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Cinema & Teatro

War. La guerra desiderata e il futuro incerto di Life Is not a Game alla Festa del Cinema di Roma

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War. La guerra desiderata
Tempo di lettura: 4 minuti

War. La guerra desiderata di Gianni Zanasi con la sua guerra assurda in Europa e un’Europa che ha bisogno di aprire gli occhi sul futuro in Life Is not a Game, il documentario di Antonio Valerio Spera sulla Street artist romana Laika, alla diciassettesima Festa del cinema di Roma.

Dove l’umanità? Boh!

L’interrogativo pasoliniano rimbomba più che mai in questo momento storico, dove ci si trova alle prese con una guerra brutale e insensata; e proprio la guerra e ciò che essa provoca nell’animo umano ha riguardato due proiezioni alla Festa del Cinema di Roma: la commedia War. La guerra desiderata di Gianni Zanasi (sezione Grand Public) e il documentario Life is not a game (sezione Freestyle) del regista Antonio Valerio Spera.

War. La guerra desiderata

Miriam Leone in War. La guerra desiderata

Il primo, un film attuale e scritto ante pandemia, in cui a essere in guerra é l’Italia, ridotta a scenario quasi apocalittico in cui si snodano le vicende di personaggi tormentati strappati dall’ordinario.

L’altro, un racconto su Laika, la street artist irriverente romana che, finita la pandemia, si mette in viaggio nei Balcani per denunciare le violenze della polizia sui migranti alle prese con il Game, cioè il tentativo di attraversare il confine con la Croazia.

War. La guerra desiderata: il conflitto come condizione inevitabile per l’uomo

War. La guerra desiderata

Edoardo Leo e Giuseppe Battiston in War. La guerra desiderata.

Durante una festa una ragazza italiana viene uccisa da un ragazzo spagnolo; sarà l’inizio della fine. A causa di questo incidente Italia, Spagna e Francia entreranno in guerra. Una realtà inaspettata e lontana anni luce dalle vite di Tom (Edoardo Leo), laureato in lingue romanze, accondiscendente e che si ritrova a fare un lavoro che non ama per il fratello finito in coma, l’allevatore di vongole e Lea (Miriam Leone), terapeuta all’Asl con un padre sottosegretario alla Difesa e un fratello pilota di caccia.

Miriam Leone ed Edoardo Leo in War. La guerra desiderata.

I due si incontrano quando a Tom ritirano la patente per aver fumato marijuana. Dopo un primo scontro i loro destini si intrecciano e insieme cercheranno di fermare una guerra ormai imminente. Tom su consiglio dell’amico Mauro (Giuseppe Battiston), persona incompresa, repressa e irrealizzata che vede nella violenza la cura dei suoi mali, entra in una squadra di paramilitari.

Lea, dallo spirito battagliero, decisa a fermare la guerra insieme a un gruppo di amici Antonella (Carlotta Natoli), Maurizio (Stefano fresi), Lisa (Lorena Cesarini) rinchiude il padre in una spa e lo consegna ai francesi.

I due, in questa folle lotta per la vittoria e la sopravvivenza scopriranno i sentimenti che provano l’uno per l’altra e lo scompiglio che l’avvento di una guerra ha generato alla loro personalità.

 

Edoardo Leo e Giuseppe Battiston in War. La guerra desiderata.

War. La guerra desiderata e la complessità dei film contro l’orrore

Il film, malgrado un finale un po’ debole, pone delle riflessioni significative: dalla coscienza critica che viene seppellita e che andrebbe vivificata con la riflessione, alla guerra interiore che ogni personaggio deve affrontare, fino al conflitto come condizione inevitabile per l’uomo relegato nella comfort zone dopo 70 anni di pace.

«Il conflitto – dice Gianni Zanasi – penso sia il motore dell’uomo e del mondo. Dentro di noi c’é un conflitto e se non c’é non c’è la storia. Esso é non solo inevitabile, ma indispensabile perché  produce cambiamento, vita, sentimenti, con tutta la loro complessità. Il conflitto é una cosa, la guerra è un’altra. Da questa primavera sono orrificato, é  come se ci volessero portare a una realtà  in bianco e nero. I film hanno il potere di parlare ed esprimere anche violentemente la complessità dell’amore ed è con questa complessità che possiamo cercare nel nostro piccolo di fermare l’orrore».

Life is not a game: tra le opere di street art di Laika e un futuro incerto dell’umanità

 

Laika in Life is not a game

Ironia, denuncia e irriverenza: sono questi i tratti caratteristici di Laika (dal nome della cagnetta inviata nello spazio), la street artist romana dall’identità sconosciuta che si aggira per le strade di Roma con pantaloni da “attacchina”. A lei si devono le opere d’arte iconiche: Giulio Regeni e Patrick Zacki uniti da un abbraccio eterno, Soumaila Sacko, il politico ungherese József Szájer (per citarne alcune).

Life is not a game ripercorre la vita dell’artista vissuta durante il periodo della quarantena e il suo impegno sociale che l’ha condotta nei Balcani per denunciare con un poster le violenze della polizia sui migranti che fuggono nel tentativo di superare il confine con la Croazia, dove l’umanità muore.

Una scena di Life is not a game

Ne emerge un racconto intenso e  fatto di testimonianze di persone che hanno subìto atti di violenza e percosse. Persone che sognano un futuro nel proprio paese, che non sarà possibile fino a quando i paesi occidentali continueranno a sfruttarli e a deciderne le sorti.

Al termine di questo documentario, un messaggio di Laika, consegnato alla Commissione Europea su una tavola ottometrica, scuote e provoca: “Vedi il futuro?”.

 

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