Attualità
Speciale guerra in Ucraina: viaggio nel centro del conflitto
La guerra, in attesa di un treno ad Odessa, la vedi nei volti delle persone della calda sala d’attesa, anziani, donne, militari, e ragazzi
di Marco Andreozzi
Al tramonto il bus entra in Ucraina dopo un’ora e mezza abbondante di attesa alle due dogane, pur senza code di vetture in ingresso, e questo fa parte del già visto. Il paesaggio da Chisinau al confine è sempre lo stesso, desolate praterie bruciate dal gelo invernale e campi arati di terra nera, ogni tanto casette singole, allineate, povere. Moldova ed Ucraina sono terre simili, e tra gli stessi paesaggi si scende velocemente su Odessa.
La città è viva ed accogliente, ricca anche di qualche bell’edificio storico; soprattutto piena di gente in movimento, automobili e molti locali aperti. La guerra dov’è, viene da chiedersi, come se un Paese sotto attacco fosse ogni minuto sotto le bombe. Poi, nella bella stazione in attesa del treno notturno, la guerra la vedi nei volti delle persone della calda sala d’attesa, anziani, donne, militari, e ragazzi. I giovani soprattutto, che per sempre nella loro vita futura si porteranno dietro questa giornaliera pressione di morte e di quanto labile sia la sicurezza del vivere. La cooperazione statunitense è presente con tè caldo e panini gratis, gestiti dalle simpatiche signore che vogliono comunicare con l’unico straniero presente. Ed è subito empatia, conscio che anche questa serve a chi subisce la guerra giornalmente.
La vista del treno lì in sosta è un salto spazio-temporale sulla Cina (oggi sono esattamente trent’anni dal primo piede su quel ‘pianeta’). Il personale di bordo tutto femminile e in divisa che ti aspetta ad ogni vagone (sottozero in questo caso) e controlla il biglietto. I sapori sono quelli della steppa ‘transiberiana’, da Odessa a Qingdao, dal Mar Nero al Mar Giallo (e ricordando che i mongoli chiamavano il Giallo “Kara”, che significa nero). Mi fermo invece dopo sei ore a Vinnytsia, capoluogo dell’omonima regione, parte della Podolia storica che fu limes ultimo dell’impero romano. Dalle 23 alle 6 c’è il coprifuoco in tutto il Paese e sulle ampie strade fiancheggiate da quelle case che restano parte dell’Asia settentrionale ‘rossa’ d’oltre cortina, si notano, come anche a Odessa, le rotaie dei tram.
Sbagliato fu il cancellare tutte le linee tranviarie di Firenze nel 1958, proprio nella città che nel 1891 era stata la prima d’Italia a dotarsi del servizio di tram elettrico con la linea Firenze-Fiesole. Una città che più di altre ne aveva e ne ha bisogno. Allora, la questione ambientale era inesistenze e pur tra personalità come l’allora sindaco Giorgio La Pira e Don Milani, in Italia si respirava una Dolce Vita, con la Ferrari che quell’ anno vinceva il campionato del mondo piloti. C’era il mito dell’automobile ed era giusto fosse così, motivo ulteriore per cui nel terzo millennio inoltrato lo spingere verso l’auto privata a trazione elettrica è doppiamente sbagliato e fuori dal tempo, soprattutto nei Paesi ricchi e di antico sviluppo come l’Italia. Che possano sempre restare, le tramvie urbane ucraine. Base di una mobilità e di un nuovo sviluppo più sostenibile che aspetta il Paese, quando sarà in pace.
Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.