Italiani nel Mondo
Veri eroi italiani da ricordare: La Vedova Stoica — Real Italian heroes to be recognized: The Stoic Widow
Veri eroi italiani da ricordare: La Vedova Stoica
Anche oggi il vero eroe da ricordare non viene dall’Italia, ma dall’estero, Adelaide in Australia. In questo caso, per motivi che saranno spiegati nell’articolo, l’eroe non ha un nome. È una donna che si era trasferita con il marito e le figlie in Australia nei primi anni ’50 e ci ha lasciato un esempio bellissimo delle difficoltà da affrontare nel nuovo paese.
Non posso nominare il soggetto, non solo perché non so se sia ancora in vita, e quindi senza il suo permesso o quello della sua famiglia, però spero di poterla identificare tramite questo articolo perché chiamarla eroe è il minimo che possiamo dire di questa signora e le altre come lei che hanno avuto vite che meritano il riconoscimento, almeno negli archivi della nostra Storia.
E nel parlare di questa donna, vogliamo fare capire che gli eroi sono di molti generi, alcuni pubblici, come Amadeo Peter Giannini, il soggetto dell’ultimo articolo di questa serie, ma molti altri hanno lottato in silenzio per un’impresa ammirevole che ha reso le loro vite un vero simbolo della condizione dei nostri parenti e amici all’estero.
Alla fine degli anni ’80 ho collaborato con un Patronato ad Adelaide in Australia. Erano i primi anni dell’Accordo di Sicurezza Sociale tra l’Australia e l’Italia che ha permesso ai nostri emigrati con almeno un anno di contributi, di poter richiedere almeno una pensione minima italiana pro-rata secondo questi contributi. Allo stesso modo, i nostri connazionali che avevano vissuto almeno un anno in Australia e che sono tornati in Patria, possono richiedere la pensione di vecchiaia australiana tramite l’INPS e quindi anche i patronati.
Ho conosciuto molti nostri connazionali pensionati in questo modo, ma una in particolare mi è rimasta in mente e credo sia ora che si sappia la sua storia.
Una mattina si è presentata una signora per fare domanda di pensione da vedova in base ai contributi del marito in Italia.
Questa signora mi ha spiegato che, oltre a pochi contributi, il marito aveva combattuto come artificiere nell’ultima guerra mondiale e quindi aveva pieno diritto alla pensione italiana. Lei ha poi spiegato che l’unico lavoro che lui aveva potuto trovare nel nuovo paese era arrivato proprio a causa del suo servizio militare.
Lavorava infatti in miniera a posizionare le cariche per aprire il varco per gli altri lavoratori e lui era deceduto per l’esplosione di una di queste cariche.
Questa sua storia mi ha colpito, soprattutto quando mi ha raccontato le difficoltà che ha dovuto superare per poter far crescere le loro due figlie. E la cosa più incredibile era che, da sola, con tutte le barriere create prima del decesso del marito e poi dalle difficoltà normali di vivere in un paese nuovo con un’altra lingua e altre usanze, lei ha potuto far studiare le figlie che non solo hanno finito le scuole, ma una è diventata avvocato e l’altra dottore.
Nel sentire questa storia ho provato un senso di felicità credendo di poterla poterla aiutare a ottenere la pensione italiana, anche perché, come le ho detto quel giorno, questa pensione, con i suoi dovuti arretrati, sarebbe stata come l’eredità del marito che non aveva potuto fare prima di quel giorno tragico in miniera.
Purtroppo, nel riempire il modulo per la pensione ho scoperto che il marito era deceduto dopo 11 mesi e due settimane dopo il suo arrivo in Australia. In parole povere, non aveva vissuto il minimo di 12 mesi in Australia necessari per la pensione in convenzione.
