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Arte & Cultura

Omaggio a Django Reinhardt al Teatro Torbellamonaca

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Giorgio Tirabassi ha omaggiato, accompagnato dagli “HOT CLUB ROMA”, la leggendaria figura di Django Reinhardt, musicista belga naturalizzato francese che tra gli anni 20 e gli anni 40 ha incantato l’Europa e gli Stati Uniti

di Andrea Cavazzini

Ieri sera al  Teatro Torbellamonaca,  Giorgio Tirabassi ha omaggiato, accompagnato da un quartetto d’eccezione quello degli HOT CLUB ROMA”, la leggendaria figura di Django Reinhardt, musicista belga naturalizzato francese che tra gli anni 20 e gli anni 40 ha incantato l’Europa e gli Stati Uniti con una tecnica di esecuzione unica al mondo nel suonare la chitarra.
Di etnia sinti Django con la sua unicità, ha rivoluzionato il modo di suonare la chitarra, dando vita ad un genere che attingendo dalle tradizioni gitane e fondendole con il jazz ha preso il nome di manouche.

Uno zingaro ribelle, inaffidabile, attratto dalle donne ma anche marito e padre e che amava suonare per il gusto di farlo senza rincorrere il facile arricchimento e il successo a tutti costi. Django non era mai andato a scuola era analfabeta ma aveva un grande dono: il talento.

Iniziò a suonare a 12 anni prima il violino, poi il banjo e suonava per istinto, guidato dalla magia del suo talento e le dita correvano veloci sulle corde. Poi una sera rientrando da un concerto nella sua roulotte il destino ci mise lo zampino, quando una delle candele accese cadde sopra un mazzo di fiori finti con cui la moglie aveva adornato il loro rifugio errante. Fu un attimo, la roulotte prese fuoco e Django fu avvolto rapidamente dalle fiamme riuscendo a salvarsi per miracolo aiutato dal suocero. Ma una parte della mano rimase offesa per sempre. Perse due dita. Ma lui non si perse d’animo e continuò a suonare, esercitando le dita rimaste e spostando successivamente la sua attenzione sulla chitarra, perché le corde erano più morbide rispetto a quelle del banjo. E lì che nacque la leggenda di Django, capitalizzando l’abilita delle dita rimaste e per tutti diventò “Il fulmine a tre dita”.

Per lui l’importante era suonare dove non era importante, e spesso non si portava la chitarra dietro, mettendo a dura prova l’organizzazzione dei concerti che doveva trovarne una all’ultimo momento. E non si curava che magari con lui suonasse Duke Ellington Dizzie Gillespie o il grande Segovia, era sempre lo stesso. Imprevedibile!

Come fu imprevedibile la sua scelta di ritirarsi poco piu che quarantenne dalle scene perche voleva tornare a pescare nel posto che amava di piu Samois-sur-Seine a poche decine di chilometri a sud di Parigi dove su una collina, riposano le sue spoglie di questo zingaro irrequieto profeta indiscusso del gypsy jazz.

Gli Hot Club Roma sono: Gianfranco Malorgio alla chitarra ritmica – Gian Piero Lo Piccolo al clarinetto, Moreno Viglione alla chitarra, Renato Gattone al contrabbasso. Giorgio Tirabassi alla chitarra.

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