Connect with us

Attualità

Perché crediamo alle fake news?

Published

on

Tempo di lettura: 4 minuti

La prima spiegazione a questo pericoloso fenomeno è che siamo diventati talmente frettolosi e superficiali da essere stupidi

Di T. Primozich

Internet ha rivoluzionato l’accesso alle notizie di milioni e milioni di persone nel mondo. Allo stesso tempo la rapidità con cui qualsiasi informazione viene veicolata, oltre che dai siti o blog, ancor più dai social network, lascia poco tempo alla riflessione e all’approfondimento. Accade così che nel passaparola virtuale anche ‘l’asino che vola’ diventa una verità. E mentre nel passato qualsiasi bambino avrebbe guardato quantomeno in cielo per essere sicuro che un asino non può volare, oggi ognuno in età adulta è portato a credere a qualsiasi inverosimile notizia riportata sul web.

La prima spiegazione a questo pericoloso fenomeno è che siamo diventati talmente frettolosi e superficiali da essere stupidi. Il più delle volte in effetti il tempo passato online per aprire la posta, rispondere a mail o semplicemente guardare ‘che si dice’ nel nostro profilo facebook, ci porta automaticamente ad essere veloci, e si finisce con il leggere solo i titoli e magari mettere un ‘mi piace’ del tutto irrazionale.

Il web è un mondo davvero ampio e riuscire ad incanalare secondo le nostre volontà tutti gli stimoli che ci trasmette è assai complicato per il cervello umano. Più che guidare nel web finiamo col farci guidare da qualsiasi input riesca a smuovere la nostra parte più irrazionale, toccando le corde delle nostre convinzioni e dei nostri sentimenti.

Proprio due giorni fa per l’ennesima volta via messenger mi è arrivato il solito messaggio del solito bambino affetto da leucemia grave. La richiesta era di donare al più presto sangue di un determinato gruppo sanguigno ed il messaggio, che esortava alla celerità di questa azione donatrice, finiva con questa frase: se non lo farai sei un mostro! Ora immaginiamo che qualcuno bussi alla porta di casa di uno di noi e ci esorti a donare il nostro sangue in immediato per salvare un bambino, in condizioni normali e soprattutto avendo l’interlocutore davanti a noi, cosa accadrebbe?

La risposta è semplice: ognuno di noi chiederebbe chi è il bambino, da quanto tempo soffre di questa malattia, quante probabilità ha di salvarsi con la nostra trasfusione, quanti altri sono accorsi a donare e soprattutto sarebbe per noi facile sapere che si tratta di una emergenza del qui e ora. Tutto questo sul web non accade, ed il messaggio che mi è arrivato due giorni fa è una cordata di aiuto ad un bimbo vero….del 2007!!! A dimostrazione del fatto che i social network possono essere strumenti preziosi se utilizzati dall’uomo con intelligenza. Nel caso specifico bastava quantomeno indicare una data di inizio e di fine per le eventuali donazioni di sangue.

E qui si inserisce un altro problema del cervello umano, che oltre ad essere diventato incapace di spirito critico, trova il modo di ‘sentirsi utile’ con un like o un passa parola a tutti i contatti senza aver fatto proprio nulla di fisicamente rilevante. Tornando all’esempio del bambino leucemico, quanti di noi sarebbero corsi in ospedale per farsi prelevare il sangue? Poco male se pochi, in fondo basta un click per sentirsi eroi! Più facile di così!

Ma la pericolosità del fenomeno delle fake news ha orizzonti e conseguenze molto più ampi del semplice intasare i centralini di un ospedale per donare il proprio sangue. E’ a rischio la democrazia del globo, come dimostrano alcuni studi su questo argomento di difficile soluzione.

Lo scienziato cognitivo del MIT David Rand ha scoperto che, in media, le persone sono inclini a credere alle notizie false almeno il 20% delle volte. In uno dei suoi esperimenti Rand ha illustrato il lato oscuro della euristica fluente, la nostra tendenza a credere alle cose a cui siamo stati esposti in passato. Lo studio presentava argomenti con titoli, alcuni falsi, altri veri, in un formato identico a quello che gli utenti vedono su Facebook. Rand ha scoperto che il semplice fatto di essere esposto a notizie false (come un articolo che sosteneva che il presidente Trump avrebbe rilanciato la bozza) rende le persone più inclini a valutare quelle storie come ‘conosciute’  più avanti nell’esperimento. Se hai già visto qualcosa, “il tuo cervello inconsciamente lo usa come indicazione che è vero”, ha spiegato Rand. Questa è una tendenza che i propagandisti di politica hanno usato consapevolmente. Inoltre molti studi dimostrano che l’individuo è portato a credere a tutto quello che conferma i suoi pregiudizi.

Politici e tecnologi hanno avvertito che con questo metodo si sta cercando di manipolare le elezioni in tutto il mondo diffondendo la disinformazione. Questo è ciò che gli agenti russi hanno fatto nel 2016, secondo le agenzie di intelligence degli Stati Uniti. E lo stesso pericolo si paventa per le prossime elezioni americane.

La posta in gioco è persino più alta delle elezioni e della possibile manipolazione delle menti per vincerle. La nostra capacità critica è importante ogni volta che una madre chiede a Google se il bambino deve essere vaccinato. In India, le false voci sui rapimenti di bambini che si sono diffusi su WhatsApp hanno spinto i mob a picchiare persone innocenti a morte.

Non esiste una soluzione rapida, sebbene le aziende tecnologiche siano sottoposte a crescenti pressioni per trovare soluzioni. Facebook ha perso più di $ 120 miliardi in valore delle azioni in un solo giorno a luglio, poiché la società si è occupata di una serie di problemi che limitano la sua crescita, comprese le critiche su come le teorie della cospirazione si sono diffuse sulla piattaforma. Ma gli ingegneri non possono insegnare alle macchine a decidere cosa sia vero o falso in un mondo in cui gli umani spesso non sono d’accordo.

Gli studi hanno dimostrato che le persone presumono che più qualcosa appare nei risultati di ricerca di Google, più è affidabile. Ma gli algoritmi di Google riportano contenuti basati su parole chiave, non su verità. Se chiedi di utilizzare i semi di albicocca per curare il cancro, lo strumento troverà doverosamente pagine che affermano che funzionano. “Un motore di ricerca è un motore di ricerca”, afferma Richard Gingras, vice presidente delle notizie di Google. “Non penso che nessuno voglia davvero che Google diventi l’arbitro di ciò che è o non è un’espressione accettabile.

La risposta è come sempre culturale, nel senso che è più che mai urgente risvegliare l’umana coscienza critica che sappia interpretare con obiettività qualsiasi stimolo informativo arrivi dal web. Non è cosa semplice e la deriva delle fake news è il populismo complice una popolazione umana incapace di prendere decisioni. A noi la scelta se credere che ‘l’asino vola’.

Print Friendly, PDF & Email