Confesso che dentro di me sentivo la voglia di poter “giocare” con la domanda per aiutarla a ottenere la più che meritata ricompensa per la sua perdita e vita, ma sapevo benissimo che la domanda doveva essere accompagnata dalla necessaria documentazione e quindi non sarebbe stato possibile in ogni caso. Allora ho avuto il doloroso compito di informarla che non era possibile poter presentare la domanda.
Quel che mi ha colpito in particolare è stata l’espressione sul suo viso che aveva ancora la bellezza della sua gioventù. La sua reazione non fu solo di uno stoicismo straordinario, sicuramente il risultato di quella vita straordinaria, ma anche di una dignità unica perché, come disse lei, aveva sempre le figlie come miglior ricordo del marito e i loro studi erano indubbiamente il miglior omaggio che poteva fare al suo ricordo.
Quella notte ho dormito poco per i pensieri.
Vorrei tanto poter chiedere al Patronato di sapere, se ancora possibile, il nome di quella signora. Tristemente, anche se esistessero ancora gli archivi di una trentina di anni fa, apparirebbe solo il nome con la semplice annotazione “consultazione” per cui non potrei identificala in quel modo.
Ma non sarebbe giusto lasciare questa storia senza un epilogo finale felice. In questa rubrica “Italiani nel Mondo” abbiamo sempre cercato di fare capire che la Storia della nostra Emigrazione non è composta solo dalle statistiche fredde di quante persone sono partite e dove sono andate.
La vera Storia è composta dal racconto di storie vere di queste vite e che siano documentate, sia nel successo che nel fallimento, perché ogni vita merita di essere raccontata e fare parte della nostra Storia.
Per questi motivi vorrei utilizzare questo articolo per fare una richiesta diretta alla comunità italiana ad Adelaide, tramite il nuovo Comites appena entrato nel suo periodo di servizio alla comunità, e tramite il Comites fare una richiesta al dott. Adriano Stendardo, il Console d’Italia attuale nella città.
Chiedo a loro di fare un appello alla nostra comunità in quella città per sapere se la signora sia ancora in vita, oppure se possiamo identificarla.
Se riuscissimo a trovare la famiglia vogliamo chiedere a loro di scrivere un articolo della Storia tragica di quella coppia che invieremo poi anche al Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana a Genova da includere nel loro archivio, così questa loro Storia non sarà mai dimenticata.
Inoltre, avrei un suggerimento insolito da indirizzare al nostro Console. Troppo spesso le onorificenze sono date a persone che hanno dato contributi alla comunità in qualche modo. Vorrei chiedergli, se la signora sia ancora in vita, di nominarla per un’onorificenza come simbolo della lotta ed ostacoli che moltissimi nostri connazionali hanno dovuto superare per fare una vita nuova all’estero.
E quale miglior esempio possiamo dare se non la vita di questa vedova stoica che non ha permesso alla tragedia di impedirle di realizzare il sogno che lei e suo marito avevano in serbo per le figlie, e che era stato il motivo per cui erano emigrati in Australia?
I Lettori che possono aiutarci ad indentificare questa signora, oppure vorrebbero inviarci un’altra storia altrettanto importante potranno inviare l’informazione o l’articolo a: giannipezzano@thedailycases.com.
Real Italian heroes to be recognized: The Stoic Widow
Today too the real Italian hero to be recognized does not come from Italy but from overseas, Adelaide in Australia. In this case, and for reasons which will be explained in the article, the hero does not have a name. The hero is a woman who moved to Australia with her husband and their two children in the early ‘50s and gives us a beautiful example of the hardships to be faced in the new country.
I cannot name the subject, not only because I do not know if she is still alive, and therefore without her permission or the permission of her family, but I hope to be able to identify her through this article because calling her a hero is the least we can say about this woman and the others like her who had lives that deserve recognition, at least in the archives of our history.
And in talking about this woman we want to make it clear that there are many types of heroes, some public, such as Amadeo Giannini, the last subject of this series, but many others struggled in silence to carry out admirable feats that makes their lives a true symbol of the lives of our relatives and friends overseas.
