Attualità
Raffaele Viscuso: dall’esperienza d’autore alla scoperta di nuovi talenti
Raffaele Viscuso continua a definire le coordinate del pop italiano, coniugando con maestria la tecnica compositiva con una profonda missione culturale e sociale.
di Laura Marà
In un contesto musicale in continua trasformazione, dove contaminazioni e competizione definiscono nuovi equilibri, Raffaele Viscuso (Catania, classe 1975) emerge come una figura capace di unire creatività, visione strategica e una sensibilità da moderno mecenate. Autore, compositore e produttore artistico, ha contribuito alla realizzazione di numerosi progetti discografici di rilievo, collaborando come autore e compositore a lavori che vedono la partecipazione di firme illustri della musica italiana, tra cui quella di Mogol. La sua attività si è estesa anche al mondo del cinema, firmando brani per diverse produzioni cinematografiche.
La sua scrittura spazia tra generi e generazioni: ha composto canzoni per interpreti storici come Bobby Solo, Luca Madonia e Davide De Marinis, ma anche per figure note del panorama televisivo e mediatico come Platinette e Maria Grazia Cucinotta. Allo stesso tempo, ha dedicato grande attenzione ai giovani artisti emergenti, accompagnandoli nei loro percorsi e contribuendo alla crescita di voci che si sono poi affermate in contesti prestigiosi come Amici di Maria De Filippi, Io Canto, Castrocaro, The Voice e Sanremo Giovani.
Viscuso si distingue soprattutto per la capacità di individuare nuove voci e accompagnarle lungo un percorso di crescita autentico, non necessariamente legato alle logiche, spesso effimere, dei talent show, valorizzando tre linee guida: la scoperta di nuove leve, la costruzione di progetti discografici di qualità e una formazione idonea per affacciarsi all’industria musicale. Tra i molti artisti emergenti che ha accompagnato nel loro percorso, assume valore particolare il nome di Andrea Settembre. Nato a Napoli, il giovane artista ha conquistato la categoria delle «Nuove Proposte» al Festival di Sanremo 2025 con il brano Vertebre. Viscuso aveva avviato una collaborazione con il giovane cantante partenopeo già in anni precedenti: nel 2013 scrivendo la canzone Lasciami cadere che Settembre incide per il programma televisivo Io Canto condotto da Gerry Scotti e nel 2018 scrivendo il brano Su che lo portò alla vittoria del FestivalShow. Questo passaggio rivela due aspetti chiave: da un lato, la visione a lungo termine di Viscuso nel riconoscere e accompagnare un talento; dall’altro, il suo ruolo, non solo tecnico, di guida e tutor artistico. In un’epoca in cui la scoperta di nuovi interpreti spesso passa per la logica del «talent show & follower», il produttore siciliano sembra operare invece secondo una strategia più classica: individuare, curare, far crescere.
La Produzione Discografica e la Formazione Professionale

Altro pilastro dell’attività di Viscuso è la produzione discografica. Tra i casi più significativi figura l’album Senza Paracadute di Giovanna D’Angi, prodotto per l’etichetta Senza Dubbi s.a.s. L’album vede la composizione dei brani scritti dallo stesso Viscuso insieme ad altri grandi nomi della canzone italiana, autori che hanno collaborato con Mina, con Gazzè Fabi Silvestri e Morandi, solo per citarne alcuni. Tra questi spicca il nome di Mauro Lusini, autore di C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones, che collabora con Viscuso per scrivere Un amore senza fine. Il disco vede collaborazioni artistiche prestigiose anche con musicisti e cantanti. Tra queste la bandoneonista argentina Marisa Marcadè e la voce di Luca Madonia, artista siciliano legato alla storia dei Denovo e alla lunga collaborazione musicale con Franco Battiato. Tutto questo evidenzia chiaramente la capacità del compositore/produttore di mettere insieme un network di qualità e di realizzare un prodotto discografico che non sia solo «emergente», ma strutturato secondo standard professionali elevati.
Accanto alla produzione, Raffaele Viscuso ha sempre riservato grande attenzione alla formazione. Negli ultimi anni è stato chiamato sia in accademie musicali private che presso scuole pubbliche a ricoprire il ruolo di docente in numerose Masterclass e Workshop dedicati al songwriting e all’industria musicale. La sua idea di musica si fonda su una concezione moderna e strutturata: l’artista non è solo interprete, ma parte di un processo creativo e produttivo che unisce arte e impresa, sensibilità e metodo. Per questo, nei suoi corsi e nelle sue produzioni, insiste sull’importanza della professionalità, della collaborazione e del rispetto dei tempi di maturazione di ogni progetto artistico. Inoltre, nell’ottica di aiutare i giovani artisti emergenti a farsi notare dalle più importanti case discografiche ha organizzato Masterclass ospitando figure di primo piano del settore, tra cui A&R di Major come Sony, Universal e Sugar. In queste occasioni, questi professionisti hanno condiviso con i giovani cantanti i meccanismi del mercato discografico e le dinamiche editoriali oltre ad ascoltare attentamente i progetti musicali proposti.
