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Tecnologia

Androidi e umanoidi, dalla fantascienza al prossimo futuro

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Nell’arco di pochi decenni la robotica complessa modificherà anche le ordinarie vite quotidiane, grazie alla presenza di robot di supporto in ambito sanitario, sociale e domestico.  

 di Antonio Virgili -pres. comm. Cultura Lidu onlus

Nel 2013, il film Her, di Spike Jonze, narra di un uomo che si innamora del partner virtuale Samantha, ovvero di un sistema operativo di Intelligenza Artificiale ad alta evoluzione ed in grado di provare emozioni. Il contesto e la narrazione di quel film risultano molto più familiari e vicini alla realtà odierna di quanto non lo fossero i personaggi di un altro film, Blade Runner, di Ridley Scott, che nel 1982 erano apparentemente ancora troppo in anticipo sui tempi con la presenza dei replicanti, androidi difficili da distinguere dagli umani.     

Oggi i futurologi danno però per inevitabile che nell’arco di pochi decenni la robotica complessa non solo modificherà ulteriormente il mercato del lavoro e le forze armate ma anche le ordinarie vite quotidiane, grazie alla presenza di robot di supporto in ambito sanitario, sociale e domestico.  

Gruppi di tecnici e di ricercatori di varie discipline stanno lavorando per realizzare non solo macchine sempre più versatili, autonome e potenti, ma anche sempre più simili alle persone ed al loro comportamento.  I robot dell’immaginario popolare, dalle goffe e vaghe sembianze umane, sono oggi affiancati da costosi e complessi umanoidi ed androidi dall’aspetto del tutto umano, con un “rivestimento” molto simile alla pelle, che stanno costantemente affinandosi nei movimenti e nelle reazioni della mimica. Potremmo dire che alcuni dei replicanti cinematografici cominciano già ad essere tra noi. 

Il rapido sviluppo di processori ad alta potenza, la miniaturizzazione delle nanotecnologie unitamente alla realizzazione di Intelligenze Artificiali sempre più vicine ad alcuni dei meccanismi cerebrali, consentono infatti di prevedere che tra un numero oramai limitato di anni pure queste macchine complesse, sebbene con diversificati livelli di sofisticazione, avranno una crescente diffusione.               

Per chiarire i termini, i robot umanoidi sono quelli che imitano le sembianze umane ma possono differirne in modo evidente, gli androidi sono invece quei robot umanoidi costruiti proprio allo scopo di sembrare il più possibile umani, fino a non distinguerli più dagli umani.  Differiscono dai cyborg, i quali sono costituiti da parti biologiche oltre che artificiali, ad esempio le protesi innestate chirurgicamente grazie all’ingegneria biomedica.   

Se non si modificherà l’attuale celerità di sviluppo tecnologico, in pochi decenni molti umanoidi potrebbero essere presenti in contesti assistenziali (ospedali, case di riposo), sportivi e di intrattenimento, domestici, oltre a quelli lavorativi (miniere, fabbriche, ecc.) e militari (questo settore risulta attualmente tra i più avanzati grazie ai cospicui finanziamenti ricevuti).   

Per la realizzazione di androidi sempre più sofisticati le principali competenze al lavoro sono quelle ingegneristiche, informatiche, mediche, neuroscientifiche ed elettroniche, che costituiscono l’ossatura portante dello sviluppo del settore robotico avanzato.  

In questo settore l’apporto degli studi di neuroscienze è importante in almeno quattro aree: 1. Spiegare il funzionamento del cervello umano e proporne schemi di ricostruzione parziale con l’IA;   2. Capire come il cervello umano percepisce gli androidi, quali differenze di attivazione cerebrale si producono e quali tipi di interazione sono possibili, riducendo il disagio spesso provato quando si interagisce con essi;    3.  Cercare di rendere gli androidi sempre più realistici nella mimica, nei gesti e nelle reazioni autonome, così da renderli sempre più naturalmente simili alle persone;  4. Migliorare il collegamento tra l’intelligenza artificiale degli androidi e le reti neurali umane, ad esempio nell’uso per persone con disabilità o deficit, per le protesi mediche o altri tipi di casi.

