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Attualità

Stati Uniti d’Europa. Tra sogno e realtà

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I cittadini europei non possono partecipare alle elezioni nazionali di un Paese UE di cui non hanno la nazionalità, anche se vi risiedono da anni. Contraddizione o necessità?

Se un italiano risiede da 30 anni in Germania, ha il diritto di partecipare alle elezioni nazionali tedesche? Ed un portoghese che lavora da decenni in Francia, rispettando le leggi dello Stato, può recarsi alle urne per scegliere il futuro presidente transalpino?  In tutti e due i casi, la risposta è “no”. Ogni cittadino dell’Unione Europea, che risiede in un Paese UE di cui non ha la nazionalità, può “votare” o “candidarsi” alle elezioni municipali ed europee. A stabilirlo è l’articolo 22 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TUFE). La norma non menziona le elezioni regionali e nazionali, per la cui partecipazione è necessario essere cittadini del Paese dove gli appuntamenti elettorali si svolgono. In pratica, significa che solo i cittadini italiani possono votare alle elezioni nazionali e regionali italiane. Lo stesso vale per gli altri Stati UE. «Ma cosa significa essere cittadino europeo se vivi in un altro Stato membro e non hai gli stessi diritti degli altri?»- ha chiesto, durante un’intervista al giornale  francese The Local,Philippe Cayla, direttore generale dell’emittente Euronews e promotore di “Leave Me Vote” (Lasciami votare). Si tratta di una campagna che cerca di sensibilizzare le istituzioni dell’UE, affinché diano ai cittadini europei la possibilità di partecipare alle elezioni regionali e nazionali degli Stati membri in cui risiedono, pur non avendone la nazionalità. Al momento l’obiettivo di Leave Me Vote sembra ben lontano dall’essere raggiunto. Tutte le Costituzioni dei Paesi europei legano il concetto di sovranità nazionale al voto espresso dai loro popoli. Ad esempio, l’articolo 1 della Costituzione italiana stabilisce che “la sovranità appartiene al popolo (italiano) che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”; l’articolo 3 della Costituzione francese afferma che “la sovranità nazionale deve risiedere nel popolo (francese), che la esercita attraverso i suoi rappresentanti e il referendum; l’articolo 2 della Costituzione spagnola stabilisce che “la sovranità nazionale risiede nel popolo spagnolo”. Questi esempi permettono di capire come l’Unione Europea sia nata e si sia sviluppata tra le diverse, ed ancora radicate, identità nazionali degli Stati membri.

Tale situazione, però, non ha impedito ai cittadini dell’UE di godere di considerevoli vantaggi rispetto agli extracomunitari. Ad esempio, i cittadini europei hanno il diritto di spostarsi ovunque nell’Unione Europea e di risiedere in ogni Stato Membro; sono liberi di studiare e lavorare in ogni Paese UE e di essere visitati dai loro cari, senza che a questi ultimi venga richiesto un visto per viaggiare. Dopo aver risieduto per cinque anni in una nazione dell’UE, i cittadini europei posso richiedere la residenza permanente. Lo stesso diritto è riservato ai pensionati. Gli abitanti dell’Unione sono abituati a godere di questi benefici, che a volte possono apparire scontati. Ma non lo sono affatto ed è per tale ragione che Barack Obama, quando era presidente degli USA, ha definito l’Unione Europea “il più grande progetto politico della storia”. In quest’ottica, conferire alla cittadinanza europea lo stesso valore di quella nazionale potrebbe essere visto come un ulteriore sviluppo del “più grande progetto politico della storia”. Se tale passo avanti fosse compiuto, l’articolo 22 del TUFE contemplerebbe anche la possibilità, per i cittadini europei, di votare alle elezioni nazionali e regionali degli Stati membri dove risiedono e di cui non hanno la nazionalità. Ma uno scenario del genere è davvero possibile? Le attuali circostanze sembrano suggerire una risposta negativa. La lunga crisi economica, che attanaglia l’Europa da dieci anni, ha favorito il risorgere dei nazionalismi in tutto il vecchio continente. Da un capo all’altro dell’UE prendono sempre più piede i partiti cosiddetti “sovranisti”.

Queste forze politiche, oltre a considerare l’Unione Europea come un ostacolo alla sovranità dei singoli Paesi,la vedono come un ente che impone agli  Stati dell’Unione oneri economici incompatibili con gli interessi nazionali. È emblematica la frase di un video elettorale realizzato dai partiti pro-Brexit, nel 2016, in occasione del referendum: “Ogni settimana il Regno Unito manda 350 milioni di pound ai contribuenti degli altri Paesi dell’UE. Questo è il costo di un nuovo ospedale completamente attrezzato”.  Oltre il 51% degli elettori del Regno Unito ha votato a favore della Brexit. In un momento in cui l’euroscetticismo imperversa  nel vecchio continente, rivedere il concetto di sovranità nazionale farebbe risultare impopolare qualunque governo europeo. Per ora  l’articolo 22 del TUFE sembra destinato a rimanere così com’è.

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