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Diritti umani

“Ti amo se ti rispetto”, un progetto di prevenzione alla violenza

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Nato grazie all’impegno dell’associazione Fermati Otello con il patrocinio e il sostegno del Comune di Milano, il progetto è partito in tre scuole superiori milanesi e i primi risultati della ricerca dicono che gli studenti vogliono affrontare la questione della violenza, che li riguarda da vicino

fermatiotelloMilano, 23 marzo  – È partito in tre istituti superiori milanesi il progetto educativo “Ti amo se ti rispetto” dell’associazione Fermati Otello, rivolto agli studenti e pensato per prevenire la violenza di genere. Il percorso, patrocinato e sostenuto dal Comune di Milano, è iniziato lo scorso dicembre e ha coinvolto gli studenti di tre scuole superiori della città, una classe del terzo anno dell’Istituto professionale Bertarelli, due classi, una terza e una quarta, del Liceo scientifico Virgilio e tre classi del quarto anno del Liceo scientifico Alessandro Volta. Il progetto prevede due fasi, la prima, già realizzata, è un’indagine esplorativa sulla percezione della violenza da parte delle ragazze e dei ragazzi, mentre la seconda prevede un lavoro di formazione in classe con tre incontri in aula, di due ore, condotti da psicoterapeute. Questa comincerà a fine marzo e terminerà a giugno. L’intero progetto è stato seguito da Fernanda Sibilio, psicologa e vicepresidente dell’associazione Fermati Otello, mentre la ricerca vera e propria è stata condotta da Linda Gobbi Morace, sociologa e volontaria dell’associazione Fermati Otello. “Questo progetto – spiega Angelica Vasile, presidente di Fermati Otello – è l’anima della nostra associazione ed è per questo che siamo nati”. “Siamo convinti – dichiara Fernanda Sibilio, responsabile del progetto – che la prevenzione nelle scuole sia il modo più efficace per affrontare il problema della violenza nelle relazioni, alla radice”.  “L’indagine – spiega Linda Gobbi Morace, responsabile della ricerca – è stata accolta con partecipazione dagli studenti, tanto che in alcuni questionari è stata ritrovata la frase “grazie per averci permesso di parlare di questi temi”. È emerso da parte degli studenti un bisogno di lavorare insieme per affrontare una questione che li riguarda da vicino”. “L’Amministrazione Pisapia – ha dichiarato la delegata del Sindaco alle Pari Opportunità Francesca Zajczyk – è orgogliosa di sostenere questa iniziativa di sensibilizzazione contro la violenza nelle scuole. ‘FermatiOtello’ è una realtà che lavora sul territorio con entusiasmo sulle tematiche di genere rivolgendosi con particolare attenzioni ai più giovani, rendendoli protagonisti attivi e consapevoli. Colpisce che nella ricerca effettuata tra gli studenti ricorra molto spesso nelle loro risposte la questione dell’aggressività nelle relazioni interpersonali: ciò mostra un grado significativo di consapevolezza, che appartiene in buona percentuali anche ai maschi, e che ci auguriamo che, quindi, possa trasformarsi positivamente anche nella pratica quotidiana”. “Un progetto importante – l’assessore all’Educazione e Istruzione Francesco Cappelli- perché ha il nobile obiettivo di cambiare la cultura di genere nella nostra società, e non solo quella. Insegnare ai ragazzi cos’è la violenza, come si manifesta e come si esercita renderà questi giovani degli adulti più consapevoli e pronti a evitare di esercitare e subire comportamenti violenti. Educare le giovani generazioni al rispetto per l’altro, che sia donna, uomo, omosessuale, straniero oppure di un’altra religione è la regola base per vivere civilmente”. La parte inziale del progetto ha coinvolto 138 studenti, che hanno compilato in forma anonima un questionario di 21 domande sulla percezione della violenza. Il primo dato della ricerca che colpisce è l’immaginario comune per ragazzi e ragazze nei confronti degli atteggiamenti violenti in termini di fisicità e sessualità. Lo scarto invece aumenta quando si ragiona sulle espressioni verbali, ad esempio sulle battute a sfondo sessuale. In