La Dimensione Etica e Sociale dell’Arte
Oltre la visibilità dei palcoscenici e il prestigio delle firme discografiche, l’opera di Viscuso rivela una profonda tensione etica. L’artista non percepisce la sua arte come un fine meramente commerciale, ma come un veicolo di risonanza empatica. Attraverso progetti come il brano Insieme per l’Associazione MARIS o per il progetto Fuori dal ring, egli dimostra come la creatività possa essere impiegata per dare voce a fragilità e consapevolezze spesso marginalizzate dal clamore mediatico.
La sua ultima tessitura, Avatar (ottobre 2024), co-scritta con Davide De Marinis, e interpretata dallo stesso De Marinis insieme alla giovane cantante ligure NeVe, riflette proprio questa costante indagine sulle grandi tematiche, ponendosi come un punto fermo nella musica che ambisce a una lettura profonda del contemporaneo. La scelta di dedicare la propria capacità a cause che richiedono delicatezza e autenticità eleva la sua figura al di là del ruolo di compositore, rendendolo un catalizzatore culturale la cui musica si fa strumento di cambiamento e di riflessione.
Raffaele Viscuso è una figura cardinale che continua a definire le coordinate del pop italiano, coniugando con maestria la tecnica compositiva con una profonda missione culturale e sociale.
Intervista a cura di Laura Marà

La collaborazione su Imbarazzismo con Platinette è emblematica: quanto è difficile preservare l’integrità del messaggio quando il brano viene vestito da un’identità così forte? Dove sta il confine tra l’arte e l’effetto show in quel preciso contesto?
Imbarazzismo nasce da un testo intenso e profondo scritto da Roberta Marten. Quando l’ho letto per la prima volta, mi ha colpito la forza del messaggio e la capacità di affrontare il tema del pregiudizio con sensibilità e lucidità. Da lì è iniziato un lavoro di rielaborazione: ho adattato il testo rispettando la sua essenza, scritto la linea melodica e costruito l’intero impianto musicale. Da subito ho sentito che quel messaggio meritava di raggiungere un pubblico più ampio. È da questa convinzione che è nata l’idea di coinvolgere Platinette. La sua figura, forte e controversa, rappresentava perfettamente lo spirito del brano: una voce libera, capace di incarnare in prima persona la lotta contro ogni forma di discriminazione. Volevo che la canzone avesse anche un valore simbolico e mediatico, e l’incontro tra quel testo e la sensibilità di Platinette mi è sembrato il modo più autentico per amplificarne il messaggio. È così che ho deciso di contattare personalmente Mauro, attraverso il suo manager. La scelta non è stata dettata dal desiderio di creare uno show, ma dalla volontà di dare più forza e visibilità ad una causa. La collaborazione è nata in modo naturale: Mauro ha abbracciato subito il progetto e ne ha compreso la valenza sociale oltre che musicale. Oltre a cantare una parte del brano ha collaborato anche sulla regia del videoclip. Il risultato è stato un equilibrio tra musica, contenuto e personalità: l’arte al servizio di un messaggio sociale, reso più incisivo proprio grazie alla presenza di chi, con la propria identità, ha fatto della libertà un atto quotidiano.
Musica e dolore: un binomio complesso. Prima di comporre la prima armonia per una causa come MARIS, il suo cuore di compositore deve ‘sintonizzarsi’ sulla dignità di chi soffre, sul dovere di sensibilizzare, o su un punto di speranza personale? Qual è la bussola emotiva da cui non si può prescindere?
Quando mi è stato chiesto di scrivere una canzone per MARIS Onlus, ho sentito subito la responsabilità di affrontare un tema tanto delicato: le malattie infantili. Prima ancora di pensare a una melodia, ho sentito il bisogno di ascoltare le storie, le emozioni, i silenzi di chi vive ogni giorno la realtà della malattia. In quei momenti capisci che la musica non può essere un esercizio estetico: deve diventare un canale di empatia, un modo per restituire dignità e voce a chi spesso non ne ha. La mia “bussola emotiva” è stata proprio questa: trasformare il dolore in energia positiva, la fragilità in luce. Ho rielaborato tutto partendo da un concetto molto semplice: “l’unione fa la forza”. Per questo la canzone l’ho intitolata Insieme. Un brano solare, con una melodia semplice che può facilmente essere cantata, soprattutto dai bambini. Credo che la musica, quando incontra il dolore, debba fare ciò che sa fare meglio: offrire conforto, accompagnare e magari, dare, anche solo per un istante, la sensazione a chi ascolta di non essere solo. Ringrazio ancora Maria Grazia Cucinotta per la disponibilità e la partecipazione.
Pensi che la musica di oggi conservi ancora la stessa autenticità e urgenza espressiva di quella di una volta, o è cambiato anche il modo in cui gli artisti comunicano con il pubblico?

