Attualità
Rapporto su imprenditoria 2014 evidenzia positività del lavoro straniero
Il Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con Unioncamere, Cna , Cciaa di Roma, MoneyGram e con il supporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, pubblica il rapporto annuale Immigrazione e Imprenditoria
Roma, 14 luglio – A realizzarlo è stato il Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con Unioncamere, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, Camera di Commercio Industria e Artigianato di Roma, MoneyGram e con il supporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e di esperti di altre strutture. Si tratta del volume sull’imprenditorialità immigrata presentata a tre diversi livelli (europeo, nazionale e regionale), a partire da dati statistici aggiornati alla fine del 2013. Secondo i dati più aggiornati della LabourForce Surveydi Eurostat, nel 2013 il lavoro autonomo-imprenditoriale, che nel 70% dei casi riguarda lavoratori maschi, incide per circa un settimo sull’occupazione complessiva nell’Ue a 28, in uno scenario nel quale l’Italia si evidenzia per essere il Paese con la maggiore presenza di imprenditori (quasi un sesto dei 30,5 milioni attestati dall’indagine campionaria di Eurostat). Seguono la Germania e il Regno Unito, entrambi con una quota di circa un ottavo, e, quindi, la Spagna. Gli imprenditori di origine immigrata, che, sempre secondo la rilevazione di Eurostat, incidono per circa un quindicesimo sull’insieme e in quasi la metà dei casi sono originari di un Paese non comunitario, si concentrano invece soprattutto in Germania (nella misura di quasi un quarto del totale), seguita dal Regno Unito, la Spagna e, quindi, dall’Italia, con una quota di circa un settimo. I principali settori di attività, secondo dati Ocse, in Europa sono innanzitutto l’edilizia (18%), le attività professionali, scientifiche e tecniche (8%) e la manifattura (6%). La stessa Commissione Europea, nel Piano d’Azione Imprenditorialità2020, ha attribuito agli imprenditori migranti un ruolo importante per il rilancio dell’Unione e del suo sistema economico-produttivo, riconoscendo e sottolineando, per la prima volta, l’importanza del loro contributo all’imprenditorialità. Secondo i dati di Unioncamere, al 31 dicembre 2013, sono complessivamente 6.061.960le impresein Italia (incluse anche quelle promosse da immigrati), ma a differenza degli autoctoni, gli imprenditori immigrati hanno raggiunto esiti positivi in termini di bilancio tra imprese avviate e imprese la cui attività, invece, è cessata anche nel corso degli ultimi anni, così pesantemente segnati dalla crisi economica, nonostante le maggiori difficoltà che devono affrontare sul piano burocratico, di accesso al credito e di inserimento nel mercato interno. Tra la fine del 2011 e la fine del 2013, le imprese aguida immigrataregistrate negli elenchi camerali sono aumentate del +9,5%(e del 4,1% nell’ultimo anno), a fronte di una lieve diminuzione di quelle facenti capo ai nati in Italia (-1,6%).Alla fine del 2013 sono 497.080le imprese condotte da cittadini immigrati, con un’incidenzadell’8,2% sul totale. Si tratta in larga maggioranza di imprese individuali(400.583, l’80,6% del totale) e, anche in conseguenza di ciò, di attività a esclusiva conduzione immigrata (94,0%). Circa un ottavo delle ditte individuali registrate alla fine del 2013 è intestata a un lavoratore di origine straniera (12,2%). La prevalente dimensione familiare di queste realtà imprenditoriali è di sostegno al momento della creazione e del primo avvio dell’impresa, ma può funzionare da freno per la sua espansione. Da ostacolo all’ampliamento delle dimensioni aziendali fungono anche le maggiori difficoltà di accesso al credito bancario che gli imprenditori immigrati devono