At the end of the ‘80s I collaborated with a Patronato (welfare agency of an Italian trade union) in Adelaide. These were the first years of the Social Security Agreement between Australia and Italy that allowed our migrants with at least one year of contributions to be able to apply for at least a minimal pro-rata Italian pension according to their contributions. In the same way our fellow countrymen and women who had lived for at least 10 years in Australia who returned to their homeland can apply for an Australian old age pension through INPS (Italian Social Security agency) and therefore through the Patronati.
I met many of our retired countrymen and women in this way but one in particular stuck in my mind and I believe it is time that her story is known.
One morning the woman came to apply for a widow’s pension based on her husband’s contributions in Italy.
The woman explained to me that, in addition to a few contributions, he had fought as a sapper in the last world war and therefore she had every right to the Italian pension. She then explained that the only job he could find in the new country came precisely because of his military service.
He worked in a mine placing explosive charges to open passages for the other workers and was killed due to the explosion of one of these charges.
Her story struck me, above all when she told me about the hardships that she had to overcome to bring up their two daughters. And the most incredible thing was that, on her own and with all the barriers created first by her husband’s death and then by the normal hardships of living in a new country with another language and new customs, she was able to let her daughters study, not only finishing school but one went on to become a lawyer and the other a doctor.
On hearing this story I felt a sense of happiness to being able to help her obtain the Italian pension, also because, as I told her, this pension, with the due arrears, would have been like an inheritance from her husband that he had not been able to do before that tragic day in the mine.
Unfortunately, as we filled in the application form for the pension I discovered that the husband had died 11 months and two weeks after his arrival in Australia. In other words, he had not lived the minimum 12 months in Australia required to qualify for the pension under the Agreement.
I confess that I felt the desire to be able to “play” with the application to help her obtain the more than deserved recompense for her loss and life but I knew full well that the application had to be accompanied by the required documentation and therefore this would not have been possible in any case. So I had the painful task of informing her that it was not possible to be able to present the application.
What struck me in particular was the expression on her face that still had the beauty of her youth. Her reaction was not only of extraordinary stoicism, surely the result of that extraordinary life, but also a unique dignity because, as she said, she always had her daughters as the best memory of her husband and their studies were undoubtedly the best homage that she could pay to his memory.
That night I slept little due to my thoughts.
I wish I could ask the Patronato to name this woman, if it is still possible. Sadly, even if the archives of thirty odd years ago still existed, only her name would appear with the simple annotation ”consultation” so I could not identify her in that way.
But it would not be right to leave this story without a happy ending. In this “Italiani nel mondo” (Italians in the world) column we have always tried to make people understand that the history of our migration is not made up of only cold statistics of how many people left and where they went.
Real history is made up of telling the true stories of these lives and to document them, both in success and in failure, because every life deserves to be told and to be part of our history.
For these reasons I would like to use this article to make a direct request to the Italian community of Adelaide though the new Comites, which has just come into its period of service to the community, and through the Comites to make a request to Dr. Adriano Stendardo, the current Consul for Italy in the city.
I ask them to make an appeal to our community in that city to find out if the woman is still alive or if we can identify her.
If we manage to find this family we want to ask them to write an article of the history of that tragic couple that we will send also send to the Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (National Museum of Italian Migration) in Genoa to add to their archive so that their story will never be forgotten.
Furthermore, I would like to make an unusual request to our Consul. Too often honours are given to people who have given contributions to the community in some way. I would like to ask him, if the woman is still alive, to nominate her for an honour as a symbol of the struggle that many of our countrymen and women had to overcome to make a new life overseas.
And what better example can we give if not the life of this stoic widow who did not let tragedy prevent her from making true her and her husband’s dream for their children, which was the reason they migrated to Australia?
Any reader who can help us to identify this woman or would like to send us another story that is just as important, can write to us at: giannipezzano@thedailycases.com .