Penso che esistano artisti veri ed altri costruiti… accade oggi così come è avvenuto in passato.
Nelle tue Masterclass parli spesso di professionalità e metodo: quali sono gli errori più frequenti che noti nei giovani artisti di oggi?
La mancanza di formazione e conoscenza. Ci sono ragazzi che studiano canto per anni e poi non conoscono nulla di tutto il mondo che gira attorno a questo settore… inconcepibile!
Quanto conta conoscere i meccanismi dell’industria discografica per potersi esprimere liberamente come artista?
Conoscere i meccanismi dell’industria discografica è fondamentale, anche se non va confuso con il bisogno di conformarsi ad essi. La libertà artistica e la consapevolezza professionale sono due aspetti diversi, ma inevitabilmente si intrecciano. Oggi ogni artista ha la possibilità di esprimersi in piena autonomia: può scrivere, arrangiare, produrre e distribuire la propria musica senza il supporto di una casa discografica o di un editore. È una rivoluzione straordinaria, ma anche un terreno complesso, perché la libertà totale spesso si scontra con la difficoltà di emergere in un mercato saturo e frammentato. Molti ragazzi credono che basti pubblicare un brano online per costruire una carriera, ma la realtà è molto diversa. Conoscere a fondo come funziona il settore, le sue regole, le figure professionali, i contratti, i diritti, significa soprattutto proteggersi. Serve per evitare le “trappole” di chi si presenta come produttore, manager o editore senza esserlo davvero o saperlo fare, e che spesso approfitta dell’entusiasmo dei più giovani. Durante le masterclass che organizzo o a cui partecipo come ospite, cerco proprio di fare chiarezza su questi aspetti. Spiego ai ragazzi che vogliono intraprendere la strada del canto pop che, a differenza di altre professioni, non esiste un percorso lineare o certificato. Non ci sono esami di abilitazione o titoli che garantiscano il successo. Esiste invece un cammino fatto di studio, incontri, esperienze e anche di errori da cui imparare. La conoscenza dell’industria discografica, quindi, non limita la libertà creativa: al contrario, la rende più solida. Sapere come muoversi, con chi parlare e cosa evitare significa poter fare le proprie scelte artistiche con maggiore autonomia e consapevolezza.
Quando componi, ti capita di sentire l’eco di qualche artista che ti ha formato o ispirato? Cosa di lui o lei ti ha lasciato il segno più forte?
Certo, credo che ogni compositore porti dentro di sé l’eco di ciò che ha amato e ascoltato. La musica che ci forma diventa una sorta di impronta emotiva: non la copi, ma la assorbi. A volte, mentre compongo, mi accorgo che una certa progressione armonica o una melodia mi riporta inconsciamente a quegli artisti che mi hanno insegnato cosa significa “dire qualcosa” attraverso le note. In fondo, le ispirazioni sono come lumicini che ti orientano e anche se cerchi sempre una voce tua, è bello sapere che, in qualche modo, dentro ogni brano c’è anche un piccolo frammento della musica che ti ha fatto diventare chi sei.
Ti capita mai di non riconoscerti più in un brano che hai scritto tempo fa? Come vivi quella distanza artistica?
A volte avverto una distanza nella costruzione melodica o negli arrangiamenti perché la musica evolve, il gusto cambia. È naturale che ciò che un tempo ti sembrava molto interessante oggi possa suonare diverso. Sul piano del testo, invece, no. Se una canzone è nata da un’emozione sincera, quella verità resta. Magari col tempo cambia la prospettiva, maturano le esperienze, ma ciò che hai scritto continua a rappresentare una parte autentica di te, anche se appartiene a un “te” di un’altra fase della vita. In fondo, ogni brano è una fotografia emotiva di un momento preciso. Non serve riconoscersi pienamente in tutte le canzoni del passato: basta accettare che in ognuna di esse vive una parte della persona che sei stato.
Puoi raccontarci qualcosa sui tuoi prossimi progetti? C’è qualcosa di nuovo che bolle in pentola dal punto di vista musicale o creativo?
Non parlo dettagliatamente dei progetti futuri fin quando non si realizzano. Posso solo dire che sto collaborando, in qualità di autore con degli editori per dei progetti molto interessanti. In qualità di produttore, invece, c’è la collaborazione con Vera Dragone, bravissima attrice e cantante. Con lei abbiamo già realizzato un primo singolo Bad girl che la rappresenta molto sia come artista che come donna. Una donna forte, indipendente, che sa quello che vuole. In qualità di attrice Vera ha già lavorato con nomi importanti da Jane Fonda, Diane Keaton, Lillo e Greg e da gennaio sarà protagonista di A casa tutti bene del grande Gabriele Muccino. Un adattamento teatrale dell’omonimo film del 2018. Probabilmente usciremo con un secondo singolo nella primavera del prossimo anno.
