Attualità
Liberata Ahed Tamami, la ragazza simbolo della resistenza palestinese

Ha scontato otto mesi di reclusione per aver schiaffeggiato un soldato israeliano. Ora vuole studiare legge per portare lo Stato di Israele in un tribunale internazionale.
Di Vito Nicola Lacerenza
È uscita da poco da un carcere israeliano la 17enne palestinese Ahed Tamami, arrestata a dicembre dell’anno scorso per aver preso a calci e schiaffi un militare israeliano di passaggio davanti casa sua. Il momento della lite tra l’uomo in divisa e la ragazza è ripreso da un video, diventato virale sui social, in cui la giovane impreca contro i soldati colpevoli, secondo la sua versione, di aver colpito il cugino 15enne alla testa con un proiettile di gomma ferendolo gravemente. La registrazione è servita ai giudici israeliani per condannarla ad 8 mesi di reclusione per il reato di “aggressione”. Con lei sono finite in carcere “per complicità” anche la madre e la cugina, ree di aver ripreso la scena e aver diffuso il video su internet. Ahed Tamami però ha saputo trasformare la sua detenzione in una opportunità, dichiarando di aver “imparato ad essere paziente, a stare in gruppo e a comprendere meglio il mondo”. In conferenza stampa Ahed Tamami ha fatto sapere di voler studiare giurisprudenza per poter poi citare in giudizio, in un tribunale internazionale, lo Stato di Israele accusandolo di “crimini di guerra”.
«Lo studio è l’arma più forte per la lotta» ha detto Ahed Tamami che poi ha aggiunto- «La nostra forza è la nostra pietra», alludendo al lancio di sassi a cui spesso ricorrono i civili palestinesi per esprimere il loro dissenso contro la presenza militare Israeliana nel loro territorio. La frase è stata interpretata da alcuni critici, sopratutto israeliani, come un implicito sostegno agli atti di protesta violenta, specie perché pochi giorni fa un 17enne palestinese, Muhammad Yusef, ha accoltellato un ebreo anziano. Il giovane, ucciso poi dalla polizia, era di Kabur, città poco distante da Nabi Saleh dove vive Ahed Tamimi , luogo che in passato è stato teatro di scontro tra i palestinesi e i militari israeliani, che accusano la famiglia di Ahed Tamimi di strumentalizzare le proprie vicende personali per fare “propaganda palestinese”. Critica mossa dal fatto che il padre di Ahed, Bassem Tamimi, è un attivista per i diritti dei palestinesi. Agli attacchi sempre più feroci susseguitisi nei confronti della giovane poche ore dopo la sua liberazione, Ahed Tamimi ha risposto con semplicità e schiettezza: «Sono stati i soldati a venire a casa mia, io non sono andata alle loro». Ora Ahed è diventata per i palestinesi il simbolo della resistenza nazionale.