Diritti umani
TikTok e la manipolazione delle menti made in Cina — TikTok and the manipulation of minds made in China
TikTok e la manipolazione delle menti made in Cina
di Marco Andreozzi
Qualche settimana fa su un treno regionale mi è capitato di osservare un ragazzo nei suoi vent’anni concentrato a sfogliare il proprio cellulare. Stava sulle pagine di Tiktok, la piattaforma sociale cinese centrata su brevissimi filmati, seguita soprattutto da adolescenti. Sbircio per un paio di minuti e, tra il susseguirsi continuo di video, a un certo punto arriva un’immagine fissa con una scritta. L’immagine è chiara: una foto del presidente cinese Xi Jinping sullo sfondo della bandiera rossa del partito comunista. Il ragazzo sta sulla foto per qualche secondo, poi la ‘consiglia’, o comunque tocca un elemento, e procede.
Tiktok in USA è utilizzato da 150 milioni di persone che vi trascorrono una media di 80 minuti al giorno, più del tempo speso su Facebook e Instagram insieme; il 45% delle adolescenti dichiarano di esserne dipendenti contro un terzo che dice lo stesso per Instagram. La casa-madre è Zijie Tiaodong (字节跳动), alias Byte Dance, nata a Pechino quando Xi ha preso il potere nel 2012. Quei quattro logogrammi danno l’idea del ‘muoversi su-e-giù con i bytes’, ricordando che il byte è una sequenza di bit (l’unità-base dell’informazione nelle scienze informatiche) che rappresenta la capacità di memoria. Un’altra traduzione è ‘picchiare con i byte’. Sta di fatto che, come tutte le imprese cinesi da una certa dimensione in su, Byte Dance ha una commissione interna del partito, partecipata dagli impiegati membri e presieduta dal vicepresidente.
E infatti è da qualche anno che si parla di bandire TikTok. I talebani afghani lo hanno fatto nel 2022 per proteggere i giovani da “falsi miti”. Tra gli enti pubblici di Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Lettonia (ministero degli esteri), Olanda, Nuova Zelanda (Parlamento), Norvegia (Parlamento) e le tre istituzioni europee (Parlamento, Commissione e Consiglio) l’app è bandita per problemi di sicurezza nazionale, protezione dei dati personali e disinformazione. In India è bandita del tutto (con molte altre app cinesi) dopo gli scontri militari di confine del 2020, a Taiwan da dicembre 2022, e da sempre in tutta la Repubblica Popolare Cinese (ironico?), dove si usa una versione diversa con altro nome, controllata dalla censura e limitata nel tempo di utilizzo per i giovani.
Ultimamente si parla dei pericoli dell’intelligenza artificiale (IA), ma la questione è legata solo all’opportuno apprendimento nell’uso della tecnologia. Per guidare l’auto c’è un’età di legge, si supera un esame e si guida sobri, senza per questo sentirci meno liberi. In USA di recente la Corte Suprema ha respinto il ricorso di tal Stephen Thaler per il rifiuto di concedere due brevetti a prodotti creati con l’IA, registrando il suo DABUS quale “inventore”. La motivazione è che solo gli esseri umani possono ottenere diritti d’autore. Il Thaler contesta il verdetto in USA, Gran Bretagna ed Europa, giacché (The Economist) è convinto che DABUS abbia capacità sensoriali e una sorta di coscienza. Se questa assurdità riflette i pericoli paventati (vedi per Chat GPT), altrettanto fallace è quanto dichiara la Cina circa l’IA che “deve riflettere i valori del socialismo”. E’ un po’ come adottare l’auto in luogo della carrozza e farla trainare dai cavalli: si va più lenti, in salita si arranca e poi, inevitabile, si precipita. Ma nel mondo libero urge regolamentare l’uso delle app sociali (giuristi e tecnologi finalmente insieme?), a costo di rischiare i voti dei giovani. Esattamente come la patente per l’auto, e senza per questo sentirci meno liberi.
TikTok and the manipulation of minds made in China
by Marco Andreozzi
A few weeks ago on a regional train I happened to observe a boy in his twenties concentrating on leafing through his mobile phone. He was on the pages of Tiktok, the Chinese social platform centered on very short videos, followed above all by teenagers. I peek for a couple of minutes and, among the continuous succession of videos, at a certain point a still image arrives with a text. The picture is clear: a photo of Chinese President Xi Jinping against the backdrop of the Communist Party’s red flag. The boy stays on the photo for a few seconds, then ‘likes’ it, or in any case taps an element, and proceeds.
Tiktok in the USA is used by 150 million people who spend an average of 80 minutes a day on it, more than the time spent on Facebook and Instagram combined; 45% of teenage girls say they are addicted against a third who say the same for Instagram (The Economist). The parent company is Zijie Tiaodong (字节跳动), alias Byte Dance, started up in Beijing when Xi took power in 2012. Those four logograms give the idea of ‘moving up-and-down with bytes’, recalling that the byte is a sequence of bits (the basic unit of information in computer science) which represents the memory capacity. Another translation is ‘to hit with bytes’. The fact is that, like all Chinese companies of a certain size and up, Byte Dance has an internal party commission, attended by member employees and chaired by the vice president.
And in fact, there has been talk of banning TikTok for a few years. The Afghan Taliban did it in 2022 to protect young people from “false myths”. Among the public bodies of Australia, Belgium, Canada, Denmark, France, Latvia (foreign ministry), the Netherlands, New Zealand (Parliament), Norway (Parliament) and the three European institutions (Parliament, Commission and Council) the app is banned for national security, privacy, and disinformation concerns. In India it is banned completely (with many other Chinese apps) after the military border clashes of 2020, in Taiwan since December 2022, and since the beginning in the People’s Republic of China (ironic?), where a different version is used with another name, controlled by censorship and with time-limited use for young people.
Lately there has been talk of the dangers of artificial intelligence (AI), but the issue is only related to the appropriate learning in the use of technology. To drive a car there is a statutory age, you pass an exam and drive sober, without feeling less free. In the USA, the Supreme Court recently rejected the appeal of a certain Stephen Thaler for the refusal to grant two patents to products created with AI, registering his DABUS as an “inventor”. The reasoning is that only human beings can obtain copyrights. Thaler disputes the verdict in the USA, Great Britain and Europe, since (The Economist) is convinced that DABUS has sensory capabilities and a sort of conscience. If this absurdity reflects the feared dangers (see for Chat GPT), equally fallacious is what China declares about AI which “must reflect the values of socialism”. It is a bit like adopting a car instead of the carriage and having it horse-drawn: you go slower, you trudge uphill and then inevitably, you fall. But in the free world it is urgent to regulate the use of social apps (lawyers and technologists eventually together?), at the cost of risking the votes of young people. Just like a car driving licence, and without feeling less free for this.
Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.