Italiani nel Mondo
Quella lingua che ci unisce e ci separa – The language that unites us and keeps us separate
Quella lingua che ci unisce e ci separa
Anni fa ad Adelaide un incontro inatteso. “Un piacere conoscerla, Mister Hawke” e lui, il primo ministro: “Chiamami Bob”. In Italia un incontro del genere con il Presidente del Consiglio dei Ministri sarebbe impossibile e il motivo si trova proprio nella nostra lingua
Di Gianni Pezzano
Oltre al nostro paese di origine, quel che ci definisce come italiani è la lingua italiana ed è proprio quella lingua che non solo ci unisce, ma crea anche divisioni che spesso segnano il modo con cui vediamo gli altri.
Queste divisioni linguistiche non esistono solo tra gli italiani all’estero di varie generazioni e i loro parenti e amici in patria, ma anche in Italia stessa nelle nostre interazioni quotidiane e sono cosi tante che spesso non ce ne rendiamo conto.
Quell’incontro inatteso
Anni fa nel corso delle mie attività in seno alla comunità italiana di Adelaide in Australia sono stato invitato a un rinfresco alla casa del Ministro federale dell’Immigrazione dell’epoca che era della stessa città.
Eravamo in tanti da varie comunità non australiane e mentre facevo il giro di quelli che conoscevo, non ho notato che l’assistente del ministro chiedeva a piccoli gruppi di invitati di seguirlo in un’altra stanza. Dopo una mezz’oretta è toccato a me e un altro e quando siamo entrati in quella stanza ci siamo trovati con l’ultimo uomo che aspettavamo di vedere quella sera, il Primo Ministro in Australia, Robert Hawke.
Quando mi sono ripreso dalla sorpresa ho teso la mano e gli ho detto, nella versione inglese, “Un piacere conoscerla, Mister Hawke”, lui immediatamente ha risposto con un gran sorriso, “Chiamami Bob” e siamo rimasti a parlare per una ventina di minuti dello scopo dell’incontro. A dire il vero sono uscito da quella stanza in uno stato tra il confuso e lo sbalordito.
In Italia un incontro del genere con il Presidente del Consiglio dei Ministri sarebbe impossibile e il motivo si trova proprio nella nostra lingua, e l’episodio con il Primo Ministro australiano non è altro che una dimostrazione che questa barriera tra politici e cittadini non dovrebbe esistere.
La Casta
Con il titolo del loro libro “La Casta” i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo hanno messo in evidenza i privilegi delle categoria più criticata della nostra società, i politici.
Molte di queste critiche vengono dai privilegi e benefici non accessibili ai loro elettori, ma dobbiamo capire che la barriera tra politici e cittadini in Italia non è stata creata da un libro di questi giornalisti, ma esisteva già da molte generazioni e viene da come interagiamo con loro ed è contenuto appunto nella nostra lingua.
Naturalmente la lingua inglese moderna parte già con un grande vantaggio, i loro antichi thee e ye, cioè le loro versioni dei nostri tu e voi sono spariti quasi due secoli fa. Infatti, c’è un esempio affascinante di questo nel bel film del “La legge del signore” del 1956 con Gary Cooper ambientato nella Guerra di Secessione americana, nel quale i protagonisti quaccheri utilizzano ancora queste forme antiche e i loro vicini ci scherzano sopra.
Però noi italiani fin troppi spesso dobbiamo capire che un motivo per cui non esiste un rapporto più diretto con quelli che in effetti sono i nostri rappresentanti, viene da come parliamo e scriviamo con loro.
Queste differenze di lingua spiegano benissimo perché gli anglofoni hanno un rapporto molto più stretto con i loro parlamentari. Questo viene poi accentuato dalla loro tradizione di girare i loro elettorati per parlare con i cittadini. Infatti questa usanza si chiama “door knocking”, letteralmente bussando sulle porte, perché è esattamente quel che fanno. In un’Italia della quota preferenziale non esiste un incentivo per i nostri politici al fine di incontrare gli elettori in un modo così diretto e personale.
Allora noi italiani non eravamo contenti di farlo solo con i potenti e ora intere categorie usano titoli che non esistono in altre lingue e quindi creano nuove classi basate sulle professioni
Vita quotidiana
Tra un articolo e il prossimo mi trovo regolarmente a fare traduzioni dall’italiano all’inglese e quell’episodio ad Adelaide mi viene spesso in mente.
