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Speciale guerra in Ucraina: una pace essenziale per salvare l’ambiente — Special series on the war in Ukraine: a peace essential to save the environment

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di emigrazione e di matrimoni

Speciale guerra in Ucraina: una pace essenziale per salvare l’ambiente

di Marco Andreozzi

Una quindicina di anni fa andai in Ucraina, di cui ricordo bene la povertà che si vedeva e respirava già al confine polacco. Quelle catapecchie lungo la strada fino a Leopoli, una perla di città che però ha da esser completamente restaurata. La stessa sensazione di oggi in Moldova, terra remota di confine ‘romano’ labile che arriverà a prendere anche parte della storica regione Podolia in Ucraina. Lingua madre romanza (rumeno), eppur tuttavia qui si parla comunemente anche russo. Per capire un po’ meglio la guerra putiniana è da qui che si deve partire, come dall’Estonia nella cui capitale, Tallinn, il 40% dei cittadini è etnicamente e pacificamente russo.

Se allora la situazione ambientale ucraina era di relativo degrado, oggi vi sono tre milioni di ettari di area protetta a rischio e altrettanti milioni di ettari di bosco già danneggiati da un anno di questa guerra, secondo fonti ufficiali. Oltre 23.000 ettari di superficie boschiva risultano completamente bruciati e numerosi tagli illegali si sono riscontrati in molti dei diciotto parchi naturali del Paese. Altri dati, come riportati di recente da TheEconomist, parlano di migliaia di delfini uccisi nel Mar Nero dalle mine e dai sonar russi.

I bombardamenti russi ai depositi di petrolio e combustibile hanno portato inquinamento dell’aria ed emissioni climalteranti addizionali stimate in oltre 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Idem per i terreni coltivati e gli ecosistemi in generale, danno doppio per un Paese di tradizionale alta  produttività agricola, come noto. Qui i controsensi che la guerra porta sono innumerevoli ed è bene rifletterci.

L’Europa, con la NATO, arma l’Ucraina per la propria difesa, e se questo è giusto, maggiore è la resistenza all’invasore, maggiori sono le emissioni di gas serra, contro gli obiettivi ufficiali dell’Europa, nonché maggiore è la distruzione dell’Ucraina, come vuole il regime russo. L’Europa poi proibisce la vendita di vetture a combustione interna al 2035, dando campo libero all’elettrico, come vuole il regime cinese (alleato della Russia), di fatto monopolista. E l’Europa chiama tale mobilità ‘ad emissioni zero’, bugia bella e buona su tutta la filiera, come già spiegato, e sul cui tema merita aggiungere un dato ancora.

Il costo di abbattimento di una tonnellata di anidride carbonica equivalente nel passaggio combustione interna – elettrico è stimato tra 750 e 1100 $, per un contributo del segmento mobilità elettrica alla decarbonizzazione di poco superiore a 4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente. Ebbene, il costo della transizione carbone-gas di tutta la produzione di energia elettrica dell’Asia-Pacifico (Cina inclusa) sta sotto i 30$, per un contributo superiore a 5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente.

Insomma, è tecnicamente palese dove le iniziative globali di decarbonizzazione dovrebbero andare. L’errore di base dell’Europa e anche di molti studiosi settoriali, che in genere (in buona fede) mancano della visione d’insieme tecnico-economico-decisionale, è quello tipico dei sedicenti ambientalisti, ovvero lo svincolare la politica energetica dalla politica economico-industriale e della sicurezza, trascurando il mantra fondamentale: la politica energetica deve essere utensile di sviluppo e mai fine.

