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Arte & Cultura

S. Elia Juniore. La storia diventa narrativa sotto l’abile penna di Oreste Kessel Pace

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Un santo viaggiatore in Calabria per “divulgare il Respiro dei nostri Antenati”.

Oreste Kessel Pace è un giovane scrittore che trasferisce la sua passione per l’archeologia (che ha studiato a Macerata) e per l’antropologia (è stato allievo del prof. Domenico Raso) sulla carta stampata con perizia e serietà. La sua cospicua produzione è sempre frutto di accurate ricerche, di fonti storiche ed anche i suoi romanzi sono accuratamente realistici.

La mia prima domanda esula dal romanzo di cui oggi discorriamo. Quanto ha pesato nella sua formazione e quindi nel suo modo di scrivere l’essere figlio di uno scrittore?

Sono nato e cresciuto nella biblioteca dei miei genitori e se chiudo gli occhi posso ancora sentire l’affascinante ticchettio della macchina per scrivere di mio padre. Anche mia madre scriveva. Entrambi appassionati lettori e inseriti in contesti culturali importanti; amanti della musica, dell’arte e dei viaggi. Mi hanno trasmesso tutto quanto. Fin da piccolo ho assistito alle presentazioni di libri e manifestazioni culturali. Ricordo le amicizie dei miei genitori con Leonida Repaci, per esempio, anche se ero davvero un bambino. Tra i miei parenti ci sono pittori, musicisti e artisti di molti generi diversi. Ecco, sono cresciuto in questo mondo affascinante che ti restituisce un senso per ogni cosa della vita e, allo stesso tempo, ti insegna che nell’arte tutto è concesso, tutto è possibile. Non si tratta di una formazione, ma di un istinto, di una indole, di una serie infinita di stimoli per un talento. Ho cercato di imitare mio padre, mia madre ed i miei parenti ma, allo stesso tempo, di starmene alla larga perché c’erano delle storie e dei personaggi dentro di me che mi tormentavano già da bambino ed ai quali non gliene importava proprio nulla dei miei parenti. Ho iniziato a sognare da quando ho aperto gli occhi e dal mio mondo a scrivere non appena mi è stato insegnato a farlo, fin dalle elementari scrivevo storie e poesie su quaderni e foglietti, persino sui banchi della scuola.

La prefazione del romanzo storico S. ELIA JUNIORE (Kaleidon Editore) è affidata a Dante Maffia: poeta, romanziere e saggista, insignito della medaglia d’oro alla cultura dalla Presidenza della Repubblica.

Il romanzo ha come sfondo la Valle delle Saline, Reggio Calabria e la costa Jonica Reggina ed è la storia di S. ELIA di Enna, al secolo Giovanni Rachites (Iωάννης Pαχίτης) (Enna, 822-823 – Salonicco, 17 agosto 903) conosciuto come Sant’Elia il Giovane o Juniore, per distinguerlo dal profeta biblico Elia e dall’altro santo italo-greco Elia lo Speleota che predicò negli stessi luoghi. Un salto nel tempo di oltre mille anni con un viaggio in un Mediterraneo devastato dalle conquiste Saracene, Agarene e Bizantine. Un romanzo ricco di avventure e peripezie, dunque, che portano il Profeta Elia a spostamenti rapidi e repentini, come rapidi e repentini sono gli spostamenti nel tempo. Una scelta voluta il conferimento di questo “ritmo”?

