Arte & Cultura
Pavia, La Battaglia, il futuro. Niente fu come prima
Al Castello Visconteo, dal 14 giugno al 15 novembre – l’eccezionale esposizione di uno dei grandiosi e celebri arazzi fiamminghi sulla “Battaglia di Pavia”. Touchscreen e retroproiezioni dinamiche in 3D per entrare nella storia e nei capolavori cinquecenteschi.
Pavia, 25 giugno- Carlo d’Asburgo già re di Spagna, imperatore del Sacro Romano Impero con il nome di Carlo V avrebbe sicuramente apprezzato un dono capace di fissare nella memoria dei posteri il recente trionfo del suo esercito in quell’avamposto strategico del Ducato di Milano ch’era Pavia, con il cambiamento radicale delle strategie di combattimento e lo smacco inferto al Re di Francia: un racconto delle gesta dei suoi soldati tanto minuzioso quanto immediato e comprensibile a tutti, una “cronaca” grandiosa e preziosa della schiacciante vittoria imperiale. E’ stato probabilmente questo pensiero a indurre i rappresentati degli Stati Generali a commissionare una serie di giganteschi arazzi raffiguranti tutte le fasi della battaglia, consumata il 24 febbraio 1525 nel parco visconteo di Pavia, per farne dono a Carlo V in occasione dell’Assemblea degli Stati Generali del 1531. Tre anni di lavoro – dal 1528 al 1530 – per realizzare un dono impressionante: 7 pannelli intessuti in lana, seta e fili d’oro dalle manifatture della città belga, su cartoni disegnati da Bernard van Orley, che non lasciavano dubbi sugli avvenimenti cruciali di quell’epocale scontro. A 490 anni Pavia ricorda la cruciale battaglia partendo proprio da questo straordinario documento d’arte e storia, in un’interessante e innovativa mostra che al Castello Visconteo, nell’ala sud del secondo piano, restaurata e aperta al pubblico per la prima volta, espone l’ultimo arazzo del ciclo prestato eccezionalmente dal Museo di Capodimonte – un’enorme opera cinquecentesca di quasi 8 metri di lunghezza e 5 di altezza – e ripropone “virtualmente” gli altri sei arazzi, consentendo al visitatore, grazie a installazioni multimediali e tecnologie innovative, di osservare e indagare passo-passo ogni singola scena e dunque di rileggere le vicende, scoprire i protagonisti e le loro storie, comprendere mode, abitudini del tempo e tecniche di combattimento, crudeltà e tragedie, eroismi e paure. Una mostra che è promossa dal Comune di Pavia con il contributo dell’Associazione Pavia Città internazionale dei Saperi e della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, organizzata dai Musei Civici di Pavia con Villaggio Globale International, in collaborazione con il Mibact-Museo di Capodimonte e con l’Università degli Studi di Pavia, la Bulgarian Academy of Sciences, Aspen Institute Italia, Associazione Parco Vecchio; curata da Susanna Zatti Direttore dei Musei Civici di Pavia, Luigi Casali esperto di storia militare e Virginio Cantoni dell’Università di Pavia-Computer Vison and Multimedia Laboratory, la mostra è nell’ambito di Experienza pavese che si vale del patrocinio Expo 2015. Ci sono battaglie che – ahinoi – divengono memorabili: segnano il corso della storia, definiscono equilibri e poteri, miserie e arricchimenti, ma anche rivoluzioni tecnologiche e sociali; battaglie che cambiano i destini di uomini e Paesi, divenendo emblema del passaggio da un’epoca a un’altra, oggetto di narrazioni epiche e di grandiose rappresentazioni iconografiche. La Battaglia di Pavia è una di queste. Lo scontro feroce che si consumò attorno alla città lombarda, durante la guerra d’Italia del 1521-1526, tra l’esercito ispano-imperiale guidato dal vicerè di Napoli Charles de Lannoy e i soldati capeggiati dal Re di Francia Francesco I, decretò la fine di un’epoca politica, militare, culturale e sociale, con la sconfitta drammatica della cavalleria francese e la cattura del Re. Gli aristocratici e intaccabili guerrieri coperti di ferro e lungamente addestrati, ostinatamente aggrappati agli ideali di un mondo al tramonto, furono massacrati senza pietà da cenciosi e poveri soldati, arruolati per pochi scudi ma dotati di rivoluzionarie armi da fuoco. “Benedetti quei fortunati secoli cui mancò la spaventosa furia di questi indemoniati strumenti…” dirà Don Chisciotte nel discorso sulle armi e le lettere improvvisato in un’osteria. Il prode eroe a cavallo, pronto con la sua spada allo scontro corpo a corpo, cadeva sotto il fuoco di lontani archibugi impugnati da semplici comprimari. L’epoca della cavalleria si era conclusa. Sul piano politico poi, la battaglia segnò il corso della storia europea, consegnando di fatto la Lombardia, e quindi l’Italia, alla Spagna, perché “le chiavi di Napoli erano a Milano” come ben sapeva ogni diplomatico avveduto. Negli anni immediatamente successivi, dopo che Francesco I fece ritorno in Francia dalla prigionia spagnola, ci furono altre battaglie, altri assedi, altri saccheggi; l’Italia attraversò uno dei periodi più cupi della sua millenaria storia, ma il quadro strategico generale delineato dalla battaglia del 1525 non subì mutamenti. Nel 1535, dopo la morte di Francesco II Sforza, la Lombardia divenne una provincia