Tradotto, l’Europa guarda il dito che indica la luna. Ci vuole più Europa, ma che sia un’altra Europa, più professionale e quindi completamente immune anche ai potenti gruppi d’interesse. Senza alcun dubbio, una Europa oggi indirettamente in guerra (come siamo) tutto deve implementare per arrivare alla pace salvo il voler stravolgere l’attuale assetto industriale. Auguriamoci che l’Europa interrompa ufficialmente la realizzazione del FitFor55, fino al raggiungimento della pace russo-ucraina, poi ne riparliamo.  E chissà, forse il processo di pace potrebbe anche (miracolosamente) accelerare. I nessi sono molti, è ovvio: indebolire l’Europa proprio in questo momento è pericoloso, altamente inopportuno e anche molto sciocco, per come a volte ci vedono a Est della catena dei Tianshan天山.

di emigrazione e di matrimoni

Special series on the war in Ukraine: the effects on the price of gas

by Marco Andreozzi

About fifteen years ago I went to Ukraine, of which I remember well the poverty that was already seen and felt on the Polish border. Those slums along the road up to Lviv, a pearl-town which, however, needs to be completely restored. The same feeling today in Moldova, a remote land on the fragile’Roman’ border which also includes part the historic Podolia region in Ukraine. Romance mother tongue (Romanian), yet Russian is also commonly spoken here. To understand Putin’s war a little better, it is from here that we must start, as well as from Estonia… in whose capital, Tallinn, 40% of the citizens are ethnically and peacefully Russian.

If then the Ukrainian environmental situation was of relative degradation, today there are three million hectares of protected area at risk and as many million hectares of forest already damaged by one year of this war, according to official sources. More than 23,000 hectares of forest area have been completely burned and numerous illegal loggings have been found in many of the country’s eighteen natural parks. Other data, as recently reported by TheEconomist, speak of thousands of dolphins killed in the Black Sea by Russian mines and sonar.

Russian bombing of oil and fuel deposits has led to air pollution and additional climate-changing emissions estimated at over 40 million tons of carbon dioxide. Ditto for cultivated land and ecosystems in general, double damage for a country of traditionally high agricultural productivity, as is well known. Here the contradictions that war brings are innumerable and it is good to reflect on them.

Europe, with NATO, arms Ukraine for its own defense, and if this is right, the greater the destruction to the invader, the greater the greenhouse gas emissions, against Europe’s official goals, as well as the greater  the destruction of Ukraine, as the Russian regime wants. Europe then prohibits the sale of internal combustion vehicles in 2035, giving free rein to the electric one, as the Chinese regime (Russia’s ally), a de facto monopolist, wants. And Europe calls this mobility ‘zero-emissions’, an outright lie on the whole supply chain, as already explained, and on the subject of which one more fact deserves to be added.

The cost of abatement of one ton of carbon dioxide equivalent in the internal combustion – electric passage is estimated at between $750 and $1,100, for a contribution of the electric mobility segment to decarbonisation of just over 4 billion tons of carbon dioxide equivalent. Well, the cost of the coal-to-gas transition of all Asia-Pacific electricity generation (including China) is under $30, for a contribution of more than 5 billion tons of carbon dioxide equivalent.

In short, it is technically clear where global decarbonization initiatives should go. The basic mistake of Europe and also of many sectoral scholars, who generally (in good faith) lack the technical-economic-decision-making overview, is the typical one of self-styled environmentalists, i.e. separating energy policy from economic-industrial and security, neglecting the fundamental mantra: security policies must be a development tool and  never a goal per se.

Translated, Europe looks at the finger pointing to the moon. More Europe is needed, but another Europe, more professional and therefore completely immune even to powerful lobbies. Without any doubt, a Europe today indirectly at war (as we are) must implement everything to reach peace except for wanting to overturn the current industrial structure. Let us hope that Europe officially interrupts the implementation of FitFor55, until the Russian-Ukrainian peace is reached, then we’ll talk about it. And who knows, maybe the peace process could even (miraculously) speed up. The connections are many, it is obvious: weakening Europe right now is dangerous, highly inopportune and also very foolish, as they sometimes see us east of the Tianshan天山 range.

Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.

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