Diritti umani
Morti sul lavoro: in tutta Italia più di 1000 ogni anno, al nord come al sud. Una strage insopportabile!

Non si può morire sul posto di ‘lavoro’: le denunce di infortuni sul lavoro presentate tra gennaio e novembre 2021 sono state ben 502.458 (+ 2,1% rispetto allo stesso periodo 2020), 1.116 delle quali con esito mortale.
di Damiana Cicconetti
Oggi, domenica 23 gennaio, a causa di un incidente sul lavoro, ha perso la vita Alessandro Marcelli, un uomo di sessant’anni, responsabile degli impianti di risalita di Lorica, nel comune di Casali di Manco, a Cosenza.
L’uomo, prima dell’apertura degli impianti, si trovava a valle, per effettuare delle verifiche alla cabinovia, quando è stato colpito da una cabina ed è scivolato battendo violentemente la testa.
Inutile l’intervento dei Sanitari del 118. Già all’opera i Carabinieri, nel tentativo di ricostruire l’accaduto.
Ieri, sabato 22 gennaio si è appresa la notizia di un’altra morte sul lavoro: Vincenzo Pignone, un operaio di 58 anni che stava lavorando ad una sabbiatrice all’interno della storica azienda di stampaggio di Silca di Busano, in provincia di Torino.
Anche in tal caso sono in corso indagini dei Carabinieri e dei Vigili del Fuoco, per chiarire la dinamica dell’accaduto. A dare l’allarme gli stessi colleghi della vittima.
Venerdì 21 gennaio ha trovato la morte Salvatore Mongiardo, a pochi chilometri da Roma, a Santa Procula nei pressi di Pomezia.
L’uomo, un sessanta-quattrenne, è precipitato dal tetto di una cella frigorifera in allestimento: da un’altezza di oltre cinque metri. Inevitabile il decesso sul colpo.
Ora sono in corso gli accertamenti dei Carabinieri ma, a quel che si è avuto modo di appurare, la vittima lavorava sprovvista delle misure di sicurezza.
Sempre nella giornata di venerdì 21 gennaio si è verificato l’episodio più tragico: è deceduto Lorenzo Parelli, lo studente di soli diciotto anni che ha perso la vita a causa di un tragico incidente avvenuto presso la sede della società Burimec di Lauzacco, in provincia di Udine.
Lorenzo stava frequentando l’ultimo giorno di stage scuola-lavoro, quando, durante lo svolgimento di alcuni lavori di carpenteria metallica, gli è caduta addotto una putrella, uccidendolo all’istante.
La vittima – che aveva compiuto 18 anni nel mese di novembre – era residente a Castions di Strada e stava completando il PCTO – Percorso per le Competenze Trasversali e l’Orientamento –, la vecchia Alternanza Scuola-Lavoro, in forza di una convenzione tra la scuola superiore che frequentava ad Udine, l’Istituto Salesiano Bearzi, ed un’azienda meccanica che si occupa di realizzare bilance stradali.
Sul luogo dell’incidente sono immediatamente intervenuti, oltre ai genitori del ragazzo, i Vigili del Fuoco, che non hanno potuto far altro che constatarne il decesso, causato proprio dalla caduta della pesante putrella.
Sono altresì intervenuti i Carabinieri di Palmanova e gli Ispettori dell’Azienda Sanitaria, oltre al Sostituto Procuratore di turno di Udine. La zona è stata transennata e posta sotto sequestro, per stabilire eventuali responsabilità di terzi.
Una morte, quest’ultima, ancor più intollerabile di tutte le altre, vista l’età di Lorenzo: “Un giovane che sognava un futuro nel settore meccanico…”, come hanno dichiarato gli insegnanti dell’Istituto Bearzi e che, perciò, lo hanno ricordato commossi come “Un validissimo studente, al 4° anno del Settore della Meccanica Industriale…”.
Uno studente che era al suo ultimo giorno di tirocinio, un’esperienza di vita che, invece, gli ha cagionato la morte.
Incidenti come questi sono inaccettabili. Come inaccettabile è ogni morte sul lavoro.
Già! Perché questi sono solo i decessi degli ultimi giorni a cui se ne aggiungono molti altri.
Ad esempio, Roberto Usai, un operaio di 22 anni, morto di lavoro in Sardegna, innamorato del calcio e della danza folk.
E, ancora, Mario Papa, di 23 anni, morto di lavoro a Torre Annunziata, col Napoli nel cuore.
E, poi, Alessandro Onofrio di Benevento, il ventottenne precipitato dalla piattaforma il giorno della promessa di matrimonio con Mia.
O, infine, Luisa Scapin, uccisa dal macchinario tessile nel padovano a sessanta-due anni, definita la “nonna operaia amata da tutti…”.
Ma questi sono solo alcuni, perché, in totale, i morti dello scorso anno ammontano ad oltre 1000, in tutta Italia, con una media di tre al giorno.
Il direttore dell’Ispettorato Nazionale Bruno Giordano non ha potuto fare a meno di evidenziare che “un infortunio non è solo un danno alla persona ma anche allo Stato… Abbiamo spese legali, previdenziali, sanitarie, giudiziarie. E tutto questo rappresenta il 3% del Pil… Senza dimenticare, il problema della resistenza delle burocrazie all’applicazione delle norme…”.
Secondo gli ultimi dati Inail disponibili, aggiornati a dicembre 2021, le denunce di infortuni sul lavoro presentate all’istituto tra gennaio e novembre 2021 sono state ben 502.458 (+ 2,1% rispetto allo stesso periodo 2020), 1.116 delle quali con esito mortale.
Non a caso, pochi giorni fa, il 20 gennaio, l’Osservatore Romano evidenziava le parole di Papa Francesco, tornato a ricordare i tanti, troppi morti sul lavoro che continuano a registrarsi in Italia e che, perciò, ha ritenuto una “strage insopportabile, tragica, infinita…”, perché “le vittime non sono numeri ma persone…”. Dunque, “non si può continuare a guardare alla sicurezza dei luoghi di lavoro come ad un costo…”.
Un problema davvero grave quello delle cosiddette “morti bianche…”, al punto che, ormai, oltre a rivendicare il “diritto al lavoro…”, non si può non richiedere il “diritto alla sicurezza sul luogo di lavoro….”: sicurezza da garantire effettivamente, non solo sulla carta, attraverso leggi sì valide ma che, in larga parte, continuano a restare inapplicate.