La ricerca sugli androidi risulta maggiormente sviluppata in alcuni Paesi, il Giappone è probabilmente al momento quello nel quale maggiormente è stata sviluppata la ricerca sugli androidi, cioè gli umanoidi creati per somigliare massimamente agli umani.   Sin dagli anni ’70 la Waseda University aveva sviluppato un progetto specifico (il Progetto WABOT) realizzando il primo androide con sensori tattili, ricettori di movimento ed in grado di parlare in modo semplificato.  Negli anni ’80 seguirono notevoli miglioramenti che consentirono all’androide di leggere e di suonare un organo. 

Sono poi arrivati i progetti della Honda, della Osaka University con il laboratorio di Robotica Intelligente diretto dal prof. Ishiguro, che realizza un androide in grado di cambiare espressione del volto e tono di voce, infine della Tokyo University of Science, continuando ad apportare ulteriori miglioramenti e capacità di movimento.   La Corea del Sud con i progetti EveR-1 e EveR-2 ha realizzato un androide che canta e danza, riproduce le espressioni emotive nel volto e riconosce le espressioni del viso altrui.  

Il Ministero Coreano delle Informazioni e delle Comunicazioni ha proposto un ambizioso piano di sviluppo della robotica immaginando alcuni insediamenti popolati quasi solo da robot e umanoidi per alcune produzioni industriali.  Particolarmente interessante notare che il Paese si sta dotando della Robotics Ethics Charter, che fissa una serie di regole da adottare per l’interazione tra umani e robot, alcuni standard nella produzione degli stessi e, non ultimo, delle indicazioni generali per prevenire forme di abuso degli umani sugli androidi e vice versa.  E’ infatti chiaro che si dovranno realizzare procedure di regolamentazione, di sicurezza e di salvaguardia sempre più ampie quanto più la IA sarà in grado di consentire macchine autonome, in grado di apprendere e di sviluppare in proprio alcune decisioni.         

Gli Stati Uniti risultano molto avanzati nel settore degli umanoidi, e della robotica in generale, ma prevalentemente per applicazioni militari, lavorando a “macchine da guerra” che possano essere messe in campo in contesti ambientali difficili, sia con funzioni prevalentemente difensive che offensive.    Per gli androidi, c’è pure stato il progetto del prof. Barry, che ha realizzato Maria Bot, un androide molto sviluppato nella mimica facciale ma meno nel movimento corporeo, che dovrebbe essere destinato all’istruzione.  Da segnalare che diverse imprese private, non solo statunitensi, stanno pure lavorando a degli androidi da destinare ad uso sessuale, si tratta di macchine (prevalentemente riproduzioni del corpo femminile, ma non solo) destinate ad intrattenimento erotico-sessuale per adulti, che sono già in vendita ed in uso.  Le implicazioni antropologiche e sociologiche di tali androidi per intrattenimento sono molteplici, si tratterebbe, tra l’altro, dell’ennesimo passo verso un tipo di sessualità sempre più autocentrata e sempre meno relazionale.             

L’Italia merita, infine, una citazione perché è uno dei Paesi più avanzati del mondo nel settore della robotica; nel 2018 l’industria italiana è stata sesta nel mondo per il numero complessivo di robot industriali installati, la produzione italiana è ad alto livello per la robotica aerospaziale, per la bio-robotica e la bioingegneria, anche nelle applicazioni del settore sanitario.   Al momento minor attenzione è stata invece volta in Italia alla realizzazione di umanoidi, e di androidi in particolare.      

Il futuro di questo settore è comunque già tra noi, con tutti i suoi correlati economici, sociali, organizzativi e giuridici, ai quali sarà bene prestare maggior attenzione. 

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