spagnola. Il grandioso ciclo d’arazzi fiamminghi, realizzato a pochissimi anni di distanza dall’avvenimento, ci consegna dunque la più celebre tra le raffigurazioni della Battaglia di Pavia, giunta nelle collezioni statali italiane nel 1862 dalla raccolta della famiglia d’Avalos, dopo diversi passaggi: la stessa nobile casata di quel Francesco Ferdinando d’Avalos, marchese di Pescara, che fu il vero artefice della vittoria imperiale sia nella definizione del piano d’attacco che nella direzione della battaglia. La qualità è straordinaria. I laboratori di Bruxelles erano rinomati nella produzione degli arazzi sia per la resa figurativa affidata a pittori di fama, sia per l’uso di materiali di pregio. Il restauro della serie effettuato alla fine degli anni Novanta, ha permesso di individuare il monogramma dell’arazziere Willem Dermoyen, lo stesso cui si deve l’altro famoso ciclo di arazzi appartenuto all’imperatore, Le Cacce di Massimiliano. La presenza del monogramma conferma poi che la tessitura dovette iniziare non prima del 1528, anno dell’editto che impose di siglare le produzioni di Buxelles. Sono invece attribuiti al fiammingo Bernard Van Orley i disegni preparatori degli arazzi, che sono stati lavorati “a basso liccio” ovvero con le scene riportate sui singoli cartoni – tutti dispersi – in controparte rispetto ai disegni o modelletti, ora conservati presso il Gabinetto del Louvre. Van Orley per illustrare i singoli episodi – peraltro corrispondenti senza sostanziali inesattezze alla realtà dell’accadimento militare e alla collocazione topografica – si rifà alle informazioni che circolavano presso la corte, dov’erano gli esperti militari, e realizza una narrazione dai toni celebrativi del potere imperiale. I suoi modelli di riferimento sono le incisioni di battaglia ma anche le celebri raffigurazioni di soggetti affini dei grandi maestri del Rinascimento italiano come Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Giulio Romano: da loro deriva la vigorosa resa plastica delle figure, la felice distribuzione spaziale degli aggruppamenti, la scansione delle scene su più piani prospettici, la monumentalità compositiva; mentre il gusto per la raffigurazione di aspetti di realtà quotidiana con l’inserimento di scene di genere con nessuna attinenza al tema militare o la minuta descrizione di elementi architettonici o paesistici, le nature morte con fiori e frutti, derivano evidentemente dalla tradizione fiamminga. Il grande arazzo presente in mostra (435 x 789 cm), esposto nella Torre Sud-ovest del Castello Visconteo, è l’ultimo della serie ed è collocato a conclusione del percorso espositivo. Prima di giungervi, nell’infilata di sale dell’ala sud, ove lo sguardo può spingersi fino al reale campo di combattimento, un innovativo e originale allestimento informatico e interattivo – realizzato da DNA Cultura – restituisce virtualmente gli altri arazzi, a ricomporre la narrazione, dando modo ai visitatori di interagire con le scene illustrate grazie ad appositi touchscreen e di “entrare”, attraverso grandi retroproiezioni dinamiche in 3D, negli arazzi e nella battaglia: tra i lanzichenecchi della Banda Nera al soldo del re di Francia e quelli imperiali, tra i fanti svizzeri e i cavalieri crociati; tra archibugieri imperiali e artiglieri francesi, tra famosi e nobili cavalieri e impavidi contadini, con la possibilità di scegliere diversi approfondimenti tematici. Quindi si giunge alla Torre. L’arazzo eccezionalmente esposto raffigura la “Sortita degli assediati e la rotta degli Svizzeri che annegano in gran numero in Ticino”. La scena è dominata da una magnifica Pavia: la città che sotto il comando di Antonio de Leyva aveva resistito per quasi quattro mesi all’assedio di Francesco I, consentendo il trionfo in quel nebbioso 24 febbraio 1525; la città che darà il nome alla Battaglia e che sarà ricordata per questo dai posteri, a gloria imperitura di Carlo V. Lo scontro appare prossimo alla conclusione: l’esercito francese è disfatto, i soldati vengono spinti verso il Ticino dalla cavalleria imperiale, i civili escono dai rifugi e sono anch’essi in fuga. Al centro, un cavaliere imperiale colpisce un fante svizzero con la lancia: l’epilogo di una battaglia che ha cambiato la geografia politica d’Europa e nulla fu come prima. La mostra pavese propone anche un’originale sezione didattica sviluppata dall’Università degli Studi di Pavia – Computer Vision and Multimedia Laboratory, con la collaborazione dell’Accademia delle Scienze di Bulgaria nell’ambito del progetto europeo Advanced Computing for Innovation. Gli studenti della Facoltà di Ingegneria, sotto la guida del Professor Virginio Cantoni, nell’ambito del corso di Computer Vision, hanno progettato attività didattiche ed esperienziali che coinvolgeranno il pubblico con ricostruzioni 3D, simulazioni virtuali, modalità d’interazione oculare e gestuale nella navigazione degli arazzi. Verrà inoltre presentata la trasposizione in immagini tattili del contenuto degli arazzi, per consentirne fruizione ed esplorazione da parte di persone ipo e non vedenti.