Attualità
Il braccialetto elettronico in Italia

Negli ultimi mesi il braccialetto elettronico è tornato al centro del dibattito giuridico e sociale, soprattutto in relazione ai casi di violenza di genere.
di avv. Giuliana Scrocca
Negli ultimi mesi il braccialetto elettronico è tornato al centro del dibattito giuridico e sociale, soprattutto in relazione ai casi di violenza di genere. Infatti a causa di episodi di evasione, mancate attivazioni o malfunzionamenti sono venuti alla luce i limiti strutturali e le carenze operative del sistema italiano. Il braccialetto elettronico utilizzato per gli arresti domiciliari è un dispositivo di controllo che permette di monitorare la posizione di un individuo sottoposto a questa misura cautelare, assicurando il rispetto delle restrizioni imposte. Funziona tramite un sistema di tracciamento GPS e un’unità di ricezione installata nell’abitazione, segnalando eventuali allontanamenti o manomissioni alle autorità competenti. L’articolo 275 del codice di procedura penale prevede inoltre che la scelta di utilizzare il braccialetto elettronico debba essere motivata dal giudice e che la durata dell’utilizzo del dispositivo non possa superare i due anni, salvo eccezioni.
In questo senso, il recente inserimento dell’articolo 97-ter nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale rappresenta un passo in avanti poichè introduce l’obbligo per la polizia giudiziaria, insieme alla società del gruppo Fastweb incaricata a fornire i dispositivi anti stalking al ministero dell’Interno di verificare la fattibilità tecnica ed operativa del dispositivo con un contratto che prevede l’attivazione di un numero mensile di 1000 braccialetti. L’ordine del giorno, approvato dal Senato, impegna il Governo a tradurre queste norme in prassi concrete: dall’istruzione degli indagati sull’uso corretto del braccialetto, fino alla gestione degli allarmi e alla presentazione di una relazione semestrale al Parlamento sull’efficacia dello strumento. Secondo dati aggiornati e forniti dal ministro dell’interno i braccialetti elettronici attivi in Italia sono 10.458, di cui 4.677 antistalking in deciso aumento rispetto agli anni precedenti. Comunque le criticità di questi dispositivi sono principalmente tecniche per difetti del braccialetto o anche per assenza di segnale o per uso scorretto da parte dell’indagato e pur essendo un deterrente non sono sempre la soluzione più adatta e ogni applicazione deve essere valutata caso per caso.
Inoltre vi è stato un incremento esponenziale delle applicazioni: da circa 25 al mese a livello nazionale si è passati a 500, rendendo insostenibile il sistema di monitoraggio con le risorse attuali. In Europa però possiamo citare esempi virtuosi come la Spagna che con la legge n. 1/2004 è stata la prima a introdurre i dispositivi elettronici per il monitoraggio degli autori di violenza di genere e il sistema telematico implementato nel 2009 consente un controllo in tempo reale, la Francia adotta invece un approccio fondato su valutazioni multidisciplinari e centrali operative attive 24 ore su 24, mentre nel Regno Unito esiste una figura dedicata, il “responsible person for electronic monitoring”, che supervisiona gli allarmi e coordina gli interventi con le forze dell’ordine.
In Italia quindi per evitare che il braccialetto elettronico diventi una mera illusione di sicurezza servono protocolli precisi, esperti formati e risorse umane adeguate anche al di fuori della polizia giudiziaria con una struttura di controllo capillare e competente .