affrontare, cui si tende a rispondere soprattutto tramite l’autofinanziamento e il sostegno delle reti parentali e comunitarie, che si accentua nel caso di certe collettività, come quella cinese. Nell’ultimo anno le imprese condotte da donne di origine straniera (117.703) sono aumentate del 5,4% e, alla fine del 2013, incidono per quasi un quarto sul totale di quelle a guida immigrata (23,7%). A Roma e Milano, le due principali aree provinciali per numero di imprese immigrate, quelle condotte da donne incidono per il 22% e tra tutte le imprenditrici quasi 1 ogni 10 è nata all’estero. Più nel dettaglio, il Nord raccoglie poco più della metà delle imprese immigrate (30,4% nel Nord Ovest e 21,3% nel Nord Est), il Centro oltre un quarto (26,3%) e il Meridione oltre un quinto (22,0%).Prima regione per numero di imprese immigrate è la Lombardia (oltre 94mila, il 19,0% del totale), che si distingue anche per essere l’unica regione del Nord Ovest con un saldo positivo tra imprese (immigrate e non) iscritte e cancellate nel corso del 2013 (al netto delle cancellazioni d’ufficio). Seguono il Lazio, con oltre 60mila (12,2%), la Toscana (48mila, 9,7%) e, quindi, due regioni del Nord Est, Emilia Romagna (46mila, 9,2%) e Veneto (circa 42.500, 8,6%). Le provincepredilette dall’imprenditoria immigrata sono quelle di Roma (51mila, 10,3%) e Milano (42mila, 8,4%). Gli imprenditori di origine straniera seguono per lo più logiche di ricambio degli imprenditori autoctoni in settorifacilmente accessibili, che non richiedono grandi investimenti iniziali e con margini di crescita e di profitto ridotti, segnatamente nel commercio e nell’edilizia, due settori che raccolgono oltre 6 imprese ogni 10. Prevale il commercio (oltre 175mila imprese, 35,2% sul totale), seguito dalle costruzioni (126mila, 25,4%). Seguono, a distanza, le attività manifatturiere (41mila, 8,3%), le attività di alloggio e ristorazione (36mila, 7,2%) e i servizi di noleggio, agenzie di viaggio e altri servizi alle imprese (4,7%). Il primo settore di attività è l’edilizia in molte regioni del Centro e del Nord, mentre il commercio prevale nella Provincia Autonoma di Bolzano, nelle Marche, nel Lazio e in tutte le regioni meridionali. Numerosi sono i casi di piccole realtà editoriali-giornalistiche (i cosiddetti giornali “etnici”), di servizi di assistenza legale e burocratica (disbrigo pratiche), di carattere sociale (come gli asili nido) o altro (agenzie viaggio, call center). Rilevante anche il contributo al settore artigiano, in cui molti mestieri, prima praticati diffusamente dagli italiani, vengono “salvaguardati” per il fatto che sono gli immigrati a farsene carico. I Paesi di origine che si segnalano per un maggior numero di titolari di ditte individuali sono Marocco (61.177, 15,3%), Romania (46.029, 11,5%), Cina (45.043, 11,2%), Albania (30.376, 7,6%), Bangladesh (20.705, 5,2%) e Senegal (16.894, 4,2%). Secondo il rapporto oltre a dedicare maggiore attenzione agli imprenditori che vengono dall’estero e agli investimenti diretti esteri, va sostenuta la diffusa rete dei lavoratori di origine immigrata che continuano a passare dal lavoro dipendente a quello autonomo imprenditoriale e che già assicurano un non trascurabile fattore di sostegno alla nostra economia, producendo il 6,1%del valore aggiunto. Non va sottovalutato, inoltre, il ruolo degli immigrati imprenditori come fattore di internazionalizzazione del sistema imprenditoriale italiano. Secondo una recente indagine del Cnel, il 16% delle imprese immigrate intrattiene contatti con i Paesi di origine degli imprenditori coinvolti e queste potenzialità andrebbero meglio sfruttate anche per unire più saldamente immigrazione e co-sviluppo. Incrementarne il numero e l’impegno è un bisogno e un’opportunità del sistema Paese.