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Turchia e Italia: stabilità e democrazia

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Se in Turchia fosse stata in vigore la legge elettorale approvata dal parlamento italiano, Erdogan con il suo 40,8% dei suffragi, avrebbe oggi la maggioranza assoluta del parlamento turco

 Di Claudio Rossi

Turchia-elezioni-990x678Roma, 12 giugno – Il risultato elettorale per il rinnovo del Parlamento in Turchia ha fortunatamente messo fine al progetto autoritario del presidente Erdogan, che stava transitando il suo Paese dall’occidente verso l’oriente. L’integralismo islamico è stato fermato con l’arma elettorale e, quindi, con il consenso della popolazione, proprio in un Paese a prevalente, se non totale, religione islamica. Nonostante il giudizio negativo delle borse, questo risultato non può che essere salutato con grande soddisfazione. Occorre,  però, osservare che la visione egemonica di Erdogan è stata fermata grazie a una legge elettorale che, pur prevedendo una inaccettabile soglia di sbarramento del 10%, ha garantito la presenza pluralistica delle forze politiche che rappresentano la società turca. Al fianco del partito del presidente, l’AKP, il parlamento turco vede oggi presente un partito socialdemocratico, il CHP, con più del 25% dei suffragi, un partito nazionalista, l’MHP, con più del 16%, e un partito curdo, l’HDP, con oltre il 13% dei voti. Tutto ciò porterà a ravvivare la vita democratica della Turchia (asfissiata per anni dall’autoritarismo erdoghiano) anche attraverso la formazione di governi di coalizione: un dato certamente positivo. Ne soffrirà la stabilità del Paese, ma è questo il prezzo che bisogna pagare se il popolo turco vuole definitivamente liberarsi dalle pericolose derive autoritarie, verso le quali le spingeva la politica di Erdogan e se vuole riprendere il dialogo con l’occidente  e con l’Unione Europea. Ma le elezioni turche non possono esimerci da una preoccupazione domestica. Se in Turchia fosse stata in vigore la legge elettorale approvata dal parlamento italiano, Erdogan con il suo 40,8% dei suffragi, avrebbe oggi la maggioranza assoluta del parlamento turco. Ogni speranza di rinascita democratica sarebbe definitivamente morta e il destino della Turchia, verso la totale islamizzazione, segnato. E’ questo un dato incontrovertibile, su cui, finché siamo ancora in tempo, occorre riflettere. L’italicum, approvato con uno sconsiderato atto di forza nel parlamento italiano, dovrebbe entrare in vigore nel 2016. La domanda che nasce spontanea dall’esame degli esiti elettorali turchi è, perciò, più che mai di pressante attualità: che garanzia, in termini di agibilità democratica, può dare una legge elettorale che assicura al primo partito di minoranza la maggioranza assoluta dei seggi? E ancora, sino a che punto si può sacrificare la democrazia in nome della stabilità?

Fonte: UNITA’ REPUBBLICANA  (Associazione politica per l’Italia della ragione)

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