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Arte & Cultura

Roma, al Teatro Trastevere ‘Titus commedia pulp’

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Tempo di lettura: 2 minuti

‘Titus’, tra Shakespeare e Tarantino, una tragedia classica in chiave post moderna

Di Kat

titusRoma, 25 gennaio – Per la regia di Leonardo Buttaroni, le ‘Cattive Compagnie’ tornano a conquistare le scena di Roma con il loro spettacolo ‘Titus commedia pulp’, prodotto con la compagnia Mauri Sturno e realizzato in collaborazione con’ La Cattiva Strada’ e l’Accademia Musicale Nomos. Lo spettacolo, una rivisitazione del classico di Shakespeare in chiave noir, in scena dal 8 al 25 gennaio al teatro Trastevere a Roma, scorre sotto gli occhi di spettatori affascinati, come un film di Tarantino. Ritmi incalzanti, dettagli e colpi di scena lo rendono un meccanismo perfetto dove i temi di morte, ironia, sangue tragicità sono spinti all’estremo grazie a uno sfondo apocalittico costruito con una scenografia molto suggestiva e soffocante dal bravo Paolo Carbone. Gli attori, personaggi a volte paradossali ed estremi, ostentano la disumanità e la ferocia del mondo circostante, in cui si muovono alla perfezione. Tito Andronico /Diego Migeni è un fiero e valoroso generale che declina l’offerta del fratello e tribuno Marco/Yaser Mohamed, di diventare imperatore provocando come risultato al suo diniego violenze e vendette. Violenze ordite dalle trame dei perfidi Tamora/Daniela Kofler e Aronne/Alessandro di Somma, attuate da un demoniaco e schizofrenico Demetrio-Chirone interpretato da Gioele Rotini, in una escalation di efferatezze, alle spalle di un viscido quanto volubile  imperatore Saturnino/Marco Zordan. Primo a soccombere  a causa dei tragici eventi il bravo Matteo Fasanella/Bassiano che non subendo il fascino del male, si ribella ai soprusi tentando di proteggere la purezza dell’amore per Lavinia/Virginia Arveda, e Muzio/ Valerio Persili fratello della stessa. In un finale che vuole eleggere come vittoriosi l’odio e la violenza, ma al contrario, grazie all’estremismo caricaturale con cui ogni personaggio viene gestito in scena, finisce con lasciare nello spettatore il senso ironico e irreale delle malvagità a cui ha assistito  in una sorta di sdrammatizzazione del ‘male’.

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