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Lingua e cultura italiana nel mondo

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La “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”, si celebra il 17 marzo di ogni anno

di Alexander Virgili

Con la Legge n. 222 del 23-11-2012, è stata istituita la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”, da celebrarsi il 17 marzo di ogni anno. L’Italia non è un Paese la cui popolazione è solita autocelebrarsi, anzi, prevale abitualmente scetticismo, se non ostilità, verso ciò che è italiano, specialmente dopo la spinta a favore dei vari localismi, diffusasi sempre più negli ultimi decenni. Non di rado gli Italiani che vivono in Italia non si definiscono e non si sentono tali, preferendo riferirsi ai propri piccoli e grandi borghi, città o regioni.  Tendenza analoga per la lingua, sino a rigurgiti quasi paranoici che vorrebbero affiancare o sostituire la lingua italiana con i dialetti-lingue locali, in un anacronistico e velleitario tentativo di tornare indietro nel tempo. Questa specie di idiosincrasia, non priva di coloriture di discriminazione, interna alla stessa Italia, verso abitanti di altre regioni o città, spesso sfuma velocemente quando si è all’estero, ove alcuni forse “riscoprono” di avere comuni radici italiane.  Si tratta di un comportamento anomalo, decisamente poco comprensibile alla maggior parte delle persone del mondo, abitualmente orgogliose delle proprie radici nazionali.  La sintesi delle motivazioni storiche e sociologiche dello scarso attaccamento della popolazione alle proprie istituzioni non rientra tra le finalità di questa riflessione che, cogliendo l’occasione richiamata dalla celebrazione del 17 marzo, vuole invece porre l’attenzione sulla ancora poco nota, e poco valorizzata, presenza che la nostra cultura e lingua hanno nel mondo.  Si parla di cultura e di lingua che vantano i molto potenti veicoli delle arti, della musica (in particolare la lirica), della gastronomia, della moda, del cinema, dell’archeologia, ecc. nonché della radice latina di molti termini di altre lingue europee, e l’uso dell’alfabeto latino (il sistema grafico latino, ovvero i caratteri) di ampia parte delle lingue del mondo.  Un cospicuo patrimonio, però non molto coltivato, che ancora si immagina appannaggio dei cultori dei vari settori (musicisti, storici, ecc.).

I dati pubblicati nell’indagine Italiano 2000, promossa dal Ministero degli Esteri e diretta dal noto linguista Tullio De Mauro dell’Università “La Sapienza” di Roma, evidenziavano come l’italiano fosse la quarta lingua straniera di seconda scelta più studiata nel mondo.  L’area dell’italofonia designa in effetti un insieme, più vasto di quanto comunemente si pensi, di Paesi e persone che parlano l’italiano come lingua madre, lingua ufficiale o come seconda lingua.     Secondo un approccio comprensivo, l’italofonia nel mondo riguarderebbe circa 250 milioni di persone, che si articolano in cinque gruppi: 1) oltre 60 milioni di cittadini italiani, di cui il 95% madrelingua italiana, e la quasi totalità del restante 5% parlante italiano come lingua seconda; 2) circa 5 milioni di cittadini italiani residenti all’estero, oltre agli studenti Erasmus e a chi vive temporaneamente all’estero; 3) circa 80 milioni di discendenti di emigrati italiani; 4) gli italofoni madrelingua e seconda lingua che sono cittadini di altri Paesi in cui l’italiano è ufficiale o co-ufficiale, o cittadini di Paesi in cui l’italiano non gode di riconoscimenti ufficiali; 5) gli italofili di tutto il mondo (non ben quantificabili).