questo caso le ragazze si dimostrano più sensibili alla violenza espressa verbalmente, indicata dal 39,6% dalle ragazze e dal 30,6% dei maschi. Questo significativo scarto indica che il problema si annida ancora in una cultura che continua a non sancire o condannare il linguaggio maschile offensivo nei confronti delle donne e che troppo spesso viene ancora considerato come uno scherzo, una battuta o addirittura una lusinga. Le ragazze lo colgono e lo subiscono, i ragazzi lo alimentano, considerandolo in qualche modo naturale. Questa riflessione è avvalorata anche dalle risposte sull’auto-percezione e il giudizio sui motivi per i quali si agisce adottando apprezzamenti e battute a sfondo sessuale, contatti fisici ai limiti della molestia e prese in giro sui social network: l’abbigliamento e il trucco da parte delle ragazze sembrano “giustificare qualche volta” comportamenti di questo tipo per ben il 63,8% dei maschi contro il 46,1% delle ragazze. Inoltre il 21,2% delle ragazze afferma che “bisogna stare attenti a come ci si veste o ci si trucca”. Viceversa, per le ragazze, un certo abbigliamento o una cura estetica particolare da parte dei ragazzi, induce a giustificare un loro apprezzamento verbale (70,2%) e solo una minima parte del campione (17,0%) arriverebbe a giustificare una presa in giro, anche con battute a sfondo sessuale. È in questa dimensione sottile e delicata che l’educazione deve intervenire, nella speranza di prevenire i pensieri – ancor prima che i comportamenti – offensivi e prevaricatori nei confronti delle donne. Dall’indagine sono emersi altri dati, come ad esempio la maggiore sensibilità dei ragazzi nel considerare il tema dell’aggressività nella relazione con le persone. In questo senso i ragazzi si dimostrano assai più sensibili delle loro coetanee: il 34,1% dei maschi dichiara che la violenza ha soprattutto a che fare, appunto, con l’aggressività interpersonale, rispetto al 22,6% delle femmine, che lo considera un problema rilevante. Essendo proprio i maschi a produrre maggiormente comportamenti aggressivi, ma anche osservare e subire violenza, sono essi stessi a segnalare il problema: vittime e carnefici di relazioni apertamente conflittuali, violente e aggressive. Il dato di una sostanziale parità nelle risposte tra ragazzi e ragazze si ritrova anche quando si affronta il tema della violenza subìta: la domanda “ho subito qualche volta violenza” è stata confermata dal 50,0% dei maschi e dal 50,9% delle femmine. Colpiscono, inoltre, i luoghi e le occasioni indicati come teatro dell’aggressività. Non solo lo stadio (53,6%) o le manifestazioni di piazza (46,4%), ma anche discoteche e pub (30,0%), che sono solitamente luoghi di divertimento. L’esperienza di ricerca segnala un ulteriore elemento di riflessione: le giovani generazioni incontrano “la violenza” quotidianamente. Infatti all’84,7% degli intervistati (spesso 78,8 qualche volta e 5,9% spesso) è capitato di assistere a episodi di violenza. Si è trattato soprattutto di azioni fisiche (75,9%), secondariamente di espressioni verbali (64,2%) e nel 10,2% dei casi di episodi che riguardavano la sfera sessuale. La reazione prevalente è stata quella dello “spavento” nel caso di azioni fisiche, e del “silenzio” nel caso delle espressioni verbali violente (35,8%). Ed emerge una tenue predisposizione a coinvolgere i presenti o chiedere aiuto. In particolare dall’indagine è emersa l’esigenza da parte degli studenti di affrontare la questione violenza, che coinvolge tutti gli studenti. In particolare le ragazze desiderano far comprendere il “senso dell’offesa”, anche delle battute, che non devono essere considerate uno scherzo, mentre i ragazzi dichiarano di aver assistito e di subire episodi di violenza, tanto quanto (anche se in misura leggermente inferiore) le loro compagne di classe. Tutti chiedono di offrire occasioni di approfondimento (54,8%), parlarne di più per far emergere il problema (40,7%), lavorare insieme, uomini e donne, per fare dei passi avanti (36,8%) e agire concretamente nel quotidiano (36,0%).

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