Diritti umani
Lidu, ‘Donne Coraggio, Un salto verso la luce’ , convention sul mobbing
La commissione Donne della Lega Italiana Diritti dell’Uomo, presieduta da Maricia Bagnato Belfiore, affronta il tema del mobbing dando voce ad una delle troppe vittime di un reato ancora poco conosciuto
di Maria Buongiorno
Roma, 15 luglio – Il 24 giugno 2015 la LIDU, (Lega Italiana Diritti Umani), ha scelto di trattare un tema importante nel campo dei diritti umani: il mobbing. Al convegno, dal titolo ‘Donne Coraggio, Un salto verso la luce” autorevolmente presieduto dalla Presidente della Commissione Donne LIDU Maricia Bagnato Belfiore sono intervenuti esperti qualificati. Dopo il saluto e l’introduzione dei lavori del Presidente On. Alfredo Arpaia, infatti, la serata ha visto la partecipazione straordinaria dell’Avvocato Natale Fusaro, Docente di Criminologia e Criminalistica all’Università degli Studi di Roma La Sapienza, che da anni si distingue nel panorama nazionale per la sua professionalità e competenza, dell’editorialista di La Repubblica ed il Sole 24ore Stefano Folli, dell’Avv. Antonietta Lazzeruolo,del Cavalier Fernando Cecchini, della D.ssa Ella Grimaldi e Maria Buongiorno. Quasi tutti gli studi sull’argomento descrivono il mobbing come “l’insieme di atti e comportamenti discriminatori o vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di lavoratori dipendenti, pubblici o privati, da parte del datore di lavoro o da superiori ovvero da altri colleghi, e che si caratterizzano come una vera e propria forma di persecuzione psicologica e di violenza morale.” Ed ancora, “Violenza psicofisica e molestia morale sul luogo di lavoro … allo scopo di ledere la salute, la professionalità, la dignità della persona del lavoratore … si esegue con svariate modalità, aggressive e vessatorie, verbali e non verbali, tese all’emarginazione ed all’isolamento, alla squalifica professionale ed umana, al demansionamento, allo svuotamento delle mansioni e/o perdita del ruolo, con l’intento finale di bloccare la carriera e/o di eliminare la persona con conseguenze dannose sulla salute, sull’attività professionale, sulla vita privata e sociale, nonché un danno economico alla società ….”. Il tema è stato sviscerato in ogni suo aspetto, fino al femminicidio visto che entrambi riguardano la donna. Oltre ai dati statistici dei fenomeni non sono mancati approfondimenti giuridici e suggerimenti sulle possibili soluzioni ed azioni da intraprendere. Ma la scelta importante della Lidu è stata quella di provare a parlare del problema toccando in modo particolare la sfera emozionale, scuotendo le coscienze dei partecipanti attraverso una storia forte e sofferta di una vittima di mobbing. Sottotitolo del convegno, infatti, è stato “Donne coraggio – un salto verso la luce”. Protagonista autentica della serata è stata Vittoria che era convinta di intervenire parlando in terza persona allo scopo di tutelare lo svolgimento di indagini ancora in corso ma che, trovandosi a guardare negli occhi coloro che aspettavano le sue parole ha fatto la sua scelta di coraggio ed il suo salto verso la luce. Con la voce flebile e rotta dall’emozione ha stretto a sé tutta la sua forza ed ha rivelato la sua storia di dolore e solitudine.E’ emersa tutta la miseria umana di chi trae soddisfazione nel mortificare qualcuno per indurlo alla sottomissione, lo smarrimento di chi si trova improvvisamente isolato, emarginato, deriso e l’orrore del pensiero della morte come unica estrema soluzione. Una platea muta ed atterrita ascoltava le parole di quella piccola donna che descrivendo “la notte buia della sua anima” parla improvvisamente della vita nascosta dentro ciascuno di noi che ci porta a scegliere di non sottrarsi perché chiamati a “stare ritti e vivere“. Vittoria non cede e va avanti nella sua lotta anche quando le “comprano” l’avvocato e perde la causa né quando si accorge di essere seguita. E diventa immensa quando dice di aver scoperto la fertilità trasformativa del dolore ed in quel momento la si vede brillare. L’intenzione di questa piccola grande donna va molto oltre i tre gradi di giudizio e non teme neppure chi definisce utopistico l’atteggiamento pionieristico con cui sfida lo status quo. Lei va avanti interrogando chi la ascolta su “cosa resta quando non rimane più nulla” e spronando chi tace a trovare il coraggio di denunciare per non essere complici oltre che vittime di crimini troppo spesso taciuti. Chapeau per la Lidu per la scelta di sposare cause come questa perché dimostra di sapere davvero cosa significa lottare per i diritti umani.