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Arte & Cultura

Perché ho scritto ‘Gli Occhiali di Machiavelli’

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Tempo di lettura: 4 minuti

Non volevo restituire una verità assoluta su personaggi, eventi, battaglie, ma una possibile prospettiva su queste cose perché anche la storia che conosciamo e studiamo è sempre il frutto di filtri e interpretazioni.

di Ezio Cartotto

Ho scelto di scrivere un libro che non fosse solo per appassionati di storia, ma per tutti: ragazze e ragazzi curiosi di capire da dove veniamo e dove stiamo andando, donne  e uomini adulti attratti non solo da politica, strategie e cultura che hanno caratterizzato determinati periodi storici, ma anche da quell’aneddotica, spesso sconosciuta, che la storia la fa dal basso. Un libro che usa un linguaggio fluido, comprensibile, che non si incarta su date e minuzie, ma che ha l’ambizione di restituire al lettore un grande affresco che senza sconfinare nell’invenzione, si avvale di toni a tratti romanzeschi per rendere più godibili i meri fatti e semplificare certi grovigli altrimenti comprensibili solo agli esperti in materia. Non volevo restituire una verità assoluta su personaggi, eventi, battaglie, ma una possibile prospettiva su queste cose perché anche la storia che conosciamo e studiamo è sempre il frutto di filtri e interpretazioni.

Le mie lenti sono state quelle di Machiavelli: da qui il titolo del libro, “Gli occhiali di Machiavelli”, disponibile da settembre 2020 su Amazon nella sua versione cartacea e aggiornata, dopo quella digitale uscita nel 2017. 

Gli occhiali di Machiavelli vogliono rimandare all’idea di un’interpretazione molto realistica nel leggere gli ultimi secoli di storia dell’umanità. Sono partito dalla rivoluzione francese e dalla guerra civile americana per concludere con i misteri irrisolti della politica italiana.

Mi precede una breve, brillante e illuminante prefazione di Pierluigi Castagnetti che, come sono solito dire, vale (quasi!) tutto il libro: uomo di fine intelletto, curioso, indagatore, custode di valori e memorie comuni, è uno studioso, scrittore ed ex politico che ha avuto l’onere e l’onore di ricoprire il ruolo di Vicepresidente della Camera dei deputati. Le sue osservazioni sono un breve saggio di intelligente scrittura critica che va letto a sé.

Ho scelto di partire dalla Rivoluzione Francese perché il mondo di oggi è fortemente compenetrato da quel che accadde in quel preciso momento storico. Allora, per rendere migliore l’attività della politica, si provò di tutto: la monarchia assoluta, quella costituzionale, la repubblica parlamentare, la dittatura di un partito, l’oligarchia dei ricchi che comandavano e infine un regime militare populista. L’obiettivo della rivoluzione nella sua ultima versione era quello di essere riconosciuta dall’Europa e dal mondo intero.

Con la sconfitta di Waterloo il sogno si infranse. La storia proseguì sotto la guida della monarchia costituzionale inglese appoggiata da un’oligarchia parlamentare di ricchi mercanti e proprietari terrieri. Ciò favorì il pensiero anarchico e infine socialista di Marx che si riteneva debitore sia di Hegel che di Robespierre, a sua volta erede di Voltaire e soprattutto di Rousseau.

Marx fu recepito poi dai rivoluzionari del secolo scorso, ognuno a modo suo.

Mussolini, Hitler, Lenin, Stalin: tutti loro interpretarono le precedenti lezioni cercando di far trionfare con tutti i mezzi, in maniera machiavellica, le proprie idee.

A ciò va aggiunto quel che accadde in America dove uno dei più grandi uomini di tutti i tempi, Abramo Lincoln, predecessore, per molti versi, di Nelson Mandela, riuscì a liberare il popolo dei neri schiavizzati dai bianchi nelle piantagioni di cotone. Purtroppo, come è noto, questo avvenne dopo una guerra civile esasperata e sanguinosa che Lincoln non voleva, ma che costò la vita ad un milione di americani, come ben ci ha raccontato nel romanzo e sullo schermo la suggestiva epopea di “Via col Vento”.

Di Lincoln, però, racconto anche tanti dettagli personali, psicologici, curiosi: la sua tendenza a fare  sogni premonitori, il carattere schivo e teso alla malinconia, il severo ottimismo, se così si può dire, che lo portò a intraprendere quest’opera di liberazione perché credeva profondamente nell’uguaglianza di ogni uomo. Come disse nel celebre discorso di  a Gettysburg: “… e che l’idea di un governo del popolo, dal popolo e per il popolo, non scompaia dalla terra.”

Mi sono attardato a cercare le ombre e le sfumature di altri grandi personaggi come Robespierre, detto l’incorruttibile, che soffrì di quella che oggi chiameremmo depressione, o di Hitler e del suo grande amore che non fu Eva Braun , bensì Geli Raubal, sua nipote morta suicida.

Parlo degli Zar e della controversa figura di Rasputin, di Lenin e Stalin, delle mie lacrime quando morì Kennedy e di quel gran signore che fu Gorbaciov.

Mi soffermo sulla nostra politica del dopoguerra, su figure di primo piano come  De Gasperi  e Togliatti, sulle elezioni che si susseguirono tra vittorie, sconfitte, e difficili rapporti tra correnti di partito. E poi il caso Moro, le relazioni istituzionali, ma anche quelle segrete, le varie massonerie, la P2, Licio Gelli, il crollo di Tangentopoli a cui seguì un nuovo scenario politico dettato soprattutto dalla nascita di Forza Italia.

All’inizio e alla fine di questa narrazione storica che si fa racconto sempre più intimo, quasi che ognuno di noi, pagina dopo pagina, ne fosse ormai il protagonista, lancio domande e dubbi sui modelli esistenziali che oggi ci vengono continuamente proposti come panacea per tutti i mali: modernità, nuove tecnologie, flussi telematici, eterno benessere ed eterna giovinezza, le grandi risorse di questa vita “iper connessa”, ma a “distanza” che la pandemia ha messo ancora di più in primo piano.

Eppure per svolgere un ruolo ancora positivo su questo pianeta dobbiamo ritrovare il fondamento del nostro vivere in questo mondo, del nostro incontrare, in una dimensione spazio-tempo normale e non accelerata, gli altri esseri umani che non sono il residuo biologico di una rete informatica mangia cervelli. Scriveva André Malraux nel suo capolavoro “La Condition Humaine” che una cosa sola era essenziale nella vita di un uomo, una cosa sola faceva sì che un uomo si potesse chiamare con quel nome, la dignità.

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