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Salvini e Di Maio contro il ministro dell’economia Tria. Mancano le coperture per le riforme.

Di Maio chiede di “fare deficit” per realizzare il reddito di cittadinanza e Salvini vuole mandare in pensione quattrocentomila persone. Ma Tria li blocca. Aumenta la tensione tra i due vicepremier.
di Vito Nicola Lacerenza.
Lega e 5Stelle, i due partiti di governo, si stanno preparando a realizzare prima possibile le loro promesse elettorali: quota 100, reddito di cittadinanza, flat tax, aumento delle pensioni, abolizione della legge Fornero. L’avvio di tutti i provvedimenti costerebbe allo Stato italiano 30 miliardi di euro. Troppi per il ministro dell’economia Giovanni Tria che si è detto determinato a rispettare “l’equilibrio dei saldi strutturali di finanza pubblica”. In pratica per Tria bisognerà seguire il cammino delle riforme “gradualmente”, in modo da garantirne la sostenibilità. Ma Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno fretta. Il 20 ottobre scade il termine per presentare la nuova manovra economica per il 2019 che dev’essere approvata dal Consiglio dei Ministri entro gennaio dell’anno prossimo.
Per Di Maio è fondamentale dare il via al reddito di cittadinanza già nel 2019 e ha chiesto a Tria di “fare deficit” se necessario. Invece per Salvini è importante mandare subito in pensione almeno 400 mila italiani con la quota cento. I due leader politici sono alle prese con le prossime elezioni regionali e mandare un segnale concreto ai cittadini è l’unico modo per assicurarsi il successo. Inoltre tanto Di Maio quanto Salvini hanno già reso noto i loro obiettivi per le imminenti elezioni regionali. Il primo vuole “riprendersi gli elettori del nord” dal momento che la Lega ha superato il Movimento nei sondaggi. L’altro ha intenzione di “espugnare” le cosiddette “regioni rosse” tradizionalmente governate dalla sinistra: Toscana, Emilia Romagna e Umbria. Per raggiungere tale scopo Salvini ha confermato l’alleanza coi partiti di centro destra: Forza Italia e Fratelli d’Italia, suscitando malcontento nei 5stelle. Ma le richieste dei due vicepremier sono andate a sbattere contro l’atteggiamento irremovibile di Giovanni Tria. Il ministro dell’economia ha dichiarato di voler tenere sotto controllo il deficit che “non dovrà superare l’1.6%”.