Diritti umani
Ombre silenziose abbracciate alla loro piccola tecnologia
La comunicazione tramite messaggi vocali o messaggi in chat non è una comunicazione: è la distruzione del linguaggio
Di Anna Maria Antoniazza
Pensiamo spesso a chi ci ha fatto del male e soprassediamo invece al pensiero più bella della nostra vita che è quello legato alle persone che ci hanno voluto bene veramente.
Trascorriamo anni magari perdendo tempo dietro a chi non ci dà valore, è incapace di farci crescere, privo di stimoli, da cui finiamo per dipendere solo in virtù dell’abitudine di un aperitivo o di un incontro al bar vicino casa.
Chi ci ha voluto bene veramente spesso non rappresenta una presenza costante della nostra vita. Sono le persone con cui non scambiamo in continuazione messaggi su whatsapp: le chiamiamo direttamente come ai vecchi tempi in cui i social network non invadevano così tanto le nostre vite, in un esibizionismo inutile e poco riflessivo.
La comunicazione tramite messaggi vocali o messaggi in chat non è una comunicazione: è la distruzione del linguaggio, l’uso della parola nella sua continuità, nell’ascolto dei silenzi altrui, nell’improvvisazione di un ricordo, in un abbraccio emotivo che tutto unisce e solidifica.
Torniamo a parlarci, non a scriverci. E se proprio dobbiamo scrivere qualcosa limitiamoci ad inviare la nostra posizione alla persona che dobbiamo incontrare.
Non abusiamo di questi strumenti di tortura del linguaggio, che uccidono parole e modi di dire: non vanifichiamo la nostra lingua, le straordinarie conversazioni che possiamo avere in virtù di mezzi elettronici che spezzano la continuità del pensiero e dell’interazione umana, che lasciano troppa sospensione, che separano senza mai unire veramente.
Siamo fatti per parlarci, per guardarci negli occhi: non per scriverci. Abbiamo una forza nella parola pronunciata, dalla semplice chiacchera occasionale al grande ritrovo di chi non vedi da tempo che ancora dobbiamo riscoprirne il valore.
Siamo fatti per abbracciarci, per vivere momenti insieme, nella realtà del quotidiano, non nelle chat o in stupidi messaggi vocali che commentano una vita priva di un vero contatto con il prossimo, con l’Altro.
Le persone quando cammino per strada neanche si guardano più: sono ombre silenziose abbracciate alla loro piccola tecnologia che li illumina di un tetro fantasma. Quello della solitudine incombente, dell’assenza di sguardi, di attenzioni, dell’isolamento sociale. E mai come ora abbiamo bisogno di tornare ad avere un contatto umano, quello che si respira quando ci si incontra e non si guarda in continuazione il cellulare rimanendo vittime inconsapevoli di alert, notifiche e click buttati a caso.
Abbiamo tutti una vita che vale molto di più e che solo l’intimità di due persone che si incontrano è in grado di santificare.
Del resto “Che maledetto vizio ha l’infinito. Ha tutto l’universo a disposizione e va a nascondersi dentro uno sguardo.” (cit. F. Caramagna)