Già di per sé, come succede in molte lingue, le forme del formale e informale creano divisioni tra interlocutori. Naturalmente esistono le gentilezze attese con persone sconosciute e l’ho incontrato anche quando ho studiato il francese, ma noi italiani l’abbiamo portato a un livello ancora più radicale.
Quando mi arrivano le traduzioni che si riferiscono all’avvocato tal dei tali, l’ingegner Caio Rossi e l’architetto Sempronio di Latino penso anche alle nostre interazioni con loro e vedo come l’uso di questo titoli creano barriere tra persone, che determinano come le vediamo.
Sappiamo benissimo che la nostra Storia è basata secolo dopo secolo su scontri tra i potenti e che la popolazione “bassa” era soggetta alle volontà e le esigenze delle Signorie e le moltissime invasioni straniere, che hanno fatto sì che quelle varie categorie della popolazione erano ben separate e il nostro modo di incontrare i potenti di vario genere erano dettate da regole ben precise.
Democrazia si o no?
Ci vantiamo della nostra democrazia che è alla base del nostro sistema parlamentare, è un sistema di governo che si basa su un principio preciso, che ogni cittadino ha gli stessi obblighi, gli stessi diritti e, almeno in teoria, la possibilità che siamo noi a decidere il nostro destino personale.
Però, questo nostro modo di affrontare i politici e coloro che hanno un ruolo fondamentale nelle fasi importante della nostra vita e che viene mostrato nelle forme con cui interagiamo con loro dimostra che, come scrisse George Orwell nel suo libro epocale “La Fattoria degli Animali”, “gli animali sono tutti uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri” e quindi non abbiamo una vera società di pari…
Allora la domanda viene spontanea, e se la nostra crisi della Democrazia con la continua diminuzione del numero di votanti e la spaccatura nella popolazione esposta ai risultati del voto del 4 marzo non sia dovuta al fatto che non ci consideriamo davvero in una società equa?
In ogni caso, non dobbiamo dare la colpa sempre e ovunque solo alla “casta”, i “politicanti” e come vogliamo chiamare i quasi mille parlamentari nella due Camere a Roma. Anche noi cittadini dobbiamo assumere la nostra responsabilità perché ci siamo rassegnati che il nostro ruolo consista soltanto nel mettere un segno su un foglio di carta in una cabina elettorale ogni tanto.
Se vogliamo davvero che i parlamentari ci rappresentino noi dobbiamo anche svolgere il nostro vero ruolo. Non solo dobbiamo dire loro quel che vogliamo, ma abbiamo l’obbligo anche di informarci di quel che davvero succede nel nostro nome nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama e capire le proposte di legge e il senso vero dei dibattiti finti che vediamo nei salotti televisivi.
Per assicurarci che la nostra Democrazia funzioni come vogliamo dobbiamo iniziare dall’abbattere quelle barriere tra noi e i nostri rappresentanti e questo inizia con il nostro tesoro più importante, la nostra lingua. Non succederà oggi, ma deve succedere perché la Democrazia dovrebbe essere una sistema di governo tra pari e la nostra lingua non ci permette di trattare i politici in questo modo.
Siamo capaci di capire che cambiare i pregiudizi nascosti nella nostra lingua è soltanto una parte del problema e di conseguenza trovare una soluzione ai problemi che affliggono la nostra politica da troppo tempo e che coinvolge tutti e non solo i soliti potenti?
The language that unites us and keeps us separate
Years ago in Adelaide an unexpected meeting. ” Pleased to meet you Mr. Hawke ” and him, the prime minister: “Call me Bob”. In Italy such a meeting with its Prime Minister would be impossible and the reason is found in our language
By Gianni Pezzano
In addition to our country of origin, what defines us as Italians is our language and it is this very language that not only unites us, but also creates divisions that often mark how we see others.
These linguistic differences do not exist only between Italians overseas of various generations and their relatives and friends in Italy, but also in Italy itself with our daily interactions and are so many that often we do not notice them
That unexpected meeting
Years ago during my activities in the Italian community in Adelaide, Australia I was invited for drinks at the house of the then federal Minister for Immigration who lived in the same city.
