Diritti umani
UNICEF-Save the Children: nuovo rapporto su lavoro minorile in Siria e nei paesi colpiti dalla crisi siriana

I più vulnerabili di tutti i bambini che lavorano sono quelli coinvolti nei conflitti armati, nello sfruttamento sessuale e nelle attività illecite, tra cui l’accattonaggio organizzato e il traffico di bambini
Roma, 3 luglio – Il conflitto e la crisi umanitaria in Siria stanno spingendo un numero sempre crescente di bambini verso lo sfruttamento nel mercato del lavoro; secondo un nuovo rapporto pubblicato da UNICEF e Save the Children deve essere fatto molto di più per invertire questa tendenza.
Alcuni dati del Rapporto:
• In Giordania, quasi la metà delle famiglie dei rifugiati siriani intervistate ha riferito di aver un bambino come capofamiglia.
• In Iraq, i tre quarti (77%) dei bambini rifugiati dalla Siria che lavorano lo fanno per sostenere le famiglie.
• In Libano, quasi tre quarti (73%) dei bambini di strada sono rifugiati dalla Siria.
• Tra gli intervistati un bambino su cinque che lavora nel settore agricolo nella Valle del Giordano ha meno dii 12 anni. Lavorano 25-30 ore a settimana.
• In Giordania un bambino su tre che lavora nelle aree urbane ha meno di 15 anni. Lavorano anche bambini di sei anni.
• In Turchia bambine rifugiate siriane di appena otto anni lavorano.
• In Libano lavorano bambini di sei anni.
• Il 94% dei bambini rifugiati siriani che lavorano nel campo profughi di Za’tari in Giordania sono maschi.
• La metà delle ragazze che lavora in Giordania è impiegata nel lavoro domestico.
• In Giordania una ragazza rifugiata siriana su tre lavora nel settore agricolo.
• In Libano, un bambino di strada su tre è femmina; sono principalmente mendicanti.
• Un bambino su tre intervistato nella regione del Kurdistan iracheno è stato avvicinato per il reclutamento nei combattimenti con gruppi armati.
• La maggioranza dei bambini che lavora in Giordania lo fa per sei o sette giorni alla settimana; un terzo di loro lavora per più di otto ore al giorno.
I più vulnerabili di tutti i bambini che lavorano sono quelli coinvolti nei conflitti armati, nello sfruttamento sessuale e nelle attività illecite, tra cui l’accattonaggio organizzato e il traffico di bambini. “La crisi in Siria ha drasticamente ridotto le opportunità di sostentamento delle famiglie e impoverito milioni di famiglie nella regione, così il lavoro minorile raggiunge livelli critici”, spiega Roger Hearn, Direttore regionale per Save the Children in Medio Oriente e Eurasia. “Mentre la situazione delle famiglie diventa sempre più disperata, i bambini lavorano soprattutto per sopravvivere. Sia in Siria che nei paesi vicini, stanno diventando i principali attori economici”. Il rapporto rileva che un numero altissimo di bambini viene impiegato in condizioni di lavoro pericolose, rischiando gravi danni per la loro salute e il loro benessere. “Il lavoro minorile ostacola la crescita e lo sviluppo dei bambini, che faticano per lunghe ore per pochi soldi, spesso in ambienti estremamente pericolosi e insalubri”, spiega Peter Salama, Direttore regionale UNICEF per il Medio Oriente e Nord Africa. “Il trasporto di carichi pesanti, essere esposti a pesticidi e a sostanze chimiche tossiche e lunghe ore di lavoro: questi sono solo alcuni dei pericoli che bambini lavoratori affrontano ogni giorno in tutta la regione”. Tre bambini lavoratori su quattro che lavorano nel grande campo profughi di Za’atari in Giordania hanno segnalato problemi di salute sul posto di lavoro. Un ulteriore 22% dei bambini occasionalmente impiegato nel settore agricolo a Mafraq e nella Valle del Giordano si è infortunato durante il lavoro.Inoltre, i bambini che lavorano sono più propensi ad abbandonare la scuola – e questo si aggiunge ai timori per una “generazione perduta” di bambini siriani. UNICEF e Save the Children chiedono ai partner e ai leader dell’iniziativa “No Lost Generation”, alla comunità internazionale, ai governi che ospitano i rifugiati e alla società civile di intraprendere una serie di misure per affrontare il lavoro minorile all’interno della Siria e nei paesi colpiti dalla crisi umanitaria. Appare necessario:
– migliorare l’accesso ai mezzi di sussistenza, rendendo più fondi disponibili per le attività che generano reddito;
– garantire un’istruzione sicura e di qualità per tutti i bambini colpiti dalla crisi;
– mettere al primo posto la fine delle peggiori forme di lavoro minorile;
– investire per rafforzare i sistemi e i servizi di protezione dell’infanzia a livello nazionale e comunitario. “I bambini della Siria stanno pagando un prezzo pesante per il l’incapacità del mondo di mettere fine al conflitto”, conclude il rapporto.