dell’Afghanistan delle donne

Tre giorni con Zeinab Entezar per capire e parlare dell’Afghanistan delle donne, succede al Festival T.E.H.R con La Rete del Caffé sospeso.
By Isabel Russinova
“Sono figlia di una madre che, dicevano, sapeva fare solo femmine, i miei nonni facevano differenze tra i loro nipoti e preferivano i maschi e io e mia sorella soffrivamo, poi si aggiunsero le umiliazioni verbali, mia madre veniva chiamata fattrice di femmine e mio padre veniva spinto contro di lei e lui soffriva di non avere figli maschi e incolpava la moglie e così cominciò ad essere violento con lei e scortese con le figlie, mia madre non aveva un fratello altrimenti questi si sarebbe adoperato a difenderla ” Questi alcuni dei tanti passaggi, che descrivono l’Afghanistan delle donne oggi, del libro Fuorchè il silenzio di Zeinab Entezar, la scrittrice e regista, ora riparata in Europa che, con il suo lavoro ed impegno ci porta ad ascoltare la voce femminile di un paese dove la donna è costretta ad annullarsi, a lei è negata qualsiasi possibilità di emancipazione dal momento in cui le è proibito di parlare, di cantare, di uscire sola, le è proibito lo studio, il lavoro, l’opinione, il pensiero, il talento, il sogno, il futuro.
Zeinab ha presentato il suo libro, che raccoglie 36 testimonianze di donne che hanno tentato di ribellarsi al regime rischiando la vita, ma loro preferiscono la morte al silenzio, assieme all’anteprima del suo film documentario Shot the voice of freedom che documenta anche la disperazione e la lotta senza voce delle donne afghane. Zeinab è stata in Italia, a Roma all’ interno dello Speciale dedicato all’Afghanistan del Festival TEHR , con da La rete del caffé sospeso, la rete che unisce i Festival Internazionali che parlano di diritti umani, dando voce a chi non ne ha. Il Festival TEHR, (Thematic Exibithion oh human rights) Festival che dirigo da 9 anni, ha ospitato Zeinab per tre giornate di eventi in diversi luoghi della Capital, divulgando la sua la storia, il suo impegno e il suo lavoro, attraverso incontri con pubblico e con i media. Un grande opportunità umana, sociale, intellettuale, culturale quella di ascoltare la voce e la verità di Zeinab che ha commosso, indignato, interessato, appassionato, arricchito di conoscenza e umanità chi l’ha conosciuta ed ascoltata. Assieme a me, ad accompagnare e condurre gli incontri con Zeinab ci sono state Laura Iucci responsabile UNHCR, (l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati), la giornalista Angela Caponetto, inviata nei paesi più critici ed instabili di oggi, Giorgia Pietropaoli giornalista esperta di problematiche dei Paesi del Medioriente, la Rete NOBAVAGLIO che contrasta ogni tipo di censura alla libertà di opinione.
Zeinab con affabilità, fermezza serietà ed umanità ha raccontato, spiegato, puntualizzato e risposto alle domande, mostrando una grande determinazione e coraggio. Io l’ho ascoltata, osservata con attenzione e ho visto la sua interezza nel gestire le emozioni nel ricordo di alcuni episodi molto forti,“ nessuno in Afghanistan si domanda, nè può farlo, perchè sparisce una donna e nessuno sarà punito se a quella donna verrà tagliata la testa, se verrà massacrata di botte, nessuno la difenderà se verrà arrestata, torturata, condannata dalle autorità, nessuno” si certo la sua voce si incrina, un pò, lo sguardo vellutato dei suoi occhi neri si inumidisce appena, ma non si abbassa mai, guarda diritto a sè, sempre, le mani piccole e candide si appoggiano lievi e ferme mostrando la centralità interiore, il suo essere minuto porta con sè una bella integrità e molta luce, crolla solo una volta alla domanda “ Quale allora potrà essere il futuro della donna in Afghanistan, cosa può fare per liberarsi ?” Allora si ferma, esita a rispondere, poi si commuove, contagiando con la sua emozione me e anche il pubblico. Si alza un silenzio spesso di emozione. ”Anche gli uomini che difendono le donne e si ribellano all’autorità vengono arrestati e torturati rischiando di lasciare i loro figli orfani” poi continua “chi è riuscita ad andare via ma non ottiene, accoglienza, asilo in un altro paese e viene rimandato indietro, sarà sicuramente punito con la morte, molti preferiscono il suicidio piuttosto che il rimpatrio”.
Racconto dopo racconto verità dopo verità, la sua voce incatena tutti in una empatia che diventa solidarietà, come protezione attorno alla piccola forte Zeinab e in realtà intorno a tutte le donne afghane.
“Il mondo non ha la volontà di portare pace nei paesi devastati dalla guerra, nè di alleviare la povertà nei paesi poveri. L’arroganza mi disgusta, l’arroganza dei paesi che incolpano il popolo afghano per il dominio talebano, affermando che noi non siamo degni di un sistema democratico, ma come… se sono stati loro che hanno preso armi e bagagli e si sono allontanati dai vertici dell’Afghanistan abbandonandoci a noi stessi, così, di fatto dobbiamo capire che siamo completamente soli e che non dobbiamo guardare con speranza nessuno” così dice Zeinab.
Io la guardo, il foulard appoggiato al capo, come dice la sua religione, mentre una ciocca scura scappa sulla fronte incorniciando il suo viso di femminilità, Zeinab è elegante, gli abbinamenti degli abiti sobri che indossa lo dicono, è colta, ha 31 anni e fa parte di quella generazione che ha avuto modo di studiare, di laurearsi, lei si è laureata in giornalismo, di lavorare, ma le ragazze di oggi in Afghanistan non potranno più essere come lei. Zeinab è anche madre attenta di un bimbo bello ed intelligentissimo, che sta crescendo da sola, che l’accompagna sempre, dimostrando una saggia maturità, nonostante la sua giovanissima età, silenzioso e rispettoso seduto tra il pubblico ascolta, segue la conferenza, accende il suo ipad senza disturbare, sembra distratto ma non lo è, sono sicura che non si perde una parola di quello che succede, mi complimento con lui, per la sua educazione e il suo comportamento, non certo scontato per un bambino così piccolo, appena 7 anni, lui sorride fingendo di non sentire ma alla fine, quando anche la madre lo loda, si alza e corre da lei. Li guardo insieme e sento nella loro dignità e umanità l’amore per il loro paese e nello sguardo intenso fondo e già cosi maturo di quel bimbo, la voglia di combattere per il suo futuro.