Italiani nel Mondo
Riscoprire “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi – Un racconto di due epoche e una riflessione sulla sua attualità- Rediscovering “Christ Stopped at Eboli” by Carlo Levi – A tale of Two Eras and a reflection on its relevance today
Riscoprire “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi – Un racconto di due epoche e una riflessione sulla sua attualità
di Carmelina Micallef
Parliamo di un libro che non solo ha superato la prova del tempo, ma continua a esercitare un forte impatto: Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Se non l’hai ancora letto, non ti stai perdendo solo una storia, ti stai privando di un’esplorazione profonda della condizione umana e di una regione, la “Lucania”, lasciata ai margini per troppo tempo. Scritto tra il 1943 e il 44, il memoir di Levi non è semplicemente un resoconto storico, ma uno specchio che riflette problematiche ancora attualissime, rivelando quanto poco sia cambiato nel nostro rapporto con la società, con le aree più dimenticate del mondo, e con noi stessi.
Il titolo del libro suggerisce simbolicamente che a Eboli, una città in provincia di Salerno, la “vita civile” si ferma, e oltre quel punto, la dignità e il benessere umano cessano di esistere.
Carlo Levi, medico, pittore e intellettuale antifascista, esiliato in Lucania dal regime nel 1935, ha lasciato un segno indelebile nella letteratura italiana con “Cristo si è fermato a Eboli.” Non si tratta solo della testimonianza di una regione dimenticata, ma di una riflessione sui temi universali dell’isolamento e dell’abbandono. Levi descrive con precisione la vita dei contadini lucani, costretti a una condizione di povertà estrema e senza via d’uscita. I villaggi erano lasciati al loro destino, privi d infrastrutture, e i contadini lavoravano la terra con fatica disumana. Il loro sforzo non portava nessun miglioramento delle condizioni di vita, intrappolati in un sistema di sfruttamento endemico. Le abitazioni erano sovraffollate, prive di servizi essenziali, e il degrado materiale si rifletteva nella loro quotidianità con una mancanza di privacy e di dignità.
Levi non denuncia solo la povertà materiale, ma un degrado sociale e culturale ancora più profondo. Il popolo lucano viveva tagliato fuori dal resto del Paese, in balia di un’ignoranza diffusa e di una superstizione dominante. L’istruzione era quasi inesistente, e anche la religione, che altrove avrebbe potuto offrire conforto, qui si dimostrava impotente, abbandonando gli individui a uno stato di rassegnazione perenne. Questa condizione accettata passivamente dai contadini era osservata da Levi con occhio critico e compassionevole.
È bene osservare che la storia di Levi non è solo un racconto di disperazione, ma anche un tributo al popolo del Sud Italia. Nonostante le difficoltà, queste persone hanno mostrato una forza incrollabile, radicata nel loro senso d identità, che affonda le radici nella terra, nei legami familiari e nelle loro tradizioni.
Allora perché dovremmo continuare a interessarci di un libro scritto tanti anni fa e ambientato in un’epoca storica che preferiremmo dimenticare?
Perché riflette in modo inquietante la nostra società contemporanea. Le disuguaglianze e lo sfruttamento che Levi denunciava non sono affatto spariti; anzi, si sono evoluti in nuove forme, altrettanto devastanti!
Oggi il vero dramma non è solo il degrado fisico e morale, ma l’indifferenza con cui viene tollerato. Viviamo in una società che pur illudendosi di godere di benessere e progresso, ha perso la capacità d’ indignarsi. Camminiamo tra ingiustizie, immondizia, disuguaglianze e degrado come se fossero parte della normalità quotidiana, nascosti dietro una facciata di falsa prosperità. Questa apatia è diventata una scelta, un rifugio per evitare di confrontarci con una realtà troppo complessa e scomoda.
Come possiamo smettere di essere complici di questa realtà?
Non ci sentiamo forse tutti, in qualche modo, come Levi, in un esilio moderno?
La differenza è che lui ha avuto il coraggio di denunciare, mentre noi restiamo semplicemente a guardare!