Assolutamente affermativo. Del resto sono elementi tecnici che utilizzo in tutti i miei scritti, sia racconti che romanzi. Il bios di S. Elia Juniore è tra i più intensi, dettagliati e complicati della letteratura cristiana del X secolo. Me ne innamorai immediatamente e decisi di scriverne il romanzo storico, cosciente delle difficoltà che avrei dovuto affrontare. Il primo passo fu quello di studiare attentamente il bios dalla traduzione più affidabile e diretta, ossia quella di Giuseppe Rossi Taibbi nella sua pubblicazione a cura dell’Istituto di Studi di Palermo. Il passo successivo, fu quello di appuntarmi una scaletta degli avvenimenti e dei luoghi da studiare, ma anche dei modi di vivere, di pensare, di combattere nel X secolo. Quindi studiai i bizantini, i saraceni e gli agareni. Ovviamente, fu fondamentale lo studio del monachesimo. Furono studi lunghissimi ma molto affascinanti (in verità non hanno ancora avuto termine). A quel punto decisi che era necessario realizzare una scaletta anche della trama e dei singoli capitoli e delle singole scene. Lavorai su molti elementi tecnici della narrativa, come i flashback, la costruzione dei personaggi e dei dialoghi, sulla “sospensione del dubbio” che in romanzi come questi è essenziale, sul ritmo, sulle ambientazioni e così via. Quando fui soddisfatto e ormai penetrato interamente nello spazio temporale del X secolo, cominciai a scrivere.

Perché la scelta, da parte di un apostolo, di un vecchio scrittore al quale affidare la stesura della storia del santo?

Storicamente, è proprio ciò che accadeva. I discepoli o comunque degli “scrittori” si occupavano di scrivere le storie dei Padri per tramandarle ai posteri. Nel primo caso, la fonte è diretta perché i discepoli seguivano i maestri e dunque vivevano in prima persona le esperienze che avrebbero scritto. Nel secondo caso, la fonte è indiretta ed il soggetto che scriveva doveva farsi raccontare da testimoni le vicende. Dunque nel primo capitolo del romanzo, “La tempesta dello scrittore” ho immaginato (ovviamente è una scena che nel bios originale non esiste) che lo spirito di S. Elia Juniore appaia al discepolo Daniele per chiedergli di scrivere la sua storia. È una metafora, in quanto lo scrittore sono io, S. Elia Juniore è il rifratto della mia necessità di scrivere la sua storia, la tempesta è il riflesso delle mie condizioni psicologiche.

Quali sono le fonti storiche di riferimento? Sono stati i suoi studi a far nascere il romanzo o viceversa la curiosità sul personaggio ad indurla nella ricerca delle fonti?

Le storie dei santi italogreci ci sono state tramandate dai loro discepoli o da seconde persone in periodi successivi. I BIOS dei Padri sono vite perfette e impregnati di significati sull’esistenza, sul motivo della vita e della morte. Custodiscono ogni verità. Nel caso di S. Elia Juniore probabilmente fu il suo discepolo Daniele a scriverne la storia, con dovizia di dettagli che soltanto lui poteva conoscere, in quanto li aveva vissuti in prima persona con il suo Maestro. Il risultato è una letteratura antica importantissima, sia per conoscere i Padri Italogreci, sia gli avvenimenti storici con i loro personaggi, sia perché restituiscono un quadro completo dei territori in cui vissero. Sono documenti importantissimi. Sono fonti dirette e certamente affascinanti. Nel caso di questo romanzo, la sua domanda custodisce già entrambe le risposte, in quanto lo studio dei santi italogreci ha sempre fatto parte della mia vita e nasce dalla curiosità di capire, di sapere, di indagare la storia attraverso tutte le fonti disponibili.

Cinque anni di lavorazione tra studio e stesura perché S. Elia Juniore fu ovunque e ovunque lasciò un segno, con il suo forte carattere, le profezie ed i miracoli. Più di duecento pagine, un periodo che va dall’823 al 903 ed una voce narrante. Ci parla del perché di questa scelta?

Non credo sia stata una scelta. Sono convinto che la vita di ognuno di noi sia il risultato della sommatoria tra gli eventi decisi dal destino e la nostra possibilità di affrontarli. La mia vita terrena si è incontrata con lo studio di questo grande Padre, e in qualche modo mi piace credere che mi abbia cercato per affidarmi questo compito di biografo romanziere. Il tutto diviene la mia necessità d’uomo di portare a termine la missione di restituire il Respiro dei Padri, unico motivo per cui sono esistiti e per cui noi oggi esistiamo. Non vedo un modo migliore di vivere per un uomo che ama scrivere.

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