There were many of us from various ethnic communities and as I made the rounds of those I knew I did not notice that the Minister’s personal assistant asked small groups to follow him into another room. After about a half hour it was my turn with another and when we entered the room we found ourselves with the last man we expected to see that evening, then Australian Prime Minister Robert Hawke.
When I got over the surprise I extended my hand and said “Pleased to meet you Mr. Hawke” and he immediately answered with a big smile “Call me Bob” and we then spoke for about twenty minutes about the reason for the meeting. To tell the truth I walked out of that room in a state of confusion and surprise.
In Italy such a meeting with its Prime Minister would be impossible and the reason is found in our language and the episode with Australia’s Prime Minister is only a demonstration of this barrier between politicians and citizens that should not exist.
The Caste
With the title of their book “La Casta” (The Caste) journalists Gian Antonio Stella and Sergio Rizzo highlighted the privileges of the most criticized category in our society, the politicians.
Much of this criticism comes from the privileges and benefits that are not available for their voters, but we must understand that the barrier between politicians and citizens in Italy was not created by the journalists’ book, but it had already existed for many generations and came from how we interact with them and is contained in our language.
Naturally modern English already has a big advantage, their ancient ye and thee disappeared two centuries ago. IN fact, there is a fascinating example of this in the great 1956 film “Friendly Persuasion” with Gary Cooper set in the American Civil War in which the lead roles, a Quaker family, still used this ancient form and their neighbours joke about it.
However we Italians all too often we must understand that one reason that there is no closer relationship with those that are in effect our representatives comes from how we speak and them and write to them.
These differences in language explain very well why English speakers have a closer relationship with their parliamentarians. This then is accentuated with their tradition of “door knocking”. In an Italy where a percentage of parliamentarians are voted preferentially there is no incentive for our politicians to meet their voters in such a direct and personal fashion.
Then we Italians were not happy to do this only with the powerful and now whole categories use titles that do not exist in other languages and therefore create new classes based on professions.
Daily life
Between one article and the next I regularly find myself translating from Italian to English and the episode in Adelaide often comes to mind.
Already on its own and as happens also in other languages, the formal and informal forms create divisions between people. Naturally there are the expected courtesies with people we do not know and I found this when I studies French as well, but we Italians have brought this to an even more radical level.
When I get translation that refer to people such as “Lawyer Marco Rossi”, “Engineer Pietro Ferrari” and “Architect Antonio Romano” I also think of our interactions with them and I see how the use of these titles create barriers between people and determine how we see them.
We know very well how our history was based on centuries of struggle between the powerful and that the “lower” levels of the population were subject to the whims and needs of the reigning families and the many foreign invaders which ensured that the various categories of the population were well separated and that our way of meeting the powerful of various types were dictated by very precise rules.
Democracy yes or no?
We boast about our Democracy which is the basis of our parliamentary system. It is a system of government with a precise principle, that every citizen has the same obligations, the same rights and, at least in theory, the same possibility that we are the ones who decide our personal fates.
However, our way of meeting politicians and those who have an essential role in important stages of our lives and which is shown in the form of language in which we interact with them shows that, as George Orwell wrote in his great book “Animal Farm”, “all animals are equal, but some animals are more equal than others” and therefore we no longer have a true society of equals.
So the questions springs naturally, what if the crisis in our Democracy with the continual reduction of the number of those who vote and the split in our population revealed in the election of March 4th is not due to the fact that we really do not consider ours a fair society?
In any case, we must not always and in every case blame only the “caste” or the “blowhards” as we want to call out nearly a thousand parliamentarians in the two Chambers in Rome. Even we citizens must take part of the blame because we have accepted that our only role is to put a sign on a piece of paper in a polling booth every so often.
If we truly want our parliamentarians to represent us we must also carry out our true role. Not only must we tell them what we want, we also have to be informed of what really happens in the two Chambers of the Italian Parliament and understand the proposed laws and the true sense of what we see of the fake debates we see on the TV shows.
In order to ensure that our Democracy truly works we must begin to knock down the barriers between us and our representatives and this begins with our greatest treasure, our language. It will not happen today, but it must happen because Democracy must be a system of government between equals and our language does not allow us because to treat politicians in this way.
Are we able to understand that changing the prejudices hidden in our language is only one part of the problems and as a consequence find a solution to solve the problems that affect our politics for too long which affect everyone and not only the usual powerful people?