A scala europea, nonostante l’anglofilia di molti, secondo i sondaggi statistici Eurobarometro, condotti dalla Commissione europea su un campione di cittadini di 25 Stati dell’Unione, è stata indicata nel 2006 e poi confermata nel 2012, la seconda posizione dell’italiano quanto a numero di madrelingua comunitari, preceduta solo dal tedesco (18%), a pari merito con l’inglese (13%), e davanti al francese (12%). Interessante la situazione dell’Europa dell’Est, dove l’italiano risulta essere studiato con alte percentuali; in Ungheria è la seconda lingua studiata dopo l’inglese, in Russia contende la seconda piazza a francese e tedesco, mentre in Ucraina un’indagine dell’Accademia delle Scienze di Kiev la colloca al primo posto tra le lingue straniere studiate. A Vienna l’italiano è, dopo l’inglese, la lingua straniera più studiata. Caso notevole è il Montenegro, dove la lingua italiana è stata introdotta nel 1995 nel secondo ciclo della scuola dell’obbligo.   In un recente passato la lingua italiana era stata usata da comunità storiche di origine italiana in numerose località del bacino mediterraneo con le quali vi erano stabili traffici mercantili (quali Gibilterra, Costantinopoli, porti algerini e tunisini, località libiche, Alessandria d’Egitto, nel Libano, sino alla Crimea).   Storicamente, per circa 800 anni, la lingua franca mediterranea “di servizio” parlata in tutti i porti del mar Mediterraneo tra il XI secolo e tutto il XIX secolo era costituita principalmente da un lessico al 65-70% italiano, per un 10% spagnolo, con parole di altre lingue mediterranee. Di recente si è anche riscontrata una sensibile crescita dell’apprendimento dell’italiano come lingua seconda in tutta l’Africa subsahariana, studio numericamente non molto ingente (circa 12.000 studenti di italiano) ma con una tendenza all’espansione.

L’italiano ha quindi una diffusione significativa in diversi Paesi in cui non è lingua ufficiale, come riportato è la quarta lingua straniera più studiata nel mondo e l’ottava più usata dagli utenti di Facebook. Un potenziale mediatico e culturale consistente e diffuso in tanti Paesi, non adeguatamente sostenuto, sino ad oggi, dalle istituzioni italiane, nonostante l’apprezzabile presenza dei programmi radiotelevisivi, di cui si occupano la Comunità radiotelevisiva italofona (CRI)[1] e Rai Internazionale, che promuovono notiziari, canali tematici, programmi radio e riviste elettroniche di portata internazionale in italiano, per permettere alla comunità italofona di fruire di uno spazio comune di informazione e confronto in lingua italiana. Per la promozione della lingua e della cultura italiane nel mondo il riferimento più antico è la Società Dante Alighieri, lo storico sodalizio fondato nel 1889 da un gruppo d’intellettuali guidati da Giosuè Carducci.  Oggi la Dante conta circa 400 Comitati sparsi nel mondo, attivi nell’organizzare corsi di lingua e incontri su temi culturali. Il Ministero degli Esteri coordina 85 Istituti Italiani di Cultura all’estero, un numero in calo rispetto a qualche decennio or sono, questi Istituti purtroppo non sempre dispongono di adeguati mezzi e supporto.  La cifra non è irrilevante, ma si è ben lontani dalle presenze di analoghe istituzioni britanniche (oltre 250), francesi (circa 190) e tedesche (160).  Paesi che certo non vantano una ricchezza storica, artistica, letteraria e culturale superiore a quella italiana.  Ѐ del resto intuibile che queste presenze non sono solo rilevanti per finalità strettamente culturali e linguistiche ma anche sociali, politiche e di relazioni internazionali generali[2].  Non si deve pensare che la diffusione della lingua italiana sia stata solo conseguenza dei flussi migratori dall’Italia i quali, tuttavia, hanno ben contribuito a consolidarne la presenza in tanti territori, sebbene molti migranti non possedessero adeguate conoscenze della lingua nazionale, che era seconda rispetto ai dialetti locali. Con gli Stati Generali della Lingua italiana nel Mondo, a partire dal 2014 e con cadenza biennale, il Ministero degli Esteri sta cercando di orientare la presenza e la promozione di attività in questo settore.  Questo grande patrimonio storico e sociale comune merita di essere ricordato, condiviso e valorizzato anche a testimonianza dell’attaccamento alla nostra lingua e cultura dimostrato, nel tempo, da milioni di nostri connazionali nel mondo. L’Italia non si può ridurre all’opera lirica, a poche pietanze apprezzate nel mondo o agli stereotipi mediatici, è molto di più, ha una enorme ricchezza della quale gli stessi italiani non sono del tutto consapevoli.

[1] Nata nel 1985 dalla collaborazione dei servizi pubblici radiotelevisivi di Italia, Svizzera, Slovenia, Città del Vaticano e San Marino, ma cui aderiscono anche enti radiotelevisivi di Malta, Croati, Romeni, Albanesi ed alcuni canali internazionali.

[2] Locatelli N., La lingua italiana è un patrimonio e uno strumento geopolitico, in Limes, 17 ottobre 2014.

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