Gli antichi popoli del Sud, nonostante la loro condizione marginale e “l’ignoranza” ereditata, non per colpa loro, potevano ancora aggrapparsi a qualcosa: le radici profonde, i valori condivisi e le superstizioni che offrivano un senso di appartenenza. Oggi, paradossalmente, non ci è rimasto nulla. La tecnologia, pur connettendoci come mai prima d’ora ha creato un vuoto nelle relazioni umane. Gli spazi virtuali, invece di colmare questa mancanza, la amplificano, poiché spesso usiamo la tecnologia senza comprendere appieno il suo impatto. In mani inesperte, distratte o irresponsabili essa diventa un ulteriore strumento di degrado e di morte. La cronaca che spettacolarizza la morte, gli orrori che vengono imitati e il silenzio di chi dovrebbe intervenire con leggi a tutela dell’uomo sono segni preoccupanti. Come siamo giunti a questo punto in un mondo globalizzato, che dovrebbe essere sinonimo di progresso e benessere? Qualcuno se lo chiede? A qualcuno interessa davvero? O siamo così sopraffatti dal rumore che preferiamo lasciarci morire, pensando che sia questa la soluzione?
Ma non lo è. É solo vigliaccheria!
Lessi questo libro per la prima volta molti anni fa, in Inghilterra e in lingua inglese. Nonostante la distanza culturale e geografica, il messaggio di Levi mi colpì profondamente allora, e oggi lo sento ancora più rilevante per la sua disarmante attualità. Il coraggio di Levi nel denunciare le ingiustizie resta una lezione potente per tutti coloro che amano davvero la loro terra, che desiderano riscattarsi, e che credono in un futuro più giusto.
Oggi, di fronte alla spudorata arroganza dei potenti che continuano a degradare l’uomo, tanto nel corpo quanto nell’anima, e a compromettere la bellezza con la loro condotta irresponsabile, priva di qualsiasi riguardo per il bene comune, quest’opera risuona più attuale che mai. “Cristo si è fermato a Eboli” è un grido contro chi, con spregiudicatezza, avarizia, corruzione e negligenza, condanna intere società a un perpetuo analfabetismo culturale.
Nessuno dovrebbe essere costretto a vivere in queste condizioni. È davvero inconcepibile che tutto ciò continui a succedere senza che qualcuno si indigni. Eppure, guardando la nostra povera realtà viene da chiedersi se oggi Cristo si fermerebbe a Eboli.
Forse, stanco dei ripetuti abusi proseguirebbe oltre senza nemmeno voltarsi indietro!
Levi ci invita a non accettare passivamente questa deriva, ma a lottare con fermezza affinché il ritrovato rispetto per se stessi non resti un sogno irrealizzabile. Tuttavia per rendere possibile questa presa di coscienza collettiva, è necessario investire prima di tutto nell’educazione, che non si limita ai libri di scuola, ma include la conoscenza storica, il dialogo aperto e il rispetto per l’altro e per se stessi.
Senza una società istruita e consapevole dei propri diritti, dei propri doveri e del proprio valore, non potrà esserci mai un cambiamento duraturo su alcun fronte.
Gli usurpatori della libertà lo sanno bene: mantenere le persone nell’ignoranza è il metodo più sicuro per consolidare il loro potere.
Senza istruzione, ogni lotta è condannata a spegnersi prima ancora d’iniziare!
“Christ Stopped at Eboli” è stato tradotto in inglese per renderlo accessibile a un pubblico più ampio. La traduzione più conosciuta è quella di Frances Frenaye, pubblicata nel 1947. Questa traduzione cattura l’essenza dell’opera originale di Levi, permettendo ai lettori di lingua inglese di vivere la sua potente narrazione. Esiste anche un adattamento cinematografico del libro realizzato da Francesco Rosi. Sebbene l’opera sia in italiano, è dotata di sottotitoli in inglese che la rendono accessibile all’estero. Il cast include Gian Maria Volonté nei panni di Carlo Levi ed è molto apprezzata per la rappresentazione fedele dei temi del libro.
Rediscovering “Christ Stopped at Eboli” by Carlo Levi – A tale of Two Eras and a reflection on its relevance today
by Carmelina Micallef
“Christ Stopped at Eboli” by Carlo Levi is a book of profound significance that has stood the test of time. It is a book that invites you to reflect not only on the forgotten region of Lucania, but also on the timeless human struggle against inequality, exploitation, and social neglect. If you haven’t read it yet, you’re missing out on something very special about the human condition because it allows us to engage with themes that continue to resonate in our modern world, emphasising how little has changed in our relationship with society.
Written between 1935 and 1944, during Levi’s political exile under the fascist regime, “Christ stopped at Eboli” documents his experiences in the remote and impoverished region of southern Italy. The title of the book symbolically suggests that in Eboli, a town in the province of Salerno, “civilized life” comes to a halt, and beyond that, human dignity and well-being cease to exist.
Carlo Levi, a doctor, painter, and young intellectual, was not just writing a personal memoir; his work stands as a powerful criticism of the systematic failings that had left the Lucanian people marginalised and forgotten by the rest of Italy. Yet, while the book focuses on a specific place and time, its themes are incredibly universal, touching on issues of isolation and extreme suffering.
At the heart of Levi’s narrative is the plight of the Lucanian peasants, trapped in a severe cycle of poverty with no escape. Their villages falling apart, with no proper infrastructure, their homes overcrowded, lacking even the most basic services. Lives with no dignity or privacy. Levi’s portrayal of these conditions is brutally honest. He shows a community struggling not just with material deprivation, but with a deeper, more insidious social and cultural decline.
Lucania, isolated from the rest of Italy, was not only physically disconnected, but also cut off from the social and intellectual currents that could offer its people a way out of their hardships. Education was almost non-existent and religion, which may have provided comfort elsewhere, had no influence here. Instead, the people of Lucania appeared resigned to their fate, accepting their suffering with a passive fatalism that Levi observed with a mixture of compassion. Yet, within this bleak picture, Levi also captured a remarkable resilience. The peasants, kept a strong sense of community and identity, passed down through family traditions, local customs, and superstitions.
This brings us to an important question: why should we, in the 21st century, still care about a book written nearly a century ago about a forgotten corner of Italy? The answer lies in the parallels between the world Levi describes and the society in which we live today with low incomes, high unemployment and inadequate infrastructure. The inequalities and exploitation that Levi criticised, haven’t disappeared at all; they have only evolved into new forms!
Today, the tragedy is not only that disparities persist, but that we have become increasingly indifferent to them. We live in a society that, despite its technological advancements and material comforts, seems to have lost its capacity for outrage!
Levi challenges us to examine our role in contributing to these conditions. While we are often trapped in modern exile, distracted and disengaged, Levi had the courage to speak out and bear witness, unlike us who too often remain silent and passive.
The people of the South, despite their marginal condition and the “ignorance” they inherited, not through any fault of their own, found unity in their shared values.
Today, we are more connected than ever through technology, yet we often feel more isolated. Our digital interactions, instead of fostering genuine community, have only created a superficial sense of connection. The issue isn’t technology itself, but how we use it. We know by now that when used without awareness of its effects, or by those with malicious intent, technology can further deepen disconnection and even lead to serious harm and death.
I read this book for the first time many years ago in England and in English. Despite the cultural and geographical distance, Levi’s message struck me deeply then. Re-reading it now, in the context of today’s world, it feels even more relevant.
Levi’s work stands out as a powerful call to action urging us not to passively accept the world as it is, but to strive for something better. He reminds us that true progress can only come through education; not just formal schooling, but a broader education that instils in people an awareness of their rights and their worth. Without this, any meaningful change is impossible! Those in power have long understood this; keeping people ignorant is the most effective way to maintain control and create acceptance and alienation. It was true in Levi’s time, and remains true today.
In the face of the shameless arrogance of those in power, who continue to degrade humanity both physically and spiritually, without being challenged, Levi’s voice emerges again as a powerful cry against those whose greed, corruption, and neglect condemn entire communities to squalor and ignorance. Issues such as violence, rudeness, dirt in the streets, and speeding, just to name a few, are frequently dismissed as background noise. These inconvenient realities are often ignored because they seem too complex to tackle, reflecting a troubling tendency to overlook serious problems, rather than confront them directly.
No one should have to live in such conditions. Not in 2024 or ever!
And given our grim reality, one might even wonder if Christ would even stop at Eboli or anywhere else. Disheartened by the ongoing issues, he might simply pass by without a second glance!
Carlo Levi’s “Christ stopped in Eboli” has fortunately been made accessible to a wider international audience through Frances Frenaye’s 1947 translation, which remains highly regarded for its faithful representation of Levi’s original work. Additionally, it was adapted into a film by director Francesco Rosi, which, while in Italian, includes English subtitles, making it accessible to non-Italian speakers. The film stars Gian Maria Volonté as Carlo Levi, alongside Irene Papas and a cast of other distinguished actors who vividly bring this masterpiece to life.