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Yemen: 400mila bambini rischiano di morire di fame a causa della guerra

‘Caccia’ dell’Arabia Saudita bombardano pescherecci e terreni coltivabili per mettere alla fame il Paese. Oltre 400mila bambini rischiano di morire di fame e aumentano i morti per colera o denutrizione.
di Vito Nicola Lacerenza
Da quattro anni lo Yemen è teatro di una guerra che ha condannato alla povertà assoluta 22 milioni di persone (il 75% della popolazione locale) dando vita ad una delle crisi umanitarie più gravi degli ultimi tempi. Oltre otto milioni di yemeniti soffrono di denutrizione, migliaia di persone sono decedute a causa di un’epidemia di colera e 400.000 bambini con un’età inferiore ai cinque anni rischiano di morire di fame. Secondo gli osservatori il numero di vittime civili è destinato a crescere finché nel Paese non avrà fine lo stato di anarchia che si protrae dal 2011. Anno in cui il popolo yemenita si è ribellato contro il dittatore Ali Abdullah Saleh, che è fuggito all’estero lasciando il posto al suo vice Abdrabbuh Mansour Hadi. Una volta salito al potere, Hadi si è ritrovato a dover governare un Paese sull’orlo della guerra civile, dove i militari rimasti fedeli all’ex dittatore seminavano il terrore tra la popolazione affamata, che contemporaneamente protestava contro la corruzione dilagante e le stridenti disuguaglianze sociali. Approfittando del caos generale, gli Huthi, una milizia armata anti-governativa composta da musulmani sciiti, hanno lanciato un’offensiva militare contro il regime di Abdrabbuh Mansour Hadi, musulmano sunnita. L’operazione si è rivelata un successo e la capitale yemenita, Sana’a, sarebbe caduta in mano ai ribelli se una coalizione militare, guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta da USA, Regno Unito e Francia, non fosse intervenuta militarmente per fermare l’avanzata degli Huthi. I quali devono i loro successi militari al sostegno materiale e logistico dell’Iran, Paese sciita e principale rivale dell’Arabia Saudita che, oltre ad essere una nazione sunnita, è anche la principale alleata di USA, Regno Unito e Francia. Basta pensare che l’hanno scorso l’America ha venduto all’Arabia Saudita armi per un oltre 110 miliardi di euro.
Gli Huthi dispongono di un arsenale di gran lunga inferiore a quello dell’esercito saudita, che, tuttavia, non vuole sconfiggere i suoi avversari schiacciandoli con un’invasione militare, ma mirano a ridurli alla fame. La strategia dell’Arabia Saudita è quella di produrre una “carestia artificiale” e mettere in ginocchio l’intera popolazione yemenita. Lo hanno sostenuto diversi esperti che hanno notato come i raid aerei sauditi abbiano come principali obiettivi i campi coltivabili e i pescherecci. Inoltre, nei mesi scorsi i soldati sauditi hanno conquistato la città marittima di Hudaydah, nel cui porto giungevano gli aiuti umanitari inviati dalla comunità internazionale. Per impedire che i rifornimenti venissero inviati ad altri porti, l’Arabia Saudita ha organizzato blocchi navali di fronte alle coste yemenite, riducendo drasticamente le importazioni. Dopo questa operazione i prezzi dei principali prodotti a limentari hanno raggiunto cifre esorbitanti costringendo milioni di yemeniti a cibarsi tutti i giorni di pane, tè e foglie di vite per sopravvivere. Per la gente comune fare la spesa è diventata un’impresa impossibile anche a causa della guerra economica messa in atto dall’Arabia Saudita, che ha il pieno controllo della politica yemenita in quanto garantisce l’esistenza del regime di Abdrabbuh Mansour Hadi. Il dittatore negli ultimi anni ha preso provvedimenti che vanno contro gli interessi del suo stesso Paese: ha fatto stampare 600 milioni di riyal (la valuta yemenita) per far salire l’inflazione, ha sospeso il pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici che lavorano nelle zone occupate dagli Huthi, dove vive l’80% della popolazione yemenita che ha visto aumentare notevolmente la pressione fiscale. In seguito a questi provvedimenti del Governo centinaia di migliaia di famiglie yemenite, molte delle quali in passato benestanti, sono rimaste prive di reddito e sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari.