Italia
Tra mito e tradizione il dolce della Primavera : La Pastiera napoletana.

La diffusione di pastiera, così come del casatiello, altro piatto napoletano tipicamente pasquale, risale almeno al ‘600
di Marina d’Angerio di Sant’Adjutore
Napoli, 6 Aprile – La pastiera è un dolce molto antico, le sue radici sono da ricercarsi nelle feste pagane che celebravano il ritorno della Primavera. Le sacerdotesse di Demetra (in greco: Δημήτηρ, Demeter; “Madre terra” o forse “Madre dispensatrice”, probabilmente dal nome Indoeuropeo della Madre terra *dheghom mather), dea delle messi, figlia di Cronos e Rea e sorella di Zeus, proteggeva la terra coltivata e tutti i prodotti agricoli, in particolare i cereali e le biade, il più importante nutrimento per i popoli dell’antichità. Madre terra e simbolo di fecondità (nella mitologia romana Cerere). Le sue sacerdotesse portavano in processione l’uovo simbolo della vita nascente. Il grano, o il farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe derivare dal pane di farro delle nozze romane dette:”confarratio”.
Ancora più leggendaria e mitologica la storia della sirena Partenope che incantata dalla bellezza del golfo di Napoli, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, aveva fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia. Gli abitanti ne rimasero affascinati e per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero. Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni (sette come le sette meraviglie del mondo) alla bella Partenope: 1) la farina, simbolo di ricchezza, 2) la ricotta, simbolo di abbondanza,3) le uova, simbolo di riproduzione, 4) il grano cotto nel latte, simbolo della fusione del regno animale e di quello vegetale, 5) i fiori d’arancio, profumo della terra campana,6) le spezie, omaggio di tutti i popoli, 7) lo zucchero per acclamare la dolcezza del canto della sirena. La sirena, felice, depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Questi li riunirono e mescolarono, con arti divine, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena. Nell’epoca di Costantino il Grande si diffusero focacce rituali, derivate dall’offerta di latte e miele che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale. La versione più attuale racconta che, nella pace di un antico monastero, una suora volle nel dolce della Pastiera simboleggiare la Resurrezione con il profumo dei fiori di arancio del giardino conventuale. Alla bianca ricotta mescolò un po’ di grano, che sepolto nella bruna terra, germoglia e risorge splendente come oro, aggiunse le uova, simbolo di nuova vita, l’acqua di mille fiori odorosa come la primavera, il cedro e le aromatiche spezie venute dall’Asia. E’ certo che nell’antichissimo convento di San Gregorio Armeno le suore erano reputate maestre nella complessa manipolazione della pastiera e che nel periodo pasquale ne confezionavano in grande numero per le mense delle dimore patrizie e della ricca borghesia. Ogni brava massaia napoletana si ritiene detentrice dell’autentica ricetta. Il dolce veniva solitamente preparato con un certo anticipo, non oltre il Giovedì o il Venerdì Santo, affinché tutti gli aromi si potessero bene amalgamare insieme in un unico ed inconfondibile sapore. La diffusione di pastiera, così come del casatiello, altro piatto napoletano tipicamente pasquale, risale almeno al ‘600. Lo testimonia la seguente citazione tratta dalla favola ‘La gatta Cenerentola’ di Giambattista Basile (1566–1632), il quale nel sesto racconto del ‘Pentamerone’, menziona la pastiera fra le delizie del banchetto finale e così descrive i festeggiamenti dati dal re per trovare la fanciulla che aveva perso lo scarpino: « E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato. »(Giambattista Basile, La gatta Cenerentola.) Si racconta che anche Maria Teresa d’Asburgo-Teschen, seconda moglie di re Ferdinando Carlo Maria II di Borbone [(Palermo, 12 gennaio 1810 – Caserta, 22 maggio 1859),che fu re del Regno delle Due Sicilie dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859],soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere, e da qui nasce il termine “magnatell’na risata”(tipico detto partenopeo che sollecita le genti alla ilarità). Il re esclamò: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.
INGREDIENTI :
- Per la pasta frolla: Farina 300 gr/ burro 150 gr./zucchero 150 gr/uova 3
- Per il ripieno: Grano ammollato 200 gr./latte 4 dl./burro 25 gr./Ricotta fresca (a piacere- di mucca o pecora o bufala ) 350 gr./ zucchero 300 gr./uova 5 /acqua di millefiori 80 gr./limoni 2 (o arancia 1 e limone 1)/ cedro, cocozzata, scorzette d’arancia canditi 150 gr./ zucchero a velo
PROCEDIMENTO : 1) In una terrina mettete la farina e ponete nel mezzo il burro fuso, lo zucchero, due tuorli e un uovo intero più un pizzico di sale. Lavorate bene l’impasto fino ad ottenere una massa uguale ed omogenea. Lasciate riposare l’impasto, coperto, per 30 minuti. Su una spianatoia infarinata stendete la pasta con un matterello allo spessore occorrente.
2) a)Prendete una pentola (meglio se con fondo di acciaio alto 2 cm) e mettetevi a cuocere, a fuoco basso, il grano con il latte, il burro, lo zucchero, (fate attenzione a non far attaccare il composto alla pentola!) mescolate bene fino a quando il grano apparirà sfatto. Lasciate raffreddare bene!(anche tutta la notte in frigo). Il giorno dopo passate la ricotta al setaccio e mescolatela in una terrina con 300 gr. di zucchero, aggiungetevi 5 rossi di uovo e tre bianchi battuti a neve, la scorza grattugiata di 2 limoni ( o 1 arancia e 1 limone), l’acqua di millefiori ed i canditi tagliuzzati finemente. Ed ora unite i due composti
3) Prendete un ruoto ed imburratelo bene. Ponete la pasta frolla secondo la forma e poi riempite con il ripieno (quanto basta!) senza superare il limite dell’orlo. Con la rimanente pasta frolla formate delle strisce e disponetele a forma di croce di Sant’Andrea sul ripieno.
4) Fate riscaldare il forno a 180 gradi e poi infornate per 1 ora e mezza circa /due fino a quando la pastiera si sarà colorita .Quando la pastiera diventerà bella dorata… potrete sfornare e poi lasciatela raffreddare .
5) Zucchero a velo per decorare.
Gusterete la Primavera…..La Rinascita!