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Diritti umani

Sistema accoglienza:Integra onlus, eccellenza nel settore, spiega cosa non ha funzionato

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Un sindaco sotto processo per concussione, un Comune sciolto per infiltrazioni mafiose, una Prefettura che subisce un’ordinanza del Tribunale a pagare il dovuto ma lo fa solo in parte. Un sistema che fa acqua da tutte le parti e troppo spesso vede l’accoglienza migranti trasformata in un business che più che integrare lucra sulla pelle dei più deboli. L’intervista a Klodiana Cuka, presidente di Integra onlus

L’ombra del reato di concussione sul sindaco di Neviano in provincia di Lecce, Silvana Cafaro, rinviata a giudizio per aver interferito nelle attività dell’associazione Integra onlus dal febbraio 2014 all’agosto 2016. Il motivo di tale interesse da parte della Silvana Cafaro sarebbero i fondi dedicati allo Sprar gestito dall’associazione Integra onlus, il giudizio è ancora in corso. A Parabita il Comune fu sciolto alla fine del 2015 con l’accusa di infiltrazioni con la Sacra Corona unita, anche lì Integra onlus gestiva un centro accoglienza, ma il suo operato all’epoca venne sabotato e i pagamenti bloccati per non aver assecondato le richieste del coordinatore del progetto in loco, poi rimosso dall’incarico, così come il sindaco e la dirigente degli affari sociali. Situazione simile a Frosinone dove Integra onlus denuncia il mancato pagamento di ben 2 anni di attività dei centri di accoglienza da lei gestiti, dopo essersi aggiudicata la gara d’appalto come da legislazione vigente in tema di accoglienza. Anche qui, dopo una prima sentenza, che fa seguito ad un ricorso d’urgenza da parte della onlus presieduta da Klodiana Cuka, che sancisce in parte le somme dovute all’associazione per il lavoro svolto, somme utili solo a compensare il lavoro di oltre un centinaio di dipendenti e collaboratori, la prefettura di Frosinone adempie solo in parte all’ordinanza del Giudice. Tutto questo svela un possibile retroscena ambiguo e difficile da comprendere, tant’è che ancora oggi la Integra onlus, che ha ormai chiuso per bisogno ogni struttura di accoglienza, subisce come un effetto domino i mancati pagamenti dello Stato sulle sue attività statutarie.  

Ma di che cosa si occupa nel suo fare attività di accoglienza Integra onlus da quasi vent’anni? Oltre al vitto e all’alloggio in rispetto alle normative europee, fornisce sostegno psicologico, lezioni di italiano, orientamento al lavoro, attività interculturali e ludiche, al fine di permettere a soggetti svantaggiati e provenienti da altri paesi di inserirsi ed integrarsi nel nostro tessuto sociale. Una scommessa che parte da lontano, da quando a sua volta Klodiana Cuka è arrivata a 20 anni in Italia dall’Albania, riuscendo per la sua autodeterminazione a laurearsi, a conseguire un dottorato e vari master, sino a diventare una vera e propria manager del sociale, esperta di fondi europei con la ferma volontà di utilizzarli per il soddisfacimento dei loro obiettivi: aiutare i più disagiati. E’ stata proprio la sua esperienza dolorosa di vita a darle lo slancio per aiutare altri che come lei affrontavano l’ignoto per migliorare la propria esistenza. A tal punto è stato grande l’impegno delle Cuka da farle raggiungere notevoli successi nell’ambito della progettazione europea e lo scambio di buone prassi a livello nazionale ed internazionale, tanto da farsi notare dal Consolato americano di Napoli dove nel 2016, a seguito di una visita dell’ambasciatore degli Usa in Italia Jhon Phillips all’interno della masseria leccese che era la sede operativa di Integra in puglia, viene inserita nel 75° programma americano ‘International Vip Leadership Program’, il più ampio programma di scambio di buone prassi di tutti i professionisti ed intellettuali del mondo.

Da quanto tempo esiste integra onlus?

Integra Onlus nasce a cavallo tra la fine del 2002 e inizio 2003 a Lecce. Intorno a me si uniscono dei professionisti italiani ed i presidenti delle associazioni dei Migranti, per dare vita nella città di Lecce ad una nuova realtà multietnica ed interculturale, che potesse diventare una voce congiunta rappresentativa delle comunità migranti presso le istituzioni, e per diffondere un modello nuovo culturare/interculturale di convivenza costruttiva, che mette l’uomo senza nessuna distinzione al centro dell’universo, facendo capire che ‘l’altro’,  il ‘diverso’ se lo conosciamo e lo scopriamo senza paura, sospendendo il pregiudizio,  può essere semplicemente un valore aggiunto, così come furono nei secoli, gli italiani migranti in giro per il mondo.

Certamente un percorso non facile, specie per un’associazione appena fondata da un’immigrata albanese, e anche perché sappiamo bene che le associazioni sono delle ottime realtà che possono incidere nello sviluppo ed il cambiamento sociale, ma la mancanza di risorse economiche rende tutto più difficile.

Proprio per questo, capendo il meccanismo amministrativo italiano e credendo, tuttora con tutta me stessa, nella forza del cambiamento, unendo la crescita di Integra al mio percorso di crescita professionale, ho indirizzato Integra sin dalla sua nascita verso la progettazione dei fondi strutturali, comunitari e la progettazione transnazionale, in una regione ricca da questo punto di vista, Obiettivo 1, come la Puglia.

Integra sin da subito ha iniziato a coinvolgere giovani universitari e professionisti che si affacciavano con curiosità verso il mondo dell’immigrazione, con diversi ruoli nei progetti in cui partecipava come partner nei primi anni di nascita, e man mano anche da Lead Partner nel secondo decennio della propria vita.

Che percorso ha fatto? Quanti centri aperti, quante persone supportate e quante di loro si sono poi effettivamente integrate?

Tra qualche giorno Integra compie 17 anni di vita e tornare indietro e mi rendo conto che grazie a questa  coraggiosa spinta e voglia di fare, tra le fila dell’associazione sono passati decine di tirocinanti universitari, quasi 500 dipendenti e collaboratori (a progetto e partita Iva), oltre 750 soci volontari, fornendo assistenza psicologica, linguistica e giuridica a oltre 5000 migranti presso lo sportello Lecce Accoglie del Comune di Lecce negli anni 2005-2007, ed a quasi 1000 migranti negli anni dell’Emergenza nord Africa 2011-2013 e ad altrettanti 1000 abbiamo offerto accoglienza tra il 2014 e il 2019 tra prima e seconda accoglienza. Una realtà che da una parte riempie il cuore di gioia e soddisfazione perché Integra ha raggiunto il proprio obbiettivo di nascita, e perché nulla è impossibile a chi crede fortemente, anche se a me piace dire nulla è’ impossibile al Signore. Ma dall’altra parte fa nascere in me tanta tristezza e sconforto e anche rabbia direi, perché è vero che sono stati anni di ricchi di opportunità e progetti e appalti vinti, ma anche anni difficili e duri, sempre in affanno per gli incassi ed i pagamenti, difficoltà che hanno portato con consapevolezza alla decisione di azzerare tutte le attività di accoglienza, grazie ad un sistema amministrativo italiano che fa acqua da tutte le parti.

Non ho mai voluto essere considerata un’imprenditrice anche se alla fine anche una Onlus seppur etica e’ sempre un’impresa. A maggior ragione mi sono detta: un imprenditore che ha la possibilità di far nascere nuovi progetti e la capacità di tradurre le idee in percorsi, deve produrre ricchezza e far stare bene i propri collaboratori! Non si può far assistere chi ha rischiato la vita attraversando il deserto ed il mare, da operatori che seppur si mettono in servizio di questi fratelli con passione, sono costretti ad attendere mesi e mesi nel silenzio, tra preoccupazioni e mille problemi, lo stipendio che arrivi per pagare le bollette e mandare i figli a scuola. Non è giusto!!!
Anche perché chi gestisce il Senato pubblico nei palazzi italiani, viene pagato ogni 27 del mese! Per questo Integra, così come tante altre piccole realtà del terzo settore, arrivando al massimo della disperazione grazie ai famigerati decreti sicurezza del precedente ministro dell’interno, ha detto BASTA!

L’unico rimpianto mio di tutti questi anni è quello di non essere riuscita a pagare le risorse umane impegnate nelle attività dell’associazione ogni mese, ed essere diventata insolvente per colpa dello Stato, della macchina amministrativa italiana che paga sempre in ritardo, ritardi che purtroppo per la maggior parte degli imprenditori o gli addetti del settore sono normali! E quando mi sentono battermi e ribellarmi, mi dicono: ‘ma che pretendi? L’Italia non cambierà mai, è’ stata e sarà sempre così!’
Però, rispondo con la fervida rabbia di San Agostino: nel resto della Comunità europea e negli USA non accade così! Assolutamente NO! Il grande rimpianto è non aver potuto mettere al servizio dell’altro e di tutta la comunità il mio potenziale in progettazione ed attuazione, così come possibile alla luce della rete nazionale ed internazionale costruita da Integra in anni di serio e professionale lavoro. Invece ho dovuto sempre convivere con l’affanno dei pagamenti che non arrivavano e con l’incubo dei pagamenti che mai risolti in tempo utile.

Come funziona il sistema immigrazione?

Anche se si ha la capacità professionale, economica e finanziaria di vincere dei progetti e/o appalti, parlo soprattutto nazionali italiani, questi progetti non possono essere sostenuti se non si ha la possibilità di accedere a degli anticipi bancari, prestando garanzie in proprio con la stessa dirigenza della Onlus. Tutto ciò correlato ad un grande rischio, anche perché quando  devi rendere un prestito, basta che vada male una rendicontazione e si inceppa la relazione/collaborazione con l’ente affidatario del progetto, e si rischia di fare il buco nero.
Ed è qui che la differenza tra la Onlus /cooperativa, ovvero l’ente gestore del progetto,  ed un azienda qualsiasi si azzera, non c’è nessuna differenza e i danni possono essere seri.

Ad un certo punto qualcosa è cambiato…ai bandi partecipano anche privati imprenditori e non più solo associazioni onlus del settore sociale.

È’ molto umiliante per chi proviene dal terzo settore, per chi è stato accanto allo Stato italiano nei momenti più duri delle emergenze e degli sbarchi dei migranti, nel picco dell’estate così come le notti di Natale e Capodanno, sentirsi dire da alcuni Vicari delle Prefetture o dirigenti del  settore amministrativo, come risposta ai solleciti dei pagamenti che a volte superano anche l’anno: ‘se non avete soldi non partecipate agli appalti’ !
Questo perché ? Perché un bel giorno, a differenza della gestione dell’Emergenza Nord Africa, lo Stato Italiano ha aperto la gestione delle strutture di accoglienza anche agli entri profit e ai grandi consorzi, che certamente a differenza nostra del piccolo e medio terzo settore, non avevano difficoltà ad anticipare soldi anzi al contrario avevano tanto da spendere, peccato che oltre a dare da mangiare e dormire, non forniscono alcuna attività di integrazione e inserimento socio lavorativo, per evidente conflitto di interesse rispetto al ruolo, quello sì davvero sociale, di una no profit.

Cosa è accaduto e perché il sistema italiano dedicato all’accoglienza è fallito?

In tutti questi anni abbiamo collaborato con dieci prefetture e oltre 15 comuni.
Abbiamo visto tanti funzionari, vicari e prefetti coerenti, premurosi e attenti nel fare il proprio dovere per il bene comune e del territorio. Così come purtroppo abbiamo visto anche tanta arroganza istituzionale che trattava i migranti come numeri e non come essere umani, e noi enti gestori come dei ladri capaci a fare solo business.
Noi abbiamo creduto all’accoglienza e abbiamo dimostrato con i fatti che l’integrazione è’ possibile! Che basta poco, basta impegnarsi veramente ogni giorno, creando le reti sui territori, mandando i beneficiari a scuola, facendoli partecipare a percorsi linguistici e professionali perché l’inserimento è’ possibile. Sono oltre 100 i nostri beneficiari che grazie a dei percorsi di tirocinio all’interno stesso di Integra, sono diventati liberi e indipendenti, e hanno trovato la loro strada nella vita. Numerosi i beneficiari che hanno portato le mogli in Italia e hanno creato una famiglia e una vita nuova; decine e decine i bambini nati nelle nostre strutture di accoglienza; tanti i bambini battezzati!

In tutti questi anni abbiamo conosciuto funzionari e ragionieri nelle Prefetture che lavoravano anche fuori orario e nei festivi per pagare velocemente tutti i gestori con i fondi appena arrivati dal ministero, dopo tanta attesa; così come abbiamo conosciuto Sindaci che a proprio rischio e pericolo si sono ostinati a dare ospitalità e difendere i progetti dell’accoglienza e battersi concretamente accanto a noi per l’integrazione ed il concreto inserimento socio lavorativo dei beneficiari, delle ragazze e dei ragazzi, come  li abbiamo sempre chiamati. Ma purtroppo abbiamo conosciuto anche Sindaci che dei progetti Sprar si sono avvalsi per nutrire il proprio bacino elettorale, facendo merce di scambio con ogni piccolo pezzo del progetto.
Ma certamente non siamo stati mai zitti!
Purtroppo in Italia oggi la politica della sottomissione e del subire è troppo diffusa, ma la storia insegna che se abbassi la testa e ti fai usare una volta sola, finirai per fare lo schiavo.
Reagire, denunciare, ribellarsi, costa ! È’ doloroso e porta conseguenze devastanti, ma se nel mondo siamo arrivati per lasciare un segno come diceva il Santo Wojtila, spetta a noi portare con dignità e perseveranza la nostra croce, perché la verità tarda, ma prima o poi vede sempre la luce!

Ed è alla luce di questa esperienza che è essenziale capire ogni realtà dell’accoglienza, monitorare il ben fatto e valutare come procedere. Non basta esternare slogan di tipo politico, quello che è giusto sapere per fare un bilancio è come e perché sono stati spesi soldi e con quali risultati. Dice bene la Cuka quando riferisce che ad un certo punto il sistema accoglienza diventa una risorsa per le imprese, in realtà quelle alberghiere con scarsi risultati nell’attività turistica. Cosa hanno fatto oltre a fornire vitto, scarso peraltro, e alloggio? Vedere numerosi immigrati stazionare in una struttura turistica ad esempio, senza poter fare nulla di positivo in termini di prospettive di integrazione e lavorative, non è di sicuro una soluzione per le loro povere vite, e l’unico risultato che si ottiene tenendoli in quelle condizioni è azzerare la loro dignità e le loro speranze per il futuro.

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