Diritti umani
Mascherine protettive e il disagio delle persone non udenti
Le mascherine protettive di cui tutto il mondo ha fatto tesoro per proteggersi dal Covid19, per le persone affette da sordità rappresenta una gigantesca barriera a livello comunicativo.
di Ilaria Carlino
Nei mesi passati, proprio mentre ci trovavamo in pieno periodo emergenza Covid-19, durante le odierne conferenze stampa della Protezione Civile abbiamo tutti notato la presenza di un’interprete che traduceva in LIS, ovvero la lingua dei segni italiana.
Per molti è stato un dettaglio rilevante ma silenzioso, alcuni invece avranno sicuramente pensato a quanto grande e significativo fosse quel segnale per le persone affette da sordità; questo si accompagna in gran parte al fatto che le mascherine protettive di cui tutto il mondo ha fatto tesoro, per loro rappresentavano una gigantesca barriera a livello comunicativo.
E’ difatti molto difficile, se non addirittura impossibile, per una persona sorda cogliere parole labiali, anche in presenza di un apparecchio acustico, da un interlocutore con il viso completamente coperto dalla mascherina, senza dimenticare che un sordo non si riconosce in faccia, il suo è un disturbo non visibile, “nascosto”, per cui il disagio potrebbe essere ancora più grande.
Dopo la richiesta di far togliere eventualmente la mascherina alle persone sorde, subito scartata per il maggiore rischio a cui sarebbero stati esposti, è arrivata la proposta di mettere in commercio le cosiddette “mascherine trasparenti” ma anche questa è stata bocciata: pare che anche l’utilizzo di queste sia difficoltoso a causa dell’obbligatoria copertura parziale del viso, che rende quindi difficile il movimento labiale della bocca e la visuale delle espressioni facciali, anche queste comprese nella lingua dei segni. Inoltre pare che siano state descritte come più scomode a causa della rigidità del materiale e dei problemi di appannamento, con una complicazione aggiuntiva che riguarda la distribuzione, che sarebbe di gran lunga più difficile a causa della difficoltà già avuta nella diffusione di quelle “non trasparenti”.
Jennifer Finney Boylan, attivista e autrice statunitense che perse l’udito anni fa, in merito alla proposta di rinunciare alla mascherina, sul New York Times ha dichiarato: “Lasciate che sia chiara. Anche con tutte le difficoltà che si portano dietro le mascherine, preferisco vivere in un mondo in cui la gente le indossa che in uno in cui non le indossa”.
Sul Washington Post scrive invece la scrittrice Sara Novic: “Offrire le maschere trasparenti come una soluzione fa parte della troppo diffusa convinzione che sia più facile accumulare strumenti, tecnologie e supporti individuali per le persone sorde e le altre persone con disabilità, rispetto ad agire per rendere più generalmente accessibile l’intera società”.
In sostanza una soluzione semplice non esiste. Come ha spiegato anche la sezione lombarda dell’ENS, qualche privato sperimenta la produzione di mascherine trasparenti ma non c’è nessun impegno da parte dei governi per la certificazione e